“Bisogna essere un mare, per ricevere un flusso inquinato senza diventare impuri”. Questo aforisma del compianto filosofo tedesco Friedrich Nietzsche risulta essere fortemente correlato al significato intrinseco di Caterina va in città (2003).
La suddetta opera, diretta da Paolo Virzì, racconta le vicissitudini di una famiglia piccolo-borghese che dalla periferia emigrerà a Roma. Il nucleo familiare in questione è composto dell’adolescente Caterina (Alice Teghil), dal padre Giancarlo (Sergio Castellitto), professore di ragioneria palesemente frustrato, e dalla madre Agata (Margherita Buy), la quale impersonifica la classica casalinga italiana.
Il regista di Tutta la vita davanti, e più recentemente de La pazza gioia, racconta la società odierna attraverso gli occhi di un’anima ingenua e pura che si trova alle soglie dell’età adulta. A Roma Caterina scoprirà l’amore, si imbatterà nella politica e conoscerà a fondo i propri genitori.
Giancarlo appartiene a quella categoria di uomini falliti che cercano il riscatto nei propri figli, pertinenti a tal proposito risultano essere le seguenti parole del celebre scrittore Hermann Hesse: “Nulla è più pericoloso e mortale per l’anima che occuparsi continuamente di sé e della propria condizione, della propria solitaria insoddisfazione e debolezza.” Agata appartiene invece a quella schiera di donne vessate dal proprio marito che non riescono a manifestare la propria personalità.
A scuola Caterina inizialmente legherà con ragazzi di sinistra, mentre in un secondo momento inizierà a frequentare persone di idee politiche diametralmente opposte. Paolo Virzì mostra allo spettatore che queste due fazioni politiche che ci governano sono due facce della stessa medaglia a cui nel bene e nel male saremo sempre assoggettati. Il regista livornese è come sempre ineccepibile nello scardinare l’animo dei suoi personaggi mettendo completamente a nudo le loro fragilità.
Sergio Castellitto è sublime nell’incarnare un individuo borderline alla costante ricerca di una felicità effimera e utopistica; sostanzialmente il suo Giancarlo è un eterno Peter Pan che non si rassegna al fatto che per lui non esisterà mai l’isola che non c’è. Margherita Buy, vincitrice del David di Donatello come Miglior Attrice Non Protagonista per la sua interpretazione, è grandiosa nel calarsi nei panni di una moglie succube di un marito egoista ed infantile. Un plauso va anche all’esordiente Alice Teghil, la quale interpreta con irresistibile candore un’adolescente ingenua che ancora non conosce le avversità della vita.
Da menzionare inoltre il sempreverde Claudio Amendola, che con il suo consueto talento incarna un parlamentare di Alleanza Nazionale, mentre l’eclettico Flavio Bucci, divenuto celebre al grande pubblico per l’indimenticabile interpretazione del pittore italiano Antonio Ligabue in uno sceneggiato andato in onda su Rai 1 nel 1977, interpreta in modo esemplare un politico di sinistra. Efficaci infine risultano essere i camei di Roberto Benigni, Michele Placido, Andrea Pancani, Maurizio Costanzo, Simonetta Martone e la deputata Giovanna Melandri nei panni di loro stessi.
Caterina va in città è un vero e proprio gioiellino della lungimirante commedia all’italiana che, citando la scrittrice Louisa May Alcott, si prefissa di mostrarci che “per realizzare un sogno, una persona deve superare tante prove.”
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