Alfred Hitchcock non è un mostro sacro del cinema per caso. In ogni suo film ci sono innovazioni tecniche, atmosfere coinvolgenti e costruzioni narrative credibili e raffinate. Nodo alla gola, film del 1948, non è da meno. Anzi.
Il film è tratto dalla pièce teatrale Rope (1929) -che da il nome all’opera nella sua versione originale, scritta da Patrick Hamilton e a sua volta ispirata da un cruento fatto di cronaca che negli anni Venti aveva causato molto scalpore. Due amici architettano il crimine perfetto, per dare prova della loro superiorità intellettiva.
Brandon Shaw e Phillip Morgan, interpretati rispettivamente da John Dall e Farley Granger, uccidono, dopo averlo invitato alla loro festa in casa, l’amico David Kentley. Strangolato con una corda, David muore e il suo corpo viene nascosto in un baule in soggiorno dove, per evitare che durante la festa venga aperto, viene apparecchiato il buffet.
Alla festa vengono invitati, proprio per celebrare la perfezione del loro crimine, i genitori della vittima -anche se al ricevimento il padre verrà accompagnato solo dalla zia, la sua fidanzata Joan Chandler, e il suo ex-migliore amico Kenneth. Il rapporto tra quest’ultimo e David si era arenato dopo che Joan, fidanzata ai tempi proprio con Kenneth, lo ha lasciato per l’amico. L’assenza di David al ricevimento viene subito interpretata come una mossa, da parte di Brandon, per ricongiungere la vecchia coppia.
I personaggi di Nodo alla gola non finiscono qui però. Oltre alla signora Wilson, la domestica dell’appartamento, nel cast figura anche James Stewart, il quale interpreta Rupert Cadell. Quest’ultimo è stato insegnante ad Harvard dei quattro ragazzi presenti alla festa (di cui uno purtroppo come cadavere). Proprio le sue teorie sulla relatività del bene e del male e sulla superiorità di alcuni uomini sugli altri, ai quali potrebbe essere anche concesso di uccidere, hanno spinto Brandon e Phillip a sacrificare il loro amico.
Hitchcock trasporta sullo schermo un’opera teatrale, portando poi lo spettatore direttamente sul palco. La grande particolarità di Nodo alla gola è di essere girato interamente in piani sequenza. Prima di Sam Mendes e del suo 1917 proprio il grande regista britannico aveva già realizzato un film con questa tecnica. I piani sequenza sono lunghi esattamente il tempo di finire un rullo da 300 metri di pellicola, e gli stacchi camuffati in intensi zoom su dettagli di colore scuro.
L’effetto è proprio quello di partecipare al banchetto, insieme ai due assassini e agli altri invitati. Insieme a loro lo spettatore conversa, si emoziona, si stupisce delle disturbanti idee di Brandon e trema nell’attesa di scoprire se il crimine verrà prima o poi svelato.
Come Sir Alfred Hitchcock ci ha già saputo dimostrare, anche in Nodo alla gola la suspense viene costruita magistralmente. L’iniziale assenza di David viene percepita come un semplice ritardo dai suoi affetti più cari, ma andando sempre più avanti nella serata la loro preoccupazione cresce sempre di più. Allo stesso tempo cresce la preoccupazione di Phillip di essere scoperto. E Brandon, glaciale e quasi privo di emozioni, all’arrivo di Rupert freme per potersi sentire approvato dall’uomo nei suoi pensieri criminali.
I personaggi si mostrano sempre più nella loro umanità, e lo scorrere dell’alcol li libera di molti freni inibitori. Il regista indaga con la macchina da presa le loro emozioni in costante mutamento. Indaga il disagio di Phillip, la sicumera di Brandon e l’amorevole preoccupazione del padre di David e della sua ragazza.
Mentre la serata prosegue, anche nello spettatore si stringe un asfissiante nodo alla gola.
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