Colossal del cinema italiano del 1976 diretto dal regista/intellettuale Bernardo Bertolucci. Novecento è un maestoso dipinto che racconta il ventesimo secolo attraverso la storia di due bambini, poi uomini, della bassa padana. Nelle pianure parmensi infatti, luogo dove lo stesso Bertolucci è nato e cresciuto, ha luogo un dramma lungo più di quarant’anni, che percorre le fasi salienti di questo secolo. Dalla morte di Giuseppe Verdi fino alla Prima Guerra Mondiale, dal Biennio Rosso al regime fascista, fino ad arrivare alla caduta di quest’ultimo e al termine del secondo conflitto bellico.

Con 320 minuti di durata, Novecento venne girato interamente fra Emilia-Romagna, Lombardia e Liguria e con un cast davvero stellare. Come avvenne per un altro capolavoro del cinema, Il Gattopardo, anche per questo film ci si affida ad un cast eterogeneo comprendente attori da tutto il mondo. Il francese Gerard Depardieu e l’americano Robert De Niro interpretano i due protagonisti della vicenda. Accanto a loro altri illustri nomi del cinema e del teatro italiano, francese e americano come Stefania Sandrelli, Romolo Valli, Alida Valli, Burt Lancaster, Dominic Sanda, Donald Sutherland, Sterling Hayden, Laura Betti e molti altri ancora. Tra questi compare anche un’anziana Francesca Bertini, a suo tempo grande star del cinema muto.
A fare da sfondo a questo epico racconto c’è la pianura padana e in mezzo i volti e i canti dei suoi abitanti che danno a tutta la vicenda purezza e veridicità.
Novecento (1976) – La trama
All’inizio del novecento, nella grande azienda agricola Berlinghieri, nascono contemporaneamente due bambini: Alfredo (De Niro), figlio del padrone, e Olmo (Depardieu), figlio di Rosina e nipote di Leo Dalcò (Hayden), il più anziano dei contadini. Nonostante le differenze che ci sono fra i due, Alfredo e Olmo passano l’infanzia felici e spensierati, fino a quando non scoppia la prima guerra mondiale.
Tornato dal fronte Olmo, che è costretto ad aiutare la sua famiglia e i contadini, inizia ad avvicinarsi alle idee socialiste e comuniste che in quegli stessi anni cominciano a circolare. Alfredo, che invece era riuscito a non andare in guerra grazie al padre Giovanni (Valli), con la morte di quest’ultimo decide di prendere in mano l’azienda e diventare il padrone.
Con le sue idee Olmo si mette ogni volta in pericolo, specialmente dopo la nascita dei primi fasci di combattimento. Uno di questi squadroni fascisti è capitanato dal perfido Attila Melanchini (Sutherland). Quest’ultimo, con l’aiuto di Regina (Betti), sua amante nonché cugina di Alfredo, daranno filo da torcere ai poveri contadini che invece abbracciano gli ideali marxisti.

Tuttavia, non c’è solo la politica a separare i due uomini. Olmo, sposatosi con Anita (Sandrelli), dopo la sua morte è costretto a crescere la figlia da solo. Si mette a fare il norcino -lavoro che gli consente di far circolare meglio i valori in cui crede. Alfredo, invece, dopo il matrimonio con la bella Ada (Sanda), vedrà tutto ciò che ama disgregarsi a causa del suo lavoro ma soprattutto a causa della terribile e costante presenza di Regina e Attila.
A peggiorare le cose, l’ascesa della dittatura fascista di Mussolini e infine la guerra. Alfredo e Olmo non si vedranno più fino a quel 25 aprile del 1945, giorno della liberazione.
Il film, la scelta degli attori e la lunga lavorazione
Novecento inizia con una ripresa del dipinto di Guseppe Pellizza da Volpedo, Il quarto stato. Bertolucci già mette in chiaro dove vuole andare a parare. Il film, con una ricostruzione storica magnifica, è allo stesso tempo epico per quanto riguarda quei valori ai quali i personaggi (buoni) sono votati; ma ai quali era votato anche l’indimenticato Bertolucci. Novecento è un film scritto e diretto da un regista comunista. Per questo è un sommo manifesto di quel pensiero politico che in Italia, come in Europa, trovava e trovò moltissimi sostenitori.
In America, al contrario, il film fu un fiasco. “Troppe bandiere rosse”, questa fu la risposta dei produttori americani che accorciarono e deturparono il lavoro del regista parmense. In Europa fu un successo colossale. Uscito al cinema in due parti, Atto I e Atto II, Novecento fu presentato al Festival di Cannes e successivamente inserito nella lista dei 100 film italiani da salvare.
Per quanto riguarda la scelta dei due interpreti principali, Bertolucci pensò quasi subito al giovane De Niro, già premio Oscar nel 1975 per il film Il Padrino – Parte II. La sua presenza, oltre ad una scelta artistica, aveva anche una valenza puramente politica. L’attore americano infatti interpreta il figlio del padrone, data la sua provenienza dalla culla del capitalismo. Non potendo avere un attore russo, Bertolucci ripiegò su Depardieu. Anche l’attore francese, da far suo, stava a sottolineare una nazionalità e dei valori completamente distanti da quelli di De Niro.

Il resto del cast è comunque eccezionale e rimane una delle scelte più meravigliose fatte da un regista. E’ proprio su questa eterogeneità di attori che Bernardo Bertolucci traccia il suo novecento. Da una parte c’è il comunismo, descritto con il duro lavoro nei campi, con la miseria dei contadini e con i soprusi da loro stessi subiti nel periodo di tempo a cavallo fra la fine della Grande Guerra e il Fascismo.
Con Olmo Dalcò, i valori comunisti si concretizzano negli sforzi e nelle disavventure di un contadino che vuole il riscatto sociale per sé e per la sua gente. Dall’altra parte ci sono i padroni che ritroviamo, più che nella figura di Alfredo Berlinghieri, in quella di suo nonno e di suo padre. C’è poi il male, sotto forma di camicia nera, che aleggia sopra le teste di tutti. Il fascista, rappresentato dal maligno e folle Attila, è visto come l’incarnazione assoluta della perfidia, dell’ignoranza e di una pazzia violenta e violentatrice.
Bertolucci, che è stato allo stesso tempo regista, grande pensatore e poeta, manda a quel paese il politicamente corretto. Egli ci mostra la vera e cruda realtà del tempo con immagini che, a volte, rasentano il documentario. Ci viene presentata la vita e le abitudini di una famiglia di proprietari terrieri. Soprattutto, ci viene mostrata la campagna con tutte le sue sfaccettature e le sue usanze. Ci viene mostrato un periodo storico per quello che è stato in Italia. Un periodo speranzoso, duro, violento, buio. In particolar modo Bertolucci ci dice una cosa importantissima, che ora più che mai stiamo dimenticando: il fascismo è merda.

Menzione speciale va alla costruzione di questo colossal. Il regista si affida a professionisti per ricreare un’ambientazione vera e dare alla storia un sapore epico che esalta tutto il novecento trasformandolo in un grande mito. In fase di sceneggiatura Bertolucci venne affiancato dal fratello Giuseppe e da Franco Arcalli. Come direttore della fotografia venne scelto Vittorio Storaro, già collaboratore del regista da La strategia del ragno. Le indimenticabili musiche sono del maestro Ennio Morricone.
Grazie al regista Gianni Amelio e al documentario Bertolucci secondo il cinema, possiamo assistere al backstage di Novecento e all’intera realizzazione di un immortale capolavoro della settima arte.
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