Dopo Il Padrino, l’opera che l’ha consacrato come uno dei più grandi registi della Nuova Hollywood, nel 1974 Francis Ford Coppola scrive, dirige e produce La conversazione, con Gene Hackman e John Cazale. Il film del regista italo-americano è divenuto col tempo un thriller raffinato e imperdibile, vincitore della Palma d’Oro al festival di Cannes.
Hackman, dopo l’Oscar nel 1972 come migliore attore nel film di William Friedkin, Il braccio violento della legge, sotto la regia di Coppola ci regala una nuova sublime interpretazione, quella dell’investigatore privato Harry Caul. Ruolo questo che lo renderà uno degli attori più talentuosi e richiesti. Stessa cosa si può dire di John Cazale, ancora una volta diretto da Coppola e ancora una volta in un ruolo ambiguo e sfuggente, a metà strada fra una bonaria ingenuità e un’astuta falsità.
Quello di Fredo Corleone, nei primi due capitoli della saga gangster tratta dal romanzo di Mario Puzo, è sicuramente l’interpretazione che più di tutte ricordiamo. Tuttavia, anche ne La conversazione, in cui interpreta il socio Stan, Cazale è capace di restituire naturalezza ai suoi personaggi e quel senso di dramma che ogni individuo si porta appresso. Se Caul è un pesce fuor d’acqua, o almeno vorrebbe continuare a esserlo, Stan è un animale che meglio si mimetizza in questa società che cambia.
Società che già nel ’74 sembrava stesse mutando troppo alla svelta. Le manie del protagonista s’infrangono con la rottura di quella sfera privata che cerca sempre di custodire gelosamente, e che all’epoca poteva ancora essere tutelata; ora è impossibile e tutti siamo, e nella stessa maniera, rintracciabili e spiabili.
La conversazione – La trama
Il film si apre su una piazza affollata. Una coppia di giovani sta parlando e camminando fra la folla, mentre alcuni tizi, con speciali apparecchiature all’avanguardia, spiano e tengono sotto controllo quella conversazione. Fra questi c’è Harry Caul, uno dei migliori investigatori privati di Los Angeles. Egli è un uomo severo, freddo e di poche parole: lui vuole i fatti e una buona registrazione. Incaricato da un potente uomo d’affari, noto come il direttore, di seguire e registrare i due giovani, Caul, con l’aiuto del collega Stan, porta a termine il lavoro.
Noto per la sua maniacale riservatezza, Caul porta in ufficio le tre bobine contenenti la registrazione per poterci lavorare. Durante l’incisione, tuttavia, fa una terribile rivelazione: le due persone spiate sono in realtà amanti, e una delle due è la donna del presidente. Incuriosito dalla faccenda, Caul capisce che i due giovani sono in grave pericolo e che se dovesse consegnare la registrazione al suo cliente, potrebbe succedergli qualcosa di grave.
L’investigatore, dal passato già segnato, si prende a cuore la vita dei due giovani, cercando in tutti i modi di non consegnare i nastri al direttore e al suo segretario. Ben presto si renderà conto che nessuno di quelli che gli stanno attorno e che lavorano per lui possono aiutarlo. Saranno proprio i cosiddetti amici a far cadere Caul in una trappola ben congegnata e a far sì che il direttore ottenga la registrazione. Sconfitto, Caul non si rassegna al terribile futuro che attende i due giovani. Preso dai sensi di colpa cercherà in tutti i modi di salvarli, arrivando poi alla verità che si cela dietro a quella registrazione, e al colpo di scena finale.
Harry Caul, la spia spiata
La conversazione trae spunto da opere come Blow Up di Antonioni portando lo spettatore a credere fortemente a una sola e univoca verità, salvo poi scombussolare quella certezza con una svolta che cambia il destino dei personaggi. Harry Caul, da astuto investigatore, finisce col diventare egli stesso una vittima del sistema. Da spia pianificatrice diventa un uomo spiato e debole. La trama del film di Coppola assomiglia molto a quella di tante altre pellicole venute dopo come La migliore offerta. Anche il film del 2010 diretto da Giuseppe Tornatore narrava le peripezie di un uomo sereno e in pace con tutte le sue fobie e maniacalità che però finiva con l’essere assimilato alla massa; il motivo era dovuto all’improvviso amore nei confronti di una donna con la quale condivideva parte delle sue paure.
Il fulcro de La conversazione è proprio la volontà di rimanere incorrotto all’interno di un’alienante società; un unicum non assoggettato al consumismo o al tran tran della quotidianità. Per quanto il personaggio di Hackman ci provi deve alla fine gettare la spugna, accettando il fatto di non essere un esemplare unico e soprattutto intoccabile. La sua follia, che si concretizza pienamente nella scena del sogno, si trasforma in una solitaria ed esaurita prova di rassegnazione. Rassegnazione visibile negli istanti finali della pellicola, quando il protagonista si rende conto di essere stato seguito, fregato e infine anche pedinato.
La schizofrenica ricerca della privacy è il sintomo più puro di un’umanità che oggi è molto più alienata e persa di quella degli anni Settanta. Già allora si capiva come sarebbe andata a finire; che saremmo tutti diventati schiavi di un unico sistema controllore. La scena onirica citata, tra l’altro, si accosta molto alla letteratura di Franz Kafka. Coppola, infatti, crea un personaggio kafkiano come il Gregor Samsa de La metamorfosi o il Joseph K. de Il processo, per descrivere l’impossibilità di frenare quell’inevitabile processo di aggregazione. Con La conversazione, Coppola ritrae la caduta della propria intimità e la perdita di fiducia nel prossimo.
Straordinaria e indimenticabile l’interpretazione di Gene Hackman. Col tempo arriveranno nuovi ruoli, molti dei quali davvero magnifici. Eppure quella dell’investigatore privato resta una delle sue prove più celeberrime. Nel film compare anche Allen Garfield, Cindy Willams, Teri Garr, Robert Duvall e un giovanissimo Harrison Ford, nei panni dell’algido segretario Martin Stett.
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