Juan Diego Escobar Alzate arriva dalla Colombia al Ravenna Nightmare con il lungometraggio Luz: the Flower of Evil, film inedito del 2019 che verrà distribuito in Italia dalla DigitMovie.
Definito un folk-horror, in realtà, Luz: the Flower of Evil è molto lontano dal tipico genere horror a cui siamo abituati. Niente salti sulla sedia, tensione da brividi o splatter da conati di vomito. Si tratta piuttosto di un horror psicologico. Infatti gli scontri che di solito animano i film di paura, qui sono solo interiori. Gli spiriti e i demoni tipici dei classici del genere, qui sono forze interne alla mente umana che lottano tra loro.
Per questo aspetto, e per la trama in sè, il film ricorda Le strade del male (2020) di Antonio Campos. Anche se, viste le date, è improbabile ipotizzare che uno dei due lavori abbia influenzato l’altro.
La trama
Luz: the Flower of Evil è ambientato nella montagna colombiana, forse intorno agli anni ’80. Una specie di setta, composta da pochissime persone, vive isolata dal mondo sotto la guida di El señor. In casa con lui vivono tre giovani ragazze, una delle quali è sua figlia. La madre, Luz, è morta da tempo. L’albero che è stato piantato sulla sua tomba non è mai fiorito.
El Señor convince le ragazze e il resto del paese che esse siano tre angeli e profetizza l’arrivo del Messia. Quando Egli arriverà, l’albero sopra Luz finalmente fiorirà.
Un giorno, El Señor rapisce un bambino, stupra sua madre e lo porta al villaggio. Inizia a predicare che il bambino sia Gesù e che, per godere dei suoi favori, sia necessario imprigionarlo.
Mentre tutti gli abitanti credono che si tratti davvero del Messia e tengono il bambino incatenato in giardino notte e giorno, la storia avanza in vari modi. La figlia di El señor trova nel bosco un walkman e, nonostante il divieto datole dal padre e l’ammonizione che dentro di esso si nasconda il demonio, decide di usarlo. L’unica musica che aveva sentito prima di allora era quella di un carillon regalatole dalla madre quando bambina. A parte questo, la ragazza non conosceva nemmeno la parola musica.
Nel frattempo il regista svela allo spettatore che quel bambino non è il primo. C’erano stati altri ragazzini, tutti uccisi in quanto impostori. Infatti, El señor aveva convinto i suoi compagni che non si trattasse di Gesù, quanto del demonio.
Il significato di Luz: the Flower of Evil
Non tutti gli abitanti del villaggio sono convinti della correttezza delle parole del loro leader. Non tutti pensano che le tre ragazze siano angeli e persino loro tre sono spesso in contrasto con la setta e con loro stesse. Sono infatti continuamente pervase da un senso di inadeguatezza. Contese tra quello che gli è stato insegnato e quello che sentono.
Tutto il film ruota attorno all’idea di El señor. Secondo lui è necessario, e possibile, eliminare il male e allontanare il demonio dalla propria vita. Forse per questo ha lasciato il mondo civile per una vita isolata, quasi da amish. L’idea di sua figlia, però, è un’altra. Secondo lei, ognuno di noi ha sia Dio che il Diavolo dentro di sè e deve imparare a convivere con questa sua doppia natura.
La lotta che il padre porta avanti contro il male gli fa perdere completamente la propria coscienza. Il personaggio risulta essere un padre severo, un marito violento, un leader ingannevole e, soprattutto, un assassino e uno stupratore. Mentre le tre ragazze, nonostante la più piccola di loro sia notevolmente deviata dalle idee dell’uomo, sono tutte innocenti e pure. Sono buone e gentili. Sembrano, effettivamente, angeli.
Solo accentando la doppia natura umana si può vivere in armonia con il mondo. La natura, al contrario di Dio, dà senza che sia necessario chiedere. Il regista sembra suggerire che la vera religione deve essere la fede nella natura attorno a noi. Non rinnega la religione cristiana ma rinnega che essa venga estremizzata tanto da far dimenticare cos’è il bene e cos’è il male, cos’è naturale e cosa non lo è.
L’ambientazione storica
In questa ricerca di armonia con la natura distrutta da una religione estremista, il regista sembra richiamare la storia del suo paese. Per secoli, infatti, le popolazioni indigene americane sono state allontanate dai loro culti della madre terra. Sono stati sottomessi con la forza a una religione cristiana che all’epoca consisteva, grosso modo, in un elenco di doveri morali e in una lista di pene. Una religione che aveva perso qualunque tipo di contatto con la naturalità dell’uomo e, soprattutto, della donna.
Le donne avevano, invece, fondamentale importanza nelle civiltà precolombiane e ne hanno anche in Luz: the Flower of Evil. Sono proprio tre donne, come le Tre Grazie dell’antica Grecia, a risolvere la situazione e a porre fine alla catena di dolori scoppiata nel villaggio. Sono loro che riescono, accettando proprio quella doppia natura che per il cristianesimo è tipica della donna, a riportare quell’armonia capace di fare fiorire l’albero.
E così si può comprendere il titolo dell’opera. Luz: the Flower of Evil. Per tutto il film El señor afferma che grazie a Gesù sbocceranno i fiori sull’albero sopra la tomba di Luz. Ma, alla fine, il fiore sarà del Diavolo. Luz, infatti, era stata la prima a dare alle tre ragazze degli insegnamenti diversi. Aveva insegnato loro a volersi bene e a rispettarsi, ad aiutare e ad ascoltare prima ancora che a pregare.
Il Diavolo e Dio sono la stessa cosa, ognuno di loro scaturisce dall’anima umana e, secondo il regista, questo segreto lo detengono le donne che hanno, da sempre, un rapporto più intimo e armonioso con la natura.
L’ambientazione geografica
Per aumentare il collegamento con i nativi americani, il film si avvale di una meravigliosa ambientazione primitiva. Paesaggi sconfinati, che ricordano un po’ i film western, circondano i personaggi. In particolare quando cala la notte si apre sullo schermo una vista incredibile. Milioni di stelle illuminano l’oscuro villaggio. La luna, gigante, osserva i boschi.
La fotografia è molto efficace, i colori sono sempre accessi e vividi. Non solo la notte è incredibilmente luminosa ma anche il giorno. Il cielo è azzurro e gli alberi verdi con una saturazione molto forte che ricorda, però, i colori reali della campagna colombiana. Un paese famoso per i suoi colori e che il regista vuole mettere in evidenza.
Questo modo di rappresentare il paesaggio è, ovviamente, funzionale anche per il significato del film. Davanti a una natura così imponente e viva, come si può allontanarsi da essa? Basta guardarsi intorno per capire in cosa è giusto credere.
Così, per opposizione, Luz: the Flower of Evil, sembra anche ricollegarsi a El abrazo de la serpiente, un film colombiano del 2015 candidato all’Oscar per il Miglior Film Straniero. Completamente in bianco e nero, questa opera racconta il processo di conversione dei nativi colombiani da parte dei missionari cattolici. Narra di un finto Gesù e di un rapporto con la natura da riconsiderare. I due film sono sulla stessa linea ma contrapposti: due fotografie estremamente diverse, due epoche diverse, un problema e uno stile narrativo simile.
Juan Diego Escobar Alzate estende il tema della sopraffazione religiosa in Sud America alla nostra epoca e trova la sua risposta a un problema che va avanti da tanto, troppo tempo. La religione degli uomini può diventare un delirio che provoca morte e violenza, come è stato durante la conquista spagnola. Solo riscoprendo un rapporto armonioso con la madre terra è possibile vivere in pace. Il contatto femminile con la natura permette di accettare il bene e il male: la luce non è solo opera di Dio e l’albero fiorirà quando l’essere umano troverà equilibro con le forze naturali.
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