Nessuno avrebbe mai pensato che il bambino cicciottello, occhialuto e dai capelli rossi di Ci hai rotto papà, sarebbe diventato uno dei più importanti e virtuosi interpreti del cinema italiano contemporaneo. Con la sua quarta vittoria come migliore attore protagonista ai David di Donatello 2021, Elio Germano trionfa ancora una volta e dimostra di essere uno dei più grandi mattatori del cinema contemporaneo.
Alessandro Borghi, Claudio Santamaria, Luca Marinelli, il camaleontico Favino; sebbene anche loro siano continuamente sulla breccia, Germano si è sempre calato meravigliosamente in ogni suo ruolo, anche il più piccolo, sottolineando una meticolosa competenza che è studiata e, spesso ma soprattutto, innata. Dai primi ruoli in film come Concorrenza sleale di Ettore Scola e Il cielo in una stanza di Carlo Vanzina, Germano si è distinto per la naturalezza con la quale è riuscito a costruire personaggi così diversi fra loro. Personaggi che, allo stesso tempo, convergono tutti in un unico volto: quello del ragazzetto che, dal lontano 1993, è cresciuto fino a diventare un uomo maturo e un artista fatto.
Alla competenza si affianca spesso il fascino appunto dell’eterno ragazzo che dall’alto dei suoi quarant’anni, nonostante il successo, ha sicuramente ancora molto da dire attraverso la sua mimica, i suoi movimenti e il suo volto. I suoi ultimissimi personaggi hanno senza alcun dubbio lasciato un segno indelebile nel cinema italiano e internazionale. Fra questi è noto quello di Giacomo Leopardi e sembra già senza tempo la sua trasformazione nei panni del pittore Antonio Ligabue. In segno di grande stima e ammirazione nei confronti di questo attore, romano e classe 1980, vi presentiamo un excursus storico e artistico di quelli che sono stati, fino ad ora, i ruoli che fanno di Elio Germano un grande attore italiano, se non il più grande della sua generazione.
Paolo Melchiorri (Concorrenza sleale, 2001)
Dopo il già citato Ci hai rotto papà di Castellano e Pipolo e il film di Vanzina, Scola prende con sé il giovanissimo Germano e lo getta in pasto ad attori già arrivatissimi. Il film in questione è Concorrenza sleale, la storia di due commercianti, uno dei quali ebreo, che, a causa dei negozi vicini, si fanno la guerra nella Roma del 1938, anno in cui furono promulgate le leggi razziali.
Germano interpreta Paolo Melchiorri, primo genito di Umberto (Abatantuono), che invece di seguire le orme del padre, preferisce andare all’università per diventare architetto. Paolo, inoltre, ha una relazione segreta con la giovane ebrea Susanna, figlia del signor Leone (Castellitto); ma nonostante l’amore, i due vedranno il loro rapporto disintegrarsi a causa della guerra e delle differenze che ci sono fra i due. Il suo non è un ruolo di rilievo eppure riesce lo stesso a farsi strada in mezzo a veri e propri mostri sacri del cinema come Diego Abatantuono, Sergio Castellitto e Gerard Depardieu. Paolo è un ragazzo apparentemente maturo e serio, ma la guerra confonderà anche le sue certezze.
Romolo Mirabelli, detto “Il sorcio” (Romanzo criminale, 2005)
Dopo Kim Rossi Stuart nei panni de “Il freddo“, Favino in quelli de “Il libanese” e Claudio Santamaria nella parte de “Il dandi“, nel cast di Romanzo criminale, tratto dal romanzo Giancarlo De Cataldo e diretto da Michele Placido, c’è anche Germano, che, nonostante il piccolo ruolo, si presenta al pubblico come Romolo Mirabelli, meglio noto come “Il sorcio”, uomo viscido e informatore che aiuterà la giustizia a mettere in galera la banda criminale.
Martino Papucci (N – Io e Napoleone, 2006)
Per Paolo Virzì l’attore romano impara a parlare in dialetto toscano, in particolare la variante della costa, tipica delle zone di Livorno e Piombino. Ed è proprio a Piombino che il regista di Ovosodo e Tutti i santi giorni, ricostruisce l’Isola d’Elba del 1800 proprio quando arriva in esilio Napoleone Bonaparte. La vicenda storica dell’imperatore, che salì due volte sull’altare e per due volte cadde nella polvere, si incrocia con la figura immaginaria del giovane Martino Papucci. Quest’ultimo, dopo essere stato sollevato dal suo posto d’insegnante a causa delle sue idee liberali e giacobine, passa i giorni e le notti a escogitare un piano per uccidere il grande generale il quale, invece, lo prende sotto la sua ala nominandolo bibliotecario della Roccaforte di Portoferraio.
Affiancato da Sabrina Impacciatore, Monica Bellucci, Valerio Mastandrea e dal francese Daniel Auteuil, in N – Io e Napoleone, Germano si mette nei panni di un ragazzo accecato dalla rabbia e dall’odio nei confronti di una figura tanto amata e allo stesso tempo disprezzata. Tuttavia, come avviene spesso nelle opere di Virzì, il dramma di tale personaggio sfocia nell’ironia e anche nel patetismo che poi si scatena nella passione per la bella Baronessa Emilia.
Antonio “Accio” Benassi (Mio fratello è figlio unico, 2007)
Con il ruolo di Antonio Benassi, detto “Accio” per via del suo carattere collerico e violento, Germano vinse il primo David di Donatello. Il film di Daniele Luchetti, Mio fratello è figlio unico, parla di una povera famiglia di Latina composta dalla madre (Angela Finocchiaro), il padre (Massimo Popolizio), il primogenito Manrico (Riccardo Scamarcio), Violetta (Alba Rohrwacher) e il più piccolo, Antonio. Tutti con idee comuniste, eccetto Antonio che invece, a causa della sua amicizia con Mario (Luca Zingaretti), si iscrive al Movimento Sociale Italiano e diventa un pestatore fascista. Questa sua scelta è la maniera di Accio per ribellarsi alla famiglia ma soprattutto a Manrico con il quale non ha un buon rapporto.
Le cose cambieranno col tempo, quando anche Accio cambierà idea e si avvicinerà sempre di più al fratello. Pellicola drammatica che è uno spaccato d’Italia mirabilmente diretta da Luchetti il quale, assieme a Germano, si ritroverà a collaborare alcuni anni più tardi con il film La nostra vita.
Claudio (La nostra vita, 2010)
Palma d’Oro a Cannes per la miglior interpretazione maschile a Elio Germano, ex acqueo con Javier Bardem. Per tale ruolo Germano si aggiudicherà anche il secondo David di Donatello come miglior attore protagonista. Il pluripremiato film di Luchetti narra la vicenda di Claudio, un operaio edile con due figli e un terzo in arrivo. Proprio quando le cose stanno per sistemarsi, la moglie muore di parto mentre uno degli operai, un clandestino, ha un incidente sul lavoro e rimane ucciso. Claudio seppellisce il corpo dell’uomo nel cemento e nel frattempo sarà costretto ad accudire i figli senza l’amata consorte.
Un’opera cruda che non lascia troppo spazio alle smancerie. All’interno del film Germano è perfetto nell’interpretazione di un uomo sconfitto. Claudio è un individuo distrutto che ha comunque deciso di non arrendersi, per offrire ai figli un futuro migliore. Oltre a Germano, che è la colonna portante di tutto il film, ci sono anche Luca Zingaretti, Isabella Ragonese, Raoul Bova, Giorgio Colangeli e Luca Zingaretti.
Pietro Pontechiavello (Magnifica presenza, 2012)
Diretto da Ferzan Özpetek, Magnifica presenza è la storia di Pietro Pontechiavello, un ragazzo omosessuale originario di Messina che decide di trasferirsi a Roma per diventare attore e per incontrare l’amato Massimo. Pietro prende in affitto un appartamento ma dopo alcuni giorni si rende conto che la casa è infestata da strane presenze che scoprirà poi essere dei fantasmi; ex membri di una compagnia teatrale uccisi durante la seconda guerra mondiale dai nazisti. Pietro, nonostante sia confuso e un po’ incredulo, alla fine aiuterà queste presenze a ritrovare il loro posto nel mondo.
Classico esempio di cinema da camera con un cast d’eccezione composto da Beppe Fiorello, Margherita Buy e Paola Minaccioni, fra i tanti. Anche nella commedia Germano eccelle, dimostrando di essere in grado di sostenere anche un ruolo più positivo e leggero. Allo stesso tempo, anche in questo caso, c’è uno studio dietro a un’interpretazione del genere, e l’attore cambia registro sfoggiando un credibile accento siciliano.
Giacomo Leopardi (Il giovane favoloso, 2014)
Nel 2014 Germano diventa il Conte Giacomo Leopardi nel film Il giovane favoloso, diretto da Mario Martone. Dall’infanzia alla sua uscita da Recanati, dal soggiorno a Firenze alla fuga a Napoli dove troverà la morte nel 1837; il film del regista napoletano traccia le fasi più salienti del grande poeta e del suo pessimismo cosmico. Pessimismo incarnato superbamente da Germano che, da giovane e timido studente di una provinciale cittadina, si incurva sotto il peso della malattia ma allo stesso raggiunge la gloria con le sue poesie e i suoi saggi.
Germano, non sfociando mai una sola volta nel banale o nel pacchiano, riesce in maniera genuina a ridare un volto all’uomo e al poeta; a quello che è considerato uno dei massimi esponenti della letteratura italiana dell’Ottocento. Sebbene gli si affianchino attori come Popolizio, Aragonese e Michele Riondino, tutta la nostra attenzione è per l’attore protagonista; anche questa volta in palio c’è il David come migliore attore.
Sebastiano (Suburra, 2015)
Favino, Amendola, Borghi e Germano sono gli eroi, o meglio gli antieroi di Suburra. Gangster noir diretto nel 2015 da Stefano Sollima e scritto e sceneggiato da De Cataldo. I primi tre interpreti vestono i panni di boss spietati o ex malavitosi che hanno fatto fortuna nella politica (come nel caso del personaggio di Favino). Quello di Germano, invece, è il ruolo di un docile PR che, dopo il suicidio del padre, è costretto a ripagare tutti i debiti fatti dal genitore lavorando per Manfredi Anacleti, capo del clan degli zingari.
Tutti sono credibili, eppure Germano è il personaggio verso il quale sentiamo più trasporto. Sebastiano è un uomo ingenuo; nel corso della storia si mostra molto spesso come un individuo viscido, che è pronto a vendere l’amicizia della prostituta Sabrina pur di avere salva la vita. Tuttavia alla fine, per farsi perdonare agli occhi dello spettatore, troverà il suo degno riscatto, uccidendo lo spietato Manfredi.
Fabio (La tenerezza, 2017)
Piccolo ruolo ma pieno di profondità, quello di Fabio nel film di Gianni Amelio, La tenerezza. Egli interpreta un uomo sull’orlo di una crisi di nervi; dopo essersi trasferito a Napoli con tutta la famiglia, uccide i figli e la moglie e poi si toglie la vita. A questo punto della storia prenderà il sopravvento la vicenda dell’anziano Lorenzo. Egli è un ex avvocato, nonché vicino di casa della famiglia che, dopo la tragedia, si ritroverà a fare i conti non solo con il suo futuro, ma anche con il passato.
David a Renato Carpentieri che ci regala un’interpretazione stupenda. Eppure anche Germano è una spalla eccellente, capace di diventare un ingegnere di Trieste, nevrotico e pieno di pensieri.
Antonio Ligabue (Volevo nascondermi, 2020)
Ultimo David di Donatello e Orso d’Argento al festival di Berlino; Germano anche stavolta trionfa. Sotto la regia di Giorgio Diritti, è il pittore folle Antonio Ligabue in Volevo nascondermi. Sette David tra cui, per l’appunto, quello per il migliore attore protagonista. E come non darglielo! Germano, grazie al trucco e grazie soprattutto allo studio di questo personaggio, è un Ligabue magnifico, perfetto; molto meglio del Ligabue di Flavio Bucci, pace all’anima sua.
Anche adesso predomina sopra tutti e sopra tutto; il suo modo di parlare, il suo modo di camminare e persino il suo modo di dipingere; elementi questi che si avvicinano molto al vero pittore, scomparso nel 1965 a solo sessantasei anni. Germano cerca e ritrova l’essenza di quest’uomo tanto problematico quanto geniale. Ogni volta che entra in scena la sua interpretazione mette i brividi.
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