C’è un affascinante scambio di battute fra il giovane Hubert e la madre nel film di Xavier Dolan, J’ai tué ma mère, che riassume con grande veridicità e dramma il rapporto ancestrale e innato fra una mamma e suo figlio. Lo stesso rapporto che vediamo nello short film d’animazione, Un coeur d’or, diretto da Simon Fillot e presentato al Ravenna Nightmare Film Festival.
C’è un alone dark che aleggia per tutto il cortometraggio e che casca a fagiolo con il festival del cinema ravennate. Tale atmosfera soffocante e angosciante è la medesima sensazione che affligge, anche se non sempre, una madre che si sente visceralmente tirata in ballo nella vita della propria creatura. Per quanto ci si sforzi a crescere per avere una propria indipendenza e per lasciare quel nido famigliare, la mamma, in maniera positiva e anche negativa, sarà sempre accanto.
Un coeur d’or di Fillot si apre su una madre che, pur di aiutare il figlio malato -cercando di dargli una vita migliore- vende i suoi organi ad una ricca signora, ormai decrepita e giunta al termine. Prima i polmoni, poi gli occhi fino al cuore. La vecchia si rinvigorisce assumendo le sembianze della donna dalla quale ha riottenuto la giovinezza tanto sperata. La madre, alla quale ad ogni organo strappato le veniva sostituito con un pezzo d’oro, diventa una macchina femminile aurea, senza più sentimenti né emozioni. Una statua a simbolo del suo sacrificio.
Un coeur d’or è un’opera che sebbene i toni cupi iniziali, si trasforma ben presto in una favola vera e propria. Degna della tradizione dei racconti del focolare. Sì, perché la vecchia signora s’incarna nella madre dandole così la possibilità di stare sempre accanto al figlio e vivere felici. Trasportata nella realtà questa storia sarebbe forse ancor più cruda e drammatica, e quel lieto fine tanto sperato sarebbe solo un lontano punto all’orizzonte.
Tuttavia, il corto del regista francese non si fa portavoce dei finali lieti, né dell’evoluzione della favola e delle sue tematiche. Un coeur d’or, al contrario, si fa portavoce dell’antico e connaturato rapporto che c’è, che c’è sempre stato e che continuerà ad esserci fra un figlio e la propria madre. Quest’ultimo è l’essere che, ancor più del padre, vive per il figlio e muore per esso e per la sua felicità.
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