Uscito in Italia con il titolo di Dickens – L’uomo che inventò il natale (The Man Who Invented Cristhmas), il film del 2017 del regista indiano Bharat Nalluri ci porta nella rigida Londra del 1843 per farci vedere come uno dei più talentuosi letterati del diciannovesimo secolo, Charles Dickens, abbia scritto un capolavoro per grandi e piccini davvero immortale.
A Christmas Carol, il Canto di Natale, è difatti uno dei libri più letti di tutta la storia della letteratura. Un Bestseller, come Pinocchio o Il Piccolo Principe, che al cinema è stato fatto davvero in tutte le salse. A partire dalla prima trasposizione del 1901, passando per il classico Disney con Topolino e Zio Paperone, fino al film in CGI di Robert Zemeckis con il grande Jim Carrey nei panni di Ebenezer Scrooge, il racconto di Dickens ha assunto infinite forme. Persino il cartone americano I Simpson lo hanno utilizzato per una puntata natalizia.
Ciò che invece non era mai stato fatto è raccontare le fasi salienti della scrittura di questo racconto e perciò la nascita di un’opera maestra. Il libro che cambiò definitivamente il mondo facendo entrare nelle case di tutti, e anche nel mercato mondiale, la festa di Natale, che fino alla prima pubblicazione non era che un piccola e anche sobria celebrazione festeggiata da pochi. L’uomo che inventò il Natale ritrae la creazione di un racconto e l’inizio della festa più bella e importante di tutte.
L’uomo che inventò il Natale – La trama
Dopo aver ottenuto il successo grazie a Il Circolo Pickwick, Le avventure di Oliver Twist e altri romanzi, su Charles Dickens si abbatte la critica. L’acerrimo avversario William Makepeace Thackeray, lo scrittore di Barry Lyndon nonché giornalista e critico letterario, stronca il suo ultimo lavoro, Martin Chuzzlewit.
Non solo Thackeray ma tutti i più prestigiosi rappresentanti dell’alta società inglese non stimano molto il giovane Dickens, reo di descrivere nelle sue opere la grande povertà negli strati sociali più bassi e i suoi miseri, astuti e loschi personaggi: anche loro esseri umani. Gli ci vuole perciò un escamotage che gli permetta di riappropriarsi del suo amato pubblico, di pagare i debiti accumulati e di sfamare la numerosa famiglia, composta dalla moglie, da quattro figli e da uno in arrivo.
L’illuminazione arriva nel momento in cui Dickens si imbatte in un sobrio e privato funerale. Il defunto, stando alle voci dei becchini, era un uomo d’affari non molto amato e il suo socio, l’individuo presente alle esequie, è anche peggio. Quello che in sole 6 settimane verrà fuori è per l’appunto Canto di Natale. Tuttavia la realizzazione non sarà una passeggiata. Dopo essere stato abbandonato dai suoi editori Dickens è costretto a finanziare il racconto a sue spese, illustrazioni e stampa compresi. Nel lungo viaggio intrapreso dovrà inoltre tornare in contatto con un demone che aveva da tempo abbandonato. Uno di quegli spiriti che la sua famosa opera celebra: il Passato.
Con Dan Stevens nei panni di Dickens, Christopher Plummer nei panni del signor Scrooge, e Jonathan Pryce nel ruolo di John Dickens, padre dello scrittore, L’uomo che inventò il Natale non è un film d’autore. Non è un capolavoro, ma non per questo incapace di stimolare lo spettatore, immergendolo in una dolce favola pseudo realistica. Tutt’altro, il film di Nalluri, nonostante la classica rappresentazione sbarbata e perfetta come si vede in molti film in costume, ha il merito di aver riportato la magia natalizia nelle sale cinematografiche per quello che dovrebbe essere. Calda, eccitante, sobria e delicata allo stesso tempo.
Il film, come il personaggio principale del racconto, presenta un Dickens diviso a metà. Una natura divisa fra genio, bontà e un’austerità ereditata durante l’infanzia e la sua esperienza come piccolo lavoratore sfruttato. Ma come il suo protagonista anche Dickens alla fine riesce a redimersi, e proprio il giorno di Natale. Un po’ quello che succede normalmente a tutti noi e tutti gli anni.
Soffocati dai cinepanettoni ma anche dalla solita commedia americana L’uomo che inventò il Natale ci riporta alla mente le letture scolastiche o in famiglia, le visioni di film a tema nei giorni che precedevano il santo giorno, e soprattutto l’eccitazione della vigilia. Il film stesso è una rivisitazione in chiave storica di A Christmas Carol. Una nuova immagine di quel racconto in cui si cerca, in poco più di un’ora, di descrivere la grande figura pubblica e privata di Charles John Huffam Dickens.
Nalluri si perde un po’ in un andirivieni fra la realtà dello scrittore e i suoi continui sogni. Incubi all’interno dei quali vediamo le figure di Timmy, del perfido Scrooge o del socio Jacob Marley prendere vita. Una farsa che scade nell’infantilismo ma come infantile è il racconto di partenza. Ma dopotutto è vero e non possiamo smettere di celebrarlo ancora con nuove visioni e nuove trasposizioni cinematografiche, televisive o teatrali. Perché non sarebbe Natale senza Dickens e Il Canto di Natale. Questo film vuole dirci proprio questo.
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