The Handmaid’s Tale, in italiano Il racconto dell’ancella, è una serie tv composta attualmente da tre stagioni, basato sull’omonimo romanzo distopico del 1985 di Margaret Atwood.
La storia, apparentemente molto semplice, si rivela essere, non per la sua trama ma per i suoi significati, estremamente complessa. Siamo in un futuro non troppo lontano, in un pianeta Terra che già da adesso non faticheremmo ad immaginare: un mondo asfissiato dall’inquinamento, stremato, spolpato di qualsiasi materia prima, divenuto ormai arido, secco, morto. In più, un nuovo problema si abbatte sulla popolazione mondiale: il rischio d’estinzione. Da anni, infatti, la sterilità è diventata un problema comune. Le donne non riescono a rimanere incinte e quelle che ce la fanno spesso non riescono a portare a termine la gravidanza. Aborti, bimbi nati morti o che muoiono poco dopo la nascita.
Nella mente di alcuni estremisti religiosi americani, che si fanno chiamare I figli di Giacobbe, questo va interpretato come un segno divino. L’uomo si sta comportando da peccatore, ha perso la retta via. Non vi è più moralità, si sono persi gli antichi ruoli e questa è la punizione.
Negli Stati Uniti la situazione si fa sempre più critica. Scoppia una guerra civile e i figli di Giacobbe approfittano di questo momento di fragilità per prendere il potere con un colpo di stato. Gli U.S.A., così come siamo stati abituati a conoscerli, non esistono più. Al suo posto nasce la Repubblica di Gilead, uno stato dittatoriale teocratico di ispirazione biblica.
Scopo principale di Gilead è proteggere la procreazione e risanare il mondo. Sembrerebbe uno scopo nobile, potrebbe essere letto come la volontà di uno Stato di curarsi del suolo dove si vive e della popolazione che lo abita.
Ma per Gilead il fine giustifica i mezzi e la violenza sembra essere un buon metodo. La società è organizzata su livelli: vi sono i comandanti, con le loro mogli sterili. Loro sono i capi, sono quelli che, paradossalmente, dovranno portare avanti la specie. Come? Grazie alle Ancelle. Ogni famiglia, infatti possiede un’ancella. Non a caso queste perdono qualsiasi valore umano, perdono il nome, la propria identità e vengono vestite di un’uniforme. Sembra d’averlo già letto da qualche altra parte, non è vero?
Così l’ancella del comandante Fred si chiamerà Difred, quella di Warren Diwarren e così via. Sarebbe potuto essere davvero un nobile scopo, quello della procreazione, probabilmente vista sotto un’ottica politica anche una manovra necessaria, se solo alle ancelle fosse lasciata la loro dignità, dato che c’è modo e modo per raggiungere un obiettivo e, in questo caso, i mezzi vanificano il fine.
Le ancelle, le uniche fertili, vengono stuprate, schiavizzate, picchiate, rese docili e mansuete. Vengono private degli occhi, delle mani o delle orecchie se fanno qualcosa che va contro il regime. Sono serbatoi pieni di vita ma svuotati della propria. Vengono indottrinate. Viene ripetuto loro di quanto siano fortunate, di come si debbano sentire onorate a portare avanti la specie e di come debbano essere riconoscenti nei confronti delle famiglie che le ospitano.
Apparentemente le mogli dei comandanti sono donne di potere. Decidono sulle ancelle, possono essere clementi o dure con loro, sembrano figure rispettabili. Ma tutto dipende dai punti di vista. Ci si mette poco a capire che anche loro sono donne e quindi inferiori. Non possono leggere, né prendere parte alla vita politica. Possono solo sperare di avere figli dalle ancelle, diventare madri e così iniziare a svolgere il loro ruolo sociale. Un ruolo rilegato alla casa.
Allora così, sottilmente ma non troppo, si intuisce di come il problema non sia solo la natalità e l’infertilità, quello è solo un effetto collaterale. Il problema è la donna. La donna, come era in antichità, come era nelle scritture, deve essere sottomessa, deve occuparsi della famiglia. Nient’altro le aspetta. E nessuna è salva. Né le mogli, né le ancelle, né le Marte. La donna, come verrà spiegato in un flashback, si è emancipata troppo, ha perso il suo posto nel focolare domestico per barattarlo con una carriera di successo e per questo Dio la sta punendo. Se non le interessa portare avanti il suo compito principale, quello di procreare, allora, che le sia sottratto. Ma l’umanità non se lo può più permettere.
Emblematico è il caso di Serena Joy, moglie del Comandante Fred. Ex giornalista ed attivista, tra le prime a militare nelle fila di Giacobbe e a proporre le nuove regole, si vedrà far fuori con le sue stesse mani, rilegata in un angolo, esclusa da qualsiasi decisione politica. Come ci verrà detto, la colpa è degli uomini, che hanno permesso che alle donne venisse data tutta questa importanza. Ma questo errore non verrà più commesso.
Ecco quindi che qualsiasi domanda trova risposta. Perché le ancelle non vengono reclutate volontariamente? Perché non possono essere convocate una volta al mese ma lasciate libere? Perché non posso avere una vita propria? Perché, se lo scopo è solo quello di riprodurre la specie, questo non diventa una sorta di lavoro ma diviene una schiavitù? Perché la mancanza di natalità è la conseguenza della perdita di moralità della donna. Recuperando quella, sarà poi risolto il problema.
Alla donna, ancora una volta, non solo le viene negata la sua libertà, ma questa diventa una colpa.
E’ tutto un gioco di forza, di maschilismo, di patriarcato, di controllo, di sottomissione, di definizione di donna.
La serie non è solo bellissima per via della sua realtà distopica, della storia, dei personaggi e delle ambientazioni. La serie è straordinaria per i suoi significati, i suoi messaggi e gli spunti di riflessione che ci offre.
Sebbene si svolga in un mondo che per definizione non esiste, la serie è più attuale e reale che mai.
In un mondo in cui le donne sono ostacolate in continuazione, salari, lavoro, maternità, gravidanze sì e gravidanze no, in un mondo in cui un reality show normalizza la violenza sulle donne, trasmettendola in televisione, senza censurarla, senza prendere provvedimenti, facendo passare come normale il messaggio di un uomo che dice di poter controllare la mente della propria ragazza, d’averla fatta cancellare dai social e allontanare dagli amici, che la decisione se questa deve uscire o meno spetta a lui, ecco, in questo mondo bisognerebbe chiedersi quanto The Handmaid’s Tale sia una realtà distopica.
Qualcuno potrebbe riderne. Potrebbe accusarmi d’essere esagerata, di essere un’ultrafemminista. Ed è proprio questa risata che mi preoccupa, questo non voler aprire gli occhi. Si inizia dalle piccole cose e il mondo è intriso di piccole cose. Piccoli atti di violenza quotidiana. Battutine, occhiatine, commenti. Sia da parte degli uomini che da parte delle donne. Non sto dicendo niente di nuovo, lo so, lo sapete tutti ma ciò non deve allontanarci dalla riflessione. The Handmaid’s Tale, in modo sicuramente più marcato di quello che è la realtà, indubbio, ci offre però uno spaccato di violenza e sottomissione della donna che non può, in maniera più labile e quindi più subdola, riportare alla realtà.
La prossima volta che guarderete un reality show in cui il sessismo è la parola d’ordine, in cui la mancanza di rispetto e la violenza psicologica passano sullo schermo senza un minimo di critica, ma anzi, vengono spettacolarizzate, trasmesse per raccogliere audience, per fare ascolti tramite l’umiliazione di una persona, una donna o un uomo, oppure ogni volta che lascerete correre un commento, un gesto, additandolo come piccolezza, normalizzandolo, beh, sappiate che state ponendo un piccolo mattoncino delle mura di Gilead. Di un mondo talmente distopico da non renderci conto di viverci quasi dentro.
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