Il mondo glamour della moda ha visto, negli ultimi anni, la nascita e la crescita del fashion film, al fianco -se non al posto- del classico spot pubblicitario. Di diverso, rispetto allo spot pubblicitario d’autore, i fashion film permettono molta più libertà creativa permettendo di comunicare storie, emozioni e idee in maniera più diretta e significativa.
In questo periodo sono nati anche eventi di incontro e scambio per una forma artistica in continua evoluzione, dove registi di fama internazionale, ma anche esordienti, portano la loro idea di ricerca estetica al servizio dello stile. In Italia l’epicentro di questo nuovo movimento è, ovviamente, il Fashion Film Festival di Milano. La capitale italiana della moda infatti ospita la kermesse dal 2014, e ha premiato come Miglior Fashion Film 2021 quello ideato da Matteo Garrone per Christian Dior Couture Le Mythe.
La sperimentazione artistica dei fashion film ha raggiunto nel tempo anche le pendici del Vesuvio, dove durante l’edizione di aprile 2021 del Vesuvius International Film Fest ad essere premiato per il Miglior Fashion Film è stato Matteo Novelli, autore di Ginja.
Ginja – La prospettiva del fashion film
Nel fashion film realizzato dall’autore umbro vediamo le labbra di una ragazza decorarsi di varie tonalità di rossetto. La ricerca estetica è massima come impone la filosofia del genere, ma sempre declinata secondo i gusti e le idee artistiche del regista. I fashion film come Ginja “sono composti da una narrazione astratta, un mix tra immagini e suoni che apparentemente sembra senza logica, finché non tocca qualche corda interiore. E quando succede, allora ha fatto centro.”
“La Ginja- spiega Matteo Novelli -è un tipico liquore portoghese all’amarena. In questo caso Ginja diventa il nome del fashion film. Con Marta (l’attrice protagonista) ci siamo appropriati di questo liquore per suggellare le nostre affinità artistiche, e questo ha finito per rendere Marta la Ginja di Novifilm.
Il progetto iniziale era quello di scattare delle fotografie, esclusivamente inerenti alla bocca. Quel giorno poi c’è stato effettivamente tempo per andare oltre le foto e catturare tutti i momenti di preparazione tra un rossetto e l’altro. Arrivato a fine giornata, riguardando il materiale, con la musica giusta (non dimentichiamo che il tutto è accompagnato da una cover di Lucio Dalla), non sono riuscito a smettere di lavorarci fino al mattino, quando il mio lavoro sartoriale sui pezzi di video del pomeriggio precedente non era finalmente migliore di come avessi potuto immaginarlo.
Ginja è stato il mio primo lavoro artistico dopo un lungo stop dovuto ad un assestamento interiore, mi piace pensare che sia il primo di una serie di tanti altri. Che fosse un fashion film l’ho scoperto dopo, a mente lucida, perché per me oltre l’etichetta rappresentava e rappresenta ancora un bellissimo ricordo, raccontato attraverso delle immagini.”
Il macrocosmo dei cortometraggi è ideale per la produzione dei fashion film i quali devono esaltar emozioni e immagini in poco tempo senza la necessità di lunghe avventure narrative. Infatti “la brevità- aggiunge -colma il suo essere breve lasciando un messaggio, che sia in uno spot dove stanno vendendo un prodotto, un qualcosa di astratto volto a colpire cuore e occhi, per finire allo standard (se così si può definire) dei cortometraggi dove in 10-20 minuti si va a raccontare una storia intera. Il prodotto breve si gioca tutto nelle sensazioni immediate che lascia allo spettatore, difficilmente verrà visto una seconda volta (pubblicità a parte), deve dare tutto e subito.”
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