Alla sua opera prima da regista Francesco Fanuele porta sul grande schermo le vicissitudini di Giacomo, un pacioso autista dell’ATAC che alla morte del padre scoprirà di aver ereditato nientepopodimeno che un regno da governare. Inizialmente riluttante a diventare un monarca, Giacomo nel corso della vicenda cambierà idea e grazie all’ausilio del fido avvocato Bartolomeo (Max Tortora) succederà al defunto padre nel presiedere questo Impero medievale in cui il sistema economico è fondato sul baratto.
Coadiuvato in fase di sceneggiatura da Stefano Di Santi, Fanuele ne Il Regno prova a rievocare Luigi Magni e Mario Monicelli realizzando un’opera ancestrale che mette alla berlina la società odierna dominata da una tecnologia e da una burocrazia opprimenti.
Stefano Fresi è come al solito straordinario nell’interpretare questo individuo fallito a cui si presenterà un’occasione di riscatto, mentre l’interpretazione del talentuoso Max Tortora risulta essere in talune circostanze eccessivamente caricaturale. Il suo Bartolomeo scimmiotta gratuitamente l’Alberto Sordi de Il marchese del Grillo finendo per somigliare piuttosto ai personaggi di film boccacceschi e pruriginosi come Giovannona coscialunga disonorata con onore di Sergio Martino e Quel gran pezzo dell’ubalda tutta nuda e tutta calda di Mariano Laurenti tra i tanti.
Il Regno è un film che vanta un’ idea vincente sfruttata male. Il suddetto lungometraggio infatti non ha l’ardire di affondare il colpo e rimane di conseguenza un ibrido costantemente sospeso tra la voglia di critica sociale e quella di far divertire la massa con una comicità financo di grana grossa che sfocia nella farsa più becera. Il personaggio di Ofelia (Silvia D’Amico) per esempio risulta essere poco approfondito ed è un peccato. La D’Amico infatti incarna magistralmente una ragazza curiosa e intelligente che di nascosto utilizza apparecchi elettronici.
Ofelia avrebbe meritato indubbiamente un percorso diverso in questa storia mentre alla fine viene banalmente relegata alla puerile storia d’amore con Giacomo.
La stessa Fotinì Peluso che nel film interpreta con consumato talento la sorellastra omosessuale di Giacomo andava sfruttata di più. L’argomento sempre caldo e attuale dell’omofobia infatti necessitava di più spazio.
Il Regno è un’opera che sembra voler accontentare tutti finendo per non accontentare nessuno. Francesco Fanuele infatti svilisce il talento dei suoi interpreti offrendo allo spettatore un tipico prodotto televisivo con troppe implausibilità da consumare in seconda serata se non si ha niente di meglio da fare. Lo stesso finale, presente dopo i titoli di coda, lascia sgomenti.
Apprezzabili rimangono comunque le buone intenzioni del regista che ha voluto provare a mescolare vari generi senza avere ancora la dovuta esperienza.
Mi congedo con le seguenti parole del compianto poeta statunitense John Updike, parole che risultano essere fortemente correlate con il significato intrinseco de Il Regno: “Sono sempre più facilmente disgustato dal fatto che stiamo vivendo in questa società impegnata a farci spendere più di quanto abbiamo, o più di quanto dovremmo, per cose di cui non abbiamo realmente bisogno o che vogliamo, e che inoltre ci sta uccidendo lentamente mentre ci riempie tutte le discariche e fa cantare sempre meno gli uccelli.”
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