Iniziando dai meravigliosi e rivoluzionari titoli di testa cantati, Uccellacci e uccellini rapisce immediatamente lo spettatore. Con la telecamera rivolta verso la luna e le musiche del compianto Ennio Morricone, il film mette subito in chiaro le cose. Chi lo ha prodotto, chi lo ha diretto e chi lo ha interpretato. Il tutto con una poesia e un modo di narrare degni del grande Pier Paolo Pasolini.

Film del 1966 e uno dei capolavori di Pasolini. L’indimenticato regista, con saggia decisione, decide di usare come portavoce delle sue idee il principe della risata. Totò è infatti il protagonista di questa parabola umana sull’essere umano. A fianco di Ninetto Davoli e un corvo parlante, in un viaggio che sembra interminabile, racconta la natura degli individui che popolano questa terra: mai lontani dall’essere totalmente degli animali. Ma siamo più Uccellacci o Uccellini? La morale ce la dà Pasolini stesso quando Totò e Davoli afferrano il corvo cantastorie e se lo mangiano.
“Alfredo Bini, presenta…. l’assurdo Totò, l’umano Totò, il matto Totò, il dolce Totò…. nella storia Uccellacci e uccellini. Raccontata da Pier Paolo Pasolini…. Con l’innocente, col furbetto, Davoli Ninetto”.
Titoli di testa di Uccellacci e uccellini (1966)
La trama di Uccellacci e uccellini – “Dove va l’umanita? Boh!”
Da una zona non ben precisata della capitale, due clown, due strambi personaggi, sorgono alle prime luci dell’alba. Attraversando periferie, campagne e la grande città arrivano a sera e continuano a camminare verso il sole che tramonta. Sono Totò nella parte di un padre e Ninetto Davoli in quella del figlio. Due giullari dell’era moderna usciti dall’avanspettacolo o da qualche quartiere malfamato che, come vagabondi senza meta, viaggiano per il vasto mondo: ma siamo sempre a Roma.
La prima tappa è a un bar dove Totò si fa una bevuta e Ninetto balla il rock’n roll con alcuni giovani che subito dopo corrono per prendere l’autobus. Come sempre, quest’ultimo non si ferma e continua dritto. Poi fanno tappa in un quartiere della città capitolina dove assistono annoiati ma curiosi al ritrovamento di due cadaveri in una casa lì vicino: tutto il vicinato è accorso per vedere e sparlare.
Successivamente, mentre i due stanno camminando sopra il raccordo autostradale ancora in lavorazione, sentono la voce di qualcuno che li chiama. E’ un corvo con una leggera inflessione bolognese. Il volatile, saggio e acculturato, si presenta e dice di venire dal paese chiamato Ideologia. Vive nella capitale del Futuro, in Via Karl Marx al numero settanta volte sette. Segue i due strambi e strampalati protagonisti e lungo il cammino li delizia con storielle, aneddoti e parabole sull’uomo e il senso della vita.

Mirabolante descrizione del genere umano che potremmo sintetizzare con una legge di natura: il pesce grosso mangia quello piccolo. Infatti, Ninetto e Totò non sono solamente due morti di fame. Devono soldi a qualcuno, hanno debiti, ma, a loro volta, vanno a riscuotere soldi da poveri contadini che mangiano veri nidi di rondine fingendosi cinesi. In poche parole sono uomini. Uomini che, nonostante le idee marxiste che circolano in tutta la pellicola e la povertà che Pasolini non rinuncia a descrivere, sono umiliati e disprezzati da quelli più in alto di loro e allo stesso tempo disprezzano umiliano quelli più in basso.
La morte è una livella come diceva Totò, ma la vita, secondo Pasolini, è una continua lotta fra il più forte e il più debole. Ognuno è più forte e più debole di qualcun altro: alla fine c’è sempre quello che ci rimette. Come il famoso finale prima citato, siamo o uccellacci o uccellini. Per citare un altro epiteto, siamo falchi o passerotti, come nella parabola raccontata dal corvo su Frate Ciccillo e Frate Ninetto.
L’intero film è intervallato da brevi didascalie che suddividono quel viaggio a senso unico. In una scena di Uccellacci e uccellini, infatti, il corvo racconta la storia di due frati del 1200 che, inviati da San Francesco in persona ad insegnare ai falchi e ai passeri la parola di Dio, partono per questa mistica e alquanto complicata avventura. In un primo momento Frate Ciccillo, che poi sarebbe sempre Totò, converte i falchi apprendendo da loro il linguaggio stridente. Poi fa lo stesso con i passerotti e a suon di saltelli anche a loro insegna l’amore. Tuttavia ognuna delle due razze ha imparato la bontà dal frate ma solo verso la propria razza. Nonostante il duro lavoro di Frate Ciccillo i falchi continuano a uccidere i passeri.
L’egoismo e la prepotenza sono la vera natura dell’uomo. Parabola questa che entra da un orecchio dei due protagonisti ed esce dall’altro, proprio perché, anche loro, sono corvi travestiti da passerotti.
Uccellacci e uccellini descrive l’impossibilità di seguire né la parola del signore e né quella del signor Marx, specie quando a dettarci le regole è un individuo colto, con fare intellettuale e altisonante. Grande successo di critica e scarso successo di pubblico, il film è ad oggi uno dei più belli del regista bolognese. Lo stesso Pasolini disse di amarlo infinitamente proprio perché il più bello e allo stesso tempo il più povero. Completamente fuori dagli schemi dei film precedenti, degna di nota è la recitazione di un Totò che nonostante la cecità non ha mai rinunciato alla sua arte e alla professionalità. Al suo fianco un ancora inesperto Davoli, il monello prescelto di Pasolini che ritroveremo anche in film successivi.
Uccellacci e uccellini, che fa degnamente parte della lista dei 100 film italiani da salvare, è una commedia grottesca povera e allo stesso tempo magnifica, che contiene una duplice natura iniziando proprio dal titolo. Anche i personaggi hanno una sorta di duplicità e questo lo si vede nel carattere dei due protagonisti: stravaganti e spietati, maldestri e scaltri, dolci e crudeli. Fra gli stessi due attori principali c’è una dualità ben visibile: Totò è il veterano e l’attore professionista, mentre Davoli è un attore per forza e inesperto, scelto in mezzo alla strada.

Con il solito poetico occhio investigatore Pasolini studia i costumi dell’Italia del dopoguerra. Dopo film più drammatici come Accattone e Mamma Roma, in cui si sottolineava la dura vita giovanile nelle borgate romane, la stessa borgata diventa ora il circuito fiabesco in cui far muovere le due celebrità. Uccellacci e uccellini è quindi un favola documentaristica che vuole analizzare una società che si espande e in cui i buoni propositi e i grandi valori muoiono ad ogni nuova strada o palazzo che costruiscono. Nastro d’Argento a Totò come migliore attore protagonista e un altro per il miglior soggetto originale a Pasolini.
Lascia un commento