A qualcuno piace caldo -il titolo originale è Some Like It Hot-, è, come molti hanno sempre dichiarato, la commedia americana più divertente di sempre. L’opera del 1959 è inequivocabilmente diretta dall’eterno Billy Wilder che, accompagnato in fase di sceneggiatura da I. A. L. Diamond, porta sullo schermo un trio davvero speciale composto da Marilyn Monroe, Jack Lemmon e Tony Curtis.

In quegli anni in Italia stava per sorgere la Commedia all’italiana, in America Wilder, come altri suoi colleghi, dominavano il Hollywood con alcuni generi: la commedia in testa a tutti. Molti sono i cult, soprattutto nella decade cinquanta e sessanta, che hanno fatto storia e hanno aperto la strada al genere e all’intero universo dell’arte cinematografica. Quando la moglie è in vacanza e L’appartamento e Non per soldi ma per denaro, sono solo alcuni di questi capolavori. A qualcuno piace caldo è uno di questi.
A proposito di questo film, va riconosciuto a Wilder il fatto di aver creato un’opera d’arte umoristica che unisce tutta la storia del cinema. Mette insieme la bella e dannata Marilyn con il talentuoso ed esilarante Lemmon e il bello e tenebroso Curtis. Il tutto infiocchettato in una commedia degli equivoci dal gusto gangster e anche un po’ grottesco.
A qualcuno piace caldo (Some Like It Hot) – La trama
Nella Chicago del 1929 Joe (Curtis) e Jerry (Lemmon), per guadagnare quel tanto che basta per non morire di fame sono costretti a suonare uno il sax e l’altro il basso in alcuni locali della città. Nel frattempo la polizia reprime ogni sorta di traffico illecito di alcolici e fa sgomberare tutti i locali notturni che vendono alcol. In una di queste retate il detective Mulligan (Pat O’Brien) incontra il boss italoamericano Colombo, detto “Ghette” (George Raft). Quest’ultimo, pochi giorni più tardi, assieme ai suoi uomini farà fuori i componenti di un’altra banda di gangster, proprio davanti agli occhi di Jerry e Joe.
I due musicisti, diventati all’improvviso testimoni di quel fatto, per non essere eliminati da Colombo si travestono da donne e s’infiltrano in un’orchestra tutta femminile diretta in Florida. Durante il viaggio fanno la conoscenza di Zucchero Kandinski (Monroe) della quale i due si innamorano perdutamente. Ad avere la meglio sulla ragazza è Joe che, travestitosi da milionario, riesce a conquistare il suo cuore, mentre Jerry verrà continuamente pedinato dal ricco e focoso Osgood Fielding II (Joe E. Brown) che non lo lascerà più in pace.

Quella tranquillità viene distrutta dall’arrivo nell’albergo dove alloggiano da Ghette e i suoi scagnozzi, che si metteranno subito sulle tracce dei due amici. Tuttavia, caduti in un’imboscata, vengono a loro volta uccisi da un’altra banda rivale di mafiosi e Joe e Jerry sono finalmente liberi e felici. Il primo fra le braccia della bella Zucchero mentre il secondo dovrà per forza di cose confessare al suo spasimante che in realtà non è una donna, ma un uomo.
Daphne: Non potrò mai avere bambini…
A qualcuno piace caldo (1959)
Osgood: Ne adotteremo un po’.
Daphne: Ma non capisci proprio niente, Osgood! Sono un uomo!
Osgood: Be’, nessuno è perfetto!!
Con un finale degno del geniale Wilder, A qualcuno piace caldo vinse un Oscar per i migliori costumi e tre Golden Globe alla miglior commedia, uno a Lemmon per il miglior attore e un altro a Marilyn per la migliore attrice. Forse è il film con Marilyn che il pubblico più ricorda, assieme a Quando la moglie è in vacanza. E’ anche al film che per primo ha sdoganato il travestimento da uomo a donna. Pellicole come Tootsie, Mrs. Doubtfire o Big Mama hanno tutti un iniziatore, e quello è proprio A qualcuno piace caldo.
In uno dei suoi primi ruoli da protagonista, Lemmon è già un comico insuperabile con un suo particolare modo di recitare. Nonostante i vari problemi sul set, alla fine anche la parte di Marilyn gli calza a pennello: quello della bionda un po’ svampita e credulona. Infine c’è Curtis, quello che di questo particolare trio è forse il meno divertente. Tuttavia, nella parte del piacione è anch’egli insuperabile. Wilder dà piena libertà anche a battute un po’ sessiste e al luogo comune del criminale italiano brutto ma vestito sgargiante e con i capelli pieni di brillantina.

Con grande spirito d’ironia il film è un sarcastico ritratto della grande depressione e del proibizionismo. Nella crisi economica, nella miseria e nel braccio violento della criminalità organizzata il regista trova comunque il modo per ridere e scherzare, lasciando piena libertà alla risata piuttosto che al politicamente corretto.
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