Prima di arrivare a parlare di Ultimo minuto, film sul calcio del 1987 diretto da Pupi Avati e interpretato da un Ugo Tognazzi in stato di grazia, bisognerebbe tornare indietro di qualche anno, quando la carriera ancora giovane del regista bolognese fu salvata dalla generosità di uno dei più grandi mattatori del cinema italiano.
Dai primi insuccessi all’incontro con Tognazzi
Raccontata da Pupi Avati questa vicenda fa naturalmente tutto un altro effetto. Dopo aver diretto nel 1968 Balsmamus l’uomo di Satana e nel 1970 Thomas e gli indemoniati, facendo perdere un’enorme somma di denaro ad un mecenate bolognese che si faceva chiamare Mister X, Avati è un uomo distrutto, che inizia la sua carriera nel mondo del cinema non nel più roseo dei modi. Con questi due cadaveri sul groppone, come lui stesso si diverte a battezzarli, decide di fuggire dalla sua amata Bologna, dove ormai tutti lo conoscevano per questi primi fallimenti.
A Roma cerca di rimettere in piedi la sua vita, mostrando a Giovanni Bertolucci, cugino del più famoso Bernardo, la sceneggiatura di un possibile film dal titolo La mazurka del barone, della santa e del fico fiorone; a fare da protagonista a questa pellicola era stato scelto Paolo Villaggio il quale, ricredutosi sul progetto, da quel momento decide di sparire nel nulla.
Messosi in cerca di Villaggio (se l’attore non avesse dato il suo consenso il film non si sarebbe più fatto), Avati riesce a rintracciarlo al Villaggio Tognazzi, a Torvaianica, dove ogni anno si disputava il famoso torneo di Tennis. Giunto in quel luogo, dove improvvisamente si trova circondato da tutto il cinema italiano, Avati tenta di convincere Villaggio a firmare il copione come fosse un contratto. L’attore tuttavia non ne vuole sapere più niente. Prima di andarsene gli dice di appoggiarlo su un tavolino del giardino. Avati, che sa che l’attore non accetterà mai di fare il film, torna a Roma sconfitto, sapendo che dovrà trovare un piano B per mandare avanti la famiglia e saldare i debiti, che nel frattempo erano aumentati. Il destino gioca strani scherzi; scherzi che a volte possono rivelarsi meravigliosi.
Ecco che quello stesso copione, che Villaggio aveva deciso di non leggere, per pura casualità fu invece letto da Tognazzi il quale rimase estasiato dalla storia e volle incontrare subito Avati per parlare del film. Morale della storia, Tognazzi fece un ruolo in compartecipazione (senza essere pagato). Villaggio, saputo che Tognazzi avrebbe fatto il film, volle entrare a tutti i costi nel progetto. Così, in questa bizzarra atmosfera in cui la fortuna si mescola al caso, Avati riuscì a fare un film con tutti i crismi. Da quel momento la sua carriera riuscì definitivamente a spiccare il volo senza più fermarsi.
Il rapporto fra Avati e Tognazzi e Ultimo minuto
Da quest’episodio nacque fra i due personaggi una stima che durò fino alla morte di Tognazzi avvenuta nel 1990. Avati, stando alle sue stesse parole, deve a Tognazzi il successo nel cinema; successo che da quel 1975 è continuato fino ad ora. Il regista più volte ha confessato che Tognazzi ha salvato la sua vita. Ma se da una parte per Avati le cose iniziarono ad andare bene, non si poté dire lo stesso dell’attore cremonese. Gli anni Ottanta segnarono infatti la fase calante di Tognazzi. Quest’ultimo, dovuto anche ad una forte depressione, aveva perso il successo di un tempo e la sua fama, non solo di interprete ma anche di latin lover, si era offuscata.
Ed è proprio qui che nasce il progetto di Ultimo minuto, un film che Avati volle fare a tutti i costi pur di riabilitare la reputazione di colui che prima lo aveva aiutato. Coadiuvato in fase di sceneggiatura dal fratello Antonio e da Italo Cucci, Avati mette in piedi uno spettacolo sul calcio con un grande cast di attori avatiani. Compaiono infatti Lino Capolicchio, Massimo Bonetti, Nik Novecento e Diego Abatantuono, reduce dal successo di un anno prima con Regalo di Natale. Spiccano però anche illustri volti del cinema e del teatro italiano che per la prima volta si ritrovano a collaborare con il regista de La casa dalle finestre che ridono: Carlo Monni nel ruolo del capo tifoso, Elena Sofia Ricci, Luigi Diberti e Cesare Barbetti.
Tuttavia, chi spicca con maggiore lucentezza sopra tutti gli altri è proprio Tognazzi, che veste i panni di un direttore sportivo di una squadra di calcio che è sempre sul limite della retrocessione; lo fa con una tale naturalezza che raramente si è visto in altri film. Tognazzi ha spesso interpretato il ruolo della macchietta, mentre qui siamo già fuori dal panorama della commedia nostrana. Il suo personaggio è un mediocre ma risoluto individuo che cerca di cambiare le cose, nonostante il passato burrascoso e un avvenire ambiguo e timoroso.
Ultimo Minuto – La trama
L’avvocato Walter Ferroni, vedovo e con una figlia che a malapena gli rivolge la parola, vuole a tutti i costi che la squadra che per anni ha finanziato non retroceda e che torni a vincere. Tuttavia la scelta di assumere un nuovo presidente si risulta fatale per la sua carriera e Ferroni viene allontanato dalla società. Allo stesso tempo anche uno dei calciatori, Emilio Boschi, il quale porta avanti una relazione amorosa con la figlia, è cacciato dalla squadra e resta senza un posto.
Solo quando le cose non vanno come sperato e quando la squadra non riesce a vincere nemmeno un match, il presidente, d’accordo anche con gli altri dirigenti e con il capo ultras Renato Angeloni, decidono di mettere da parte l’attuale allenatore e recuperare Ferroni, il quale ha un’ultima possibilità per salvare la squadra.
Il successo mancato e la profezia di Calciopoli
Ultimo minuto, nonostante il grande lavoro che c’è dietro e la superba interpretazione di Tognazzi, si dimostrò un totale insuccesso. Tognazzi, secondo anche gli aneddoti del regista, aveva puntato tutto su questo film; “Si presentò a tutte le proiezioni, anche a quelle a cui non era stato chiamato” dice Avati. I film che ruotano attorno al tema del calcio, infatti, non sono molti e solo alcuni hanno raggiunto una certa notorietà. Fra questi forse il più famoso resta L’allenatore nel pallone. Eppure non è il migliore; Ultimo minuto è di gran lungo migliore e certamente più profondo.
A distanza di anni la pellicola di Avati è pian piano riscoperta, anche se la riabilitazione avviene molto lentamente. Questo è sottolineato anche dal fatto che raramente la televisione lo trasmette e nel web è praticamente quasi introvabile. Ma i pochi che hanno avuto la fortuna di rivederlo, hanno potuto riscoprire un’opera maestosa nel puro stile di Avati. Il regista non ritrae solo lo spietato mondo del calcio, delle trasferte e dei vari avvocati e presidenti.
Ultimo minuto tocca diversi argomenti come le relazioni interpersonali, il rapporto padre-figlia; la crudezza di uno sport che a volte provoca asti e crepe non solo in un team ma anche all’interno della famiglia. Ricorrente nelle opere di Avati è anche il tema del tradimento, che qui si concretizza nel momento in cui Boschi, sebbene Ferroni lo abbia fatto rientrare in squadra, decide di vendere la partita. Avati non è quindi solo profondo ma è anche profetico. Il film annuncia, molti anni prima, lo scandalo di Calciopoli e la rivoluzione del sistema calcistico che di lì a poco si sarebbe consumata.
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