Nella sua sadica e spietata osservazione della società italiana Mario Monicelli non risparmia nessuno: nemmeno un semplice impiegato come Giovanni Vivaldi, protagonista del film Un borghese piccolo piccolo. Ruolo che non poteva non andare ad Alberto Sordi che in questo momento si congeda dalla commedia e dal grottesco per abbracciare in pieno il dramma familiare e la tragedia vera e propria.
“La famiglia al primo posto” potrebbe essere il sottotitolo di questo cult del 1977, proprio perché il personaggio di Sordi farà qualsiasi cosa pur di dare al figlio neodiplomato il posto fisso nel suo stesso ufficio. Monicelli perciò critica la società italiana, e quella capitolina, con una curiosità maggiore verso le famiglie borghesi e i loro capi di casa.
La trama di Un borghese piccolo piccolo – “Ama chi ti ama, fosse pure un cane”
Mario Vivaldi, figlio di Giovanni, un modesto impiegato, e Amalia, umile casalinga, si è appena diplomato ragioniere. Il padre, per paura che il figlio finisca a fare l’operaio, decide di parlare con il Dottor Spaziani, il suo datore di lavoro, per convincerlo ad assumere Mario prima che vada in pensione.
All’inizio Spaziani dice a Giovanni che il compito di Mario è quello di passare il test d’ammissione come tutti gli altri. Tuttavia, data l’insistenza di Giovanni, gli consiglia di entrare a far parte della massoneria, così il figlio avrà il posto assicurato anche se non riuscirà a passare il test. Andando contro la volontà di Amalia, Giovanni entra nella loggia massonica dopo aver superato un ridicolo rituale iniziale.
Il giorno del test, Giovanni e Mario si avviano verso il luogo stabilito per la prova ma, proprio davanti al palazzo, dei rapinatori hanno appena fatto un colpo e scappano sparando all’impazzata sui poliziotti. Uno dei banditi accidentalmente uccide Mario davanti agli occhi di suo padre. Saputa la notizia alla televisione, Amalia ha un malore, rimane muta e finisce sulla sedia a rotelle. Sconvolto da questa sciagura Giovanni non si dà pace. Per puro caso riconosce l’assassino del figlio. Un giovanotto apparentemente tranquillo ma comunque non desta pietà e perdono in Giovanni. Dopo averlo avvicinato e averlo stordito a colpi di crick, lo porta nella sua casetta di campagna e lì si prepara per la vendetta.
Iniziato come una normale commedia alla Sordi, dove c’è una descrizione alquanto satirica e spinta sul costume politico e sociale italiano, Un borghese piccolo piccolo cambia genere nel momento in cui Mario viene ucciso. Una scena questa di una sterilità assoluta: tutto avviene nel giro di pochi secondi. Non c’è una colonna sonora che, in questo caso, stempererebbe la tensione. Non vediamo Mario cadere, udiamo solo i colpi di mitra, e solo dopo lo stato confusionale iniziale di Giovanni che non vede più il figlio, lo troviamo a terra in una pozza di sangue con gli occhi spalancati. Giovanni gli accarezza la testa chiamandolo più volte per nome, con fare amorevole, come se stesse parlando ad un bambino.
In questa sequenza Monicelli stravolge non solo la trama ma anche un genere cinematografico. La commedia all’italiana è morta. Scompare senza troppe smancerie come il povero Mario Vivaldi, vittima dei tempi bui e vittima anche del troppo amore paterno. Effettivamente il regista non descrive una famiglia modello bensì un nucleo familiare abbastanza mediocre e cinico. Sordi è il classico impiegato servile e integerrimo. Fuori dall’ufficio è superficiale, egoista e assolutamente distante dalle problematiche che affliggono la società e gli ambienti più marginali di quest’ultima.
Poi c’è Amalia, interpretata da una bravissima Shelley Winters. La classica donna di casa che subisce senza reagire, che fa tutto per il marito e il figlio senza avere nulla in cambio. Amalia è una donna semplice e ancora legata a rituali religiosi ed esoterici contro il malocchio.
Anche nel dettagliare la figura del figlio, Monicelli non punta ad un ragazzo carino o intelligente. Mario (Vincenzo Crocitti), è un bambacione bruttarello, scansafatiche e protetto dall’amore dei genitori. Il resto dei personaggi non sono altro che medesime riproduzioni di casa Vivaldi: cinici e con degli obiettivi personali da raggiungere. Fra questi spicca il Dottor Spaziani, interpretato da Romolo Valli. Lui aiuta Giovanni a dare il lavoro al figlio ma allo stesso tempo è troppo occupato a pettinarsi.
Un borghese piccolo piccolo è tratto dal romanzo omonimo di Vincenzo Cerami. Posto nella lista dei 100 film italiani da salvare, è una storia di vendetta senza mezzi termini: spietata ed estremamente crudele.
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