The Return of Tragedy – Le mille forme del cinema secondo Bertrand Mandico

The Return of Tragedy (2020) è un cortometraggio diretto da Bertrand Mandico e selezionato al Ravenna Nightmare per la sezione Contemporanea.

Il film si inserisce in un progetto che il regista ha avviato con l’attrice Elina Löwensohn, 21 film in 21 anni. Da dieci anni lavorano a film legati tra loro dai temi del meta cinema: il ruolo dell’attrice e del cineasta, lo sguardo che quest’ultimo le può offrire, e il rapporto al centro del progressivo e contemporaneo invecchiamento di entrambi. E soprattutto l’idea che il cinema si alimenti di una finzione incontrollata.

Tutti temi che si ritrovano in The Return of Tragedy. Il corto si ispira ai film di genere poliziesco degli anni ’80 e a tutto quel periodo artistico, incamerando immagini, suoni e costumi di un’epoca fortemente rimasta nell’immaginario collettivo. L’evocazione degli anni ’80 è facilitata anche dalla tecnica con cui il film è stato girato: in pellicola Super 16, con quell’aspetto crudo, oltraggioso e saturo tipico del periodo.

Il film è stato girato a Brooklyn, New York, con un cast di attori provenienti dalla scena underground del teatro o del cinema d’avanguardia. Oltre a Elina Löwensohn, nel gruppo di attori assoldati da Mandico figura anche David Patrick Kelly, nel ruolo del guru Katebush, e la compagna Juliana Francis. Tutti attori che hanno recitato per Richard Foreman, maestro del teatro d’avanguardia, il quale avrebbe dovuto essere anche lui parte del film.

Importante nell’economia di The Return of Tragedy è il tema della circolarità. Lo stesso momento si ripete infatti più e più volte, ma con continue variazioni. Queste sono variazioni sia di genere che narrative, che riflettono la costante riflessione del regista sulle numerose opportunità che la cinematografia offre.

Bertrand Mandico, da sua stessa ammissione, si è ispirato, nell’elaborazione di questo ciclo ripetitivo, al libro di Raymond Queneau Esercizi di stile (1947), nel quale l’autore propone 99 racconti della stessa storia. Non mancano però i riferimenti cinematografici come Je t’aime, je t’aime (1968) d’Alain Resnais, un film di fantascienza francese in cui il protagonista, dopo un tentativo di suicidio fallito, viene convinto da degli scienziati a tornare indietro nel tempo per provare a cambiare la sua vita.

Ma i riferimenti di Mandico non si limitano ai temi della circolarità e della variazione, ma spaziano verso il grottesco e lo stravagante, temi cari ai registi della 42° strada. Registi come Frank Henenlotter, William Lustig, Jack Smith, John Waters, Robert Aldrich e i fratelli Kuchar.

Già dalle prime sequenze di The Return of Tragedy si scorge però anche l’influenza di David Cronenberg, il quale non capiva perché non si potesse celebrare la bellezza degli organi interni. Pensiero che condivide lo stesso Mandico, il quale, durante il Ravenna Nightmare, ha raccontato a Mariangela Sansone che “da piccolo, mia zia, che era anestetista, mi aveva portato ad assistere a delle operazioni chirurgiche e sono rimasto meravigliato dalla bellezza del corpo, dall’interno del ventre, dai colori che ho potuto vedere. Per me è stato uno shock estetico. Non lo trovavo affatto macabro, ma abbastanza allucinante. Penso veramente che ci sia una reminescenza di quest’esperienza nel film.”

Per Bertrand Mandico il gore, tipico di David Croneberg, ha dei momenti straordinari arrivando a incontrarsi con la farsa. In The Return of Tragedy questo rapporto si stringe fino a momenti nei quali il gore si spinge verso derive romantiche e melanconiche.

The Return of Tragedy pone lo spettatore davanti alla varietà di generi e storie che il cinema ha da offrire. Il film ha il merito di scatenare una riflessione sulle potenzialità espressive della cinematografia, infinite e costantemente mutevoli anche partendo dagli stessi elementi di base.

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