L’attività da regista di Frank Darabont si ferma al 2007 con il film The Mist, tratto da un racconto di Stephen King. Il suo legame con il maestro dell’horror inizia nel 1994 col primo lungometraggio scritto per il cinema intitolato Le ali della libertà. Sebbene quest’opera sia davvero travolgente e sensibile, con Il miglio verde Darabont sbarca il lunario. Con il tempo diventerà una delle pellicole più belle tutta la cinematografia mondiale.
Scritto da King nel 1996, il romanzo si trasforma in un’opera visiva colossale già nel 1999, facendo entrare definitivamente nell’immaginario collettivo il gigante John Coffey e il suo carceriere Paul Edgecombe. Quella di Stephen King è una parabola che si rifà a quella di Gesù Cristo, mandato fra gli uomini per guarire i mali del mondo; infine immolatosi per il bene dell’intera umanità. La figura di Coffey, il carcerato nero che ha il potere di guarire i malati e di far tornare i defunti dal mondo dei morti, è una specie di angelo precipitato in un’America fratturata.
Edgecombe, interpretato da un meraviglioso Tom Hanks, è il testimone di questi eventi e, come San Paolo, anche lui resta folgorato sulla via di Damasco. L’incontro con Coffey mette a rischio il suo integerrimo lavoro come secondino nel braccio della morte della prigione di Cold Mountain, detto l’ultimo miglio o, appunto, miglio verde.
Il miglio verde (The Green Mile) – La trama
Il pluricentenario Paul Edgecombe, da tempo in un ospizio, racconta la sua spettacolare vicenda all’amica Elaine, anch’essa ospite della struttura. Nel 1935 Paul è una guardia carceraria del penitenziario di Cold Mountain, responsabile del Braccio della morte. Assieme ai colleghi Brutal, Dean e Harry, Paul accompagna i condannati a morte alla sedia elettrica, sempre con il solito contegno e professionalità. Fra loro c’è anche il violento Percy Wetmore, nipote del governatore che porta scompiglio e inquietudine fra i detenuti e gli stessi colleghi.
Tra gli ospiti di quella struttura ci sono Eduard Delacroix, un prigioniero di origine francese, il cherokee Arlen Bitterback e il vecchio Toot. Questi è un detenuto che non rischia la sedia elettrica -“vecchia scintillante”, come viene chiamata da tutti- perché riveste il ruolo d’inserviente e di modello quando c’è da provare un’esecuzione. La vita scorre tranquilla nel miglio, fino a quando non arrivano due nuovi prigionieri. Il nerboruto John Coffey, condannato a morte per aver stuprato e ucciso due bambine, e l’esagitato e violento “Wild Bill” Warthon.
Wild Bill, incontrollabile delinquente, il giorno del suo arrivo nel braccio della morte crea subito scompiglio, attaccando una delle guardie e colpendo Paul sulle sue parti basse, proprio dove da mesi soffre di una terribile infezione alle vie urinarie. Coffey, vedendo Paul sofferente e stremato dal dolore, cerca di aiutarlo. Dopo averlo preso per il bavero dell’uniforme, lo immobilizza mettendo la mano nella sua zona dolente. Ciò che Paul pensava essere un atto feroce, si trasforma in un atto d’amore, quando la guardia si accorge che il suo dolore e la sua infezione sono improvvisamente spariti.
Da quel momento Coffey viene guardato in maniera del tutto differente dai responsabili del carcere, specialmente da Paul, il quale inizia seriamente ad avere dei dubbi sulla sua colpevolezza e sulla sua natura malvagia.
Personaggi e interpreti
Girato interamente all’interno del Tennessee State Prison, Il miglio verde è stato nominato a ben quattro premi Oscar, non vincendone nemmeno uno. Eppure la sua storia è ormai nota a tutti, persino a quelli che non l’hanno mai visto o che non hanno mai letto le pagine di King. Un film che, rispetto alle varie trasposizioni cinematografiche dei romanzi o dei racconti di King, è probabilmente quella più fedele. Anche se alcune scene e personaggi vengono tralasciati nel passaggio dal testo al film, Il miglio verde riesce a trasmettere visivamente gli stessi particolari e le stesse emozioni che si ritrovano all’interno del romanzo.
Questo si deve non solo al magnifico lavoro di Darabont, che come regista qui dà davvero il meglio di sé. Buona parte della riuscita di questo capolavoro è dovuto agli attori che, in un’atmosfera conciliante e amichevole, restituiscono veridicità a queste vicende così fantastiche. Tom Hanks, l’eterno brav’uomo di Hollywood, dà al personaggio di Edgecombe austerità e correttezza. Allo stesso tempo non viene tralasciata la sua parte più buona e comprensiva. Nel ruolo di Coffey, vero e proprio personaggio/icona del cinema, c’è Michael Clarke Duncan; su consiglio di Bruce Willis, Darabont decise di sceglierlo per questa parte.
Degnissimo di nota resta anche la caratterizzazione che Sam Rockwell dà al personaggio di Wild Bill. Questo psicopatico, incontrollabile e pericolosissimo detenuto ci permette di capire come Rockwell sia stato sempre un interprete eclettico e straordinario. Nel film compaiono anche David Morse, Bonnie Hunt, James Cromwell, Michael Jeter, Harry Dean Stanton e molti altri.
Il film e le scene memorabili
Meritevole di attenzione è la ricostruzione da parte di Darabont e del suo team dell’America degli anni Trenta e della vita dei detenuti finiti nel braccio della morte. La vita e la morte scorrono anche in quel corridoio dal pavimento color cedro appassito. L’esistenza, non solo dei condannati ma anche dei secondini, è scandita dai nuovi arrivati ma soprattutto dalle esecuzioni.
Le scene in cui Paul e i suoi provano per l’esecuzione, come se stessero provando per un saggio di danza, e l’esecuzione stessa, sono probabilmente alcune delle sequenze più memorabili di tutta la pellicola. A questo proposito è impossibile dimenticare l’esecuzione, finita male, di Eduard Delacroix o quella di John Coffey. Altre sono le scene che non possiamo di certo scordare. Il primo incontro con il topolino Mister Jingle, il momento in cui Coffey guarisce il capo Edgecombe o la signora Mores. E ancora il primo arrivo nel miglio di Wild Bill e i vari scherzi che quest’ultimo fa ai danni delle guardie.
Sebbene quello di Coffey sia un personaggio leggendario, forse il più interessante è proprio quello di Paul Edgecombe. Chi è in realtà? Un bravo carceriere o un uomo incapace reagire? In realtà Paul è un personaggio che, usando la ragione, cerca il più possibile di mantenere l’ordine. Rifiuta la violenza e cerca di instaurare, sempre con grande serietà e senso del dovere, rapporti gentili e di amicizia con i carcerati. Ma allo stesso tempo è lo stesso individuo che li porta sulla sedia elettrica. Con John Coffey cercherà di cambiare le cose.
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