“Mi piacciono le assurdità, svegliano le cellule cerebrali. La fantasia è un ingrediente necessario nella vita. È un modo di guardare la vita dalla parte sbagliata di un telescopio… E questo ti permette di ridere di tutte le realtà della vita“. Così parlava il fumettista statunitense Theodor Seuss Geisel. Tale aforisma è in effetti fortemente ancorato al significato intrinseco de La leggenda del re pescatore, autentico capolavoro del 1991 diretto da Terry Gilliam.
Il regista visionario di Brazil e Paura e delirio a Las Vegas trae spunto dalla figura leggendaria del Re Pescatore, del celeberrimo ciclo arturiano, per raccontare le vicissitudini di Jack Lucas (Jeff Bridges). Il protagonista è un conduttore radiofonico di successo che, a causa di uno spiacevole episodio di cui sarà in parte responsabile, lascerà il suo lavoro e sarà perseguitato da un perenne senso di colpa. Fino a quando non incontrerà Henry Sagan (Robin Williams), un senzatetto che cambierà la vita di Jack.
L’indimenticata scrittrice statunitense Louise Hay ha detto che la rabbia, la disapprovazione, il senso di colpa e la paura provocano più problemi di qualsiasi altro sentimento. Jack, dopo l’esperienza traumatizzante che ha vissuto, è caduto suo malgrado in una spirale autodistruttiva che gli ha fatto perdere fiducia in se stesso e negli altri. Neanche l’amore incondizionato della bella Anne (Mercedes Ruehl) riesce a smuoverlo dal suo “mal di vivere”. Henry, dal canto suo, è invece un uomo con gravi problemi psichici causati da un avvenimento atroce che gli ha portato via l’amata moglie.
Gilliam, coadiuvato in fase di sceneggiatura da Richard LaGravenese, realizza un’opera inestinguibile che riecheggia il Don Chisciotte della Mancia di Miguel de Cervantes, mescolando sapientemente il genere comico, drammatico e fantasy. Jeff Bridges (Vincitore del premio Oscar per il film Crazy Heart) incarna magistralmente un uomo che in un attimo si vedrà minare tutte le sue proverbiali certezze. Il suo Jack dopo essere stato un uomo superficiale ed egocentrico diverrà un individuo problematico ed emotivamente fragile.
Robin Williams, allo stesso tempo, è straordinario nell’interpretare questo clochard borderline inseguito sistematicamente dai propri demoni. Henry è alla costante ricerca del Santo Graal e, citando il filosofo francese Étienne Gilson, andare alla ricerca della reliquia in questione equivale a ricercare i segreti di Dio, inconoscibili senza la grazia. Mercedes Ruhel, vincitrice del premio Oscar per questo ruolo, si cala nei panni di una donna che ama il suo uomo alla follia e gli sta accanto nonostante tutto.
Pertinenti a tal proposito risultano essere le seguenti parole del filosofo tedesco Erich Fromm. “L’ amore incondizionato corrisponde a uno dei più profondi aneliti di ogni essere umano“.
Degna di nota risulta essere infine la performance di Amanda Plummer. L’attrice, con consumato talento, dà vita ad una giovane donna naïf che risulta irresistibile. La leggenda del Re pescatore la si può definire come una fiaba irriverente. Un racconto fantastico che scandaglia l’animo dei suoi protagonisti e mette a nudo la vacuità della società moderna. Terry Gilliam ci mostra che il Santo Graal esiste veramente e vale la pena lottare per conquistarlo. Consiglio dunque spassionatamente la visione di questo gioiellino cinematografico. Dopo averlo visto proverete lo stesso senso di libertà che si prova a stare nudi su un prato a guardare le nuvole.
Lascia un commento