Il cinema di Xavier Dolan – E’ solo la fine del mondo

Sesta opera diretta da Xavier Dolan dove forse emerge maggiormente il dissenso familiare, con il duro e incompreso rapporto madre/figlio e con i vari dissapori che possono nascere tra fratelli. È solo la fine del mondo (Juste la fin du monde), tratto dalla pièce teatrale omonima di Jean-Luc Lagarce, è uno dei più complessi film del regista canadese dove, per la prima volta, unisce un cast di soli attori francesi.

Infatti in quest’opera del 2016 compaiono tanti mostri sacri del cinema francese, e volti più giovani ma che tuttavia hanno già alle spalle anni e anni di esperienza. Il protagonista, uno scrittore che ha appena saputo che deve andare all’altro mondo, è interpretato da Gaspard Ulliel. Attorno a lui compaiono, e sempre in maniera sublime, Vincent Cassel, Nathalie Baye, Marion Cotillard e Léa Seydoux.

E' solo la fine del mondo (2016), tratto dall'opera teatrale di Jean-Luc Lagarce.
E’ solo la fine del mondo (Juste la fin du monde), diretto da Xavier Dolan.

E’ solo la fine del mondo –  La trama

Louis Knipper, scrittore di successo e omosessuale, dopo aver scoperto che non ha molto da vivere, decide di riunirsi con la famiglia che non vede da dodici anni per annunciare la sua morte. Arrivato a destinazione, nel paese che aveva deciso di lasciare, incontra i suoi cari i quali, ognuno in maniera diversa, cercano di reagire alla sua venuta.

Venuta che per alcuni è una vera e propria visione mistica. La madre di Louis, sebbene impreparata, è felice di accogliere il suo secondogenito dopo anni di lontananza, fiduciosa di poter riaprire il dialogo interrotto tempo prima. La sorella Suzanne, sebbene non conosca quasi per niente Louis, è contenta di poterlo finalmente conoscere e passare con lui un po’ di tempo. Poi c’è la cognata Catherine, una donna timida che cerca di metterselo a suo agio, e infine il fratello Antoine, il quale, con il ritorno di Louis, vede la gelosia nei suoi confronti rinascere e tornare nella maniera più brusca possibile.

Una rimpatriata durante la quale si dicono ogni cosa, eppure Louise non riuscirà mai a confessare loro la verità. Gli animi si accendono nel momento in cui Antoine inizia a far apparire il suo disagio nello stare assieme al fratello minore. La madre non riesce a rimettere le cose a posto, e neppure Suzanne, animo ancora giovane e pronto ad ogni momento ad attaccare. L’unica persona che sembra aver capito subito lo stato di Louise è proprio Catherine, ossia l’unica persona apparentemente più estranea e distante. Le parole sono di troppo perché sono gli sguardi che permettono alla cognata di capire subito il problema di Louise. Ma a poco a poco persino gli altri impareranno ad utilizzare quel linguaggio senza voce, espresso solo attraverso gli occhi.

La famiglia, la morte e la purificazione

E’ solo la fine del mondo è per Dolan un altro successo al Festival di Cannes dove vince il Gran Prix Speciale della Giuria. Anche ai premi César le cose per il canadese vanno meravigliosamente, dove si aggiudica il premio per la miglior regia, per il miglior attore protagonista e per il miglior montaggio. Dolan questa volta se ne sta in disparte, ma è comunque complice anche nelle azioni dei suoi personaggi. Egli sta infatti dietro la cinepresa e la sua assenza, come si vedeva anche in Mommy, si avverte anche ora. Senza Dolan come interprete, si perde un po’ quella naturalezza interpretativa e quel realismo nel raccontare un evento, o una storia.

Allo stesso tempo le interpretazioni di questi cinque attori restano memorabili. L’omosessualità non è stavolta il tema dominante della pellicola, sebbene ritorni nei ricordi ora meno sfumati di Louis. Il personaggio di Ulliel torna a casa e tutto sembra così chiaro, preciso e definitivo. Non sarebbe dovuto tornare? È la grande domanda che si fa e che ci facciamo anche noi una volta arrivati a metà di questo breve dramma familiare. Ma è poi nelle ultime scene che la tensione cresce e così anche la psicologia di ogni personaggio. Pochi interpreti ma in E’ solo la fine del mondo ciò che veramente aumenta e si amplifica è proprio la dimensione psicologica di quest’ultimi, che si sviluppa nel corso dell’opera.

I contrasti aumentano e nel momento in cui il protagonista mette di nuovo piede in casa; forse l’unico rimedio per tutti è proprio la morte. Questo è il grande tema che governa tutta la storia e che porta gli uomini a dividersi in comportamenti sempre più diversi. Più della famiglia e delle problematiche fra parenti, la morte è la cura per scomparire da un mondo che, forse, è diventato per il protagonista troppo stretto. Per Louis, la vita, come in una finzione, si è trasformata in una rappresentazione dove tutto è prestabilito e dove non c’è più nessun mistero.

Per tornare al meraviglioso, genuino e vitale inganno dell’esistenza il protagonista dovrà rientrare in contatto, un’ultima volta, con la famiglia. Con uno scontro finale, quello con Antoine, riesce ad uscirne purificato e con lui anche gli altri personaggi.

E’ solo la fine del mondo è una dramma, una tragedia dove le grandi regole aristoteliche non si compiono. Il cambio nel destino dei personaggi avviene ma senza il famoso colpo di scena che il caro Aristotele si era raccomandato di utilizzare. Più del personaggio interpretato da Ulliel, spesso ci si concentra più su quello di Antoine, interpretato da Cassel; in lui ci si identifica meglio e soprattutto grazie alla tremenda tematica della gelosia che lo avvelena e che ci avvelena.

Marion Cotillard e Vincent Cassel in una scena del film.

I personaggi femminili invece, più che risolutori, sono sempre più docili e allo stesso tempo sibillini. Catherine, che nel film è interpretata da Marion Cotillard, è l’altro soggetto attorno al quale possiamo sentirci legati e verso la quale sentiamo un certo trasporto. E’ lei che pare aver capito tutto prima degli altri.

Leggi anche: Il cinema di Xavier Dolan – Les Amours imaginaires.

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