“A modo suo era un grand’uomo… Ma che importa quello che si dice di un morto?”. Con questa celebre battuta, si chiude L’infernale Quinlan, pellicola del 1958 diretta da Orson Welles e tratta dal romanzo di Whit Masterson, Badge of Evil.
Quando Orson Welles entra in scena sovrasta tutti gli altri interpreti, facendoti rimanere affascinato dalla sua recitazione così poco accademica. Quando Welles dirige un film, il suo smisurato egocentrismo si trasforma in scelte attoriali a volte azzardate, ma anche in scelte registiche e narrative totalmente nuove e stravolgenti; molte volte, rivoluzionarie. Da Quarto Potere, quello che è considerato il suo capolavoro, si passa per alcuni classici della filmografia wellesiana prima di arrivare a The Other Side of the Wind, film postumo uscito nel 2018 dopo ben 33 anni dalla morte del grande attore e regista.
Classici che, come Touch of Evil, proprio per la loro struttura un po’ bizzarra e spesso sconnessa, sono riusciti a valicare il tempo, diventando cult intramontabili. Uscito in Italia col titolo L’infernale Quinlan, rovinando il mistero che il titolo inglese voleva celare, la pellicola di Welles è un noir, un thriller-poliziesco davvero imperdibile. Tredici sono le opere dirette dal regista e tra queste,come La signora di Shangai, Macbeth e Falstaff, molto probabilmente L’infernale Quinlan è quello che in un certo qual modo più rappresenta il carattere megalomane di un regista che ha pensato sempre in grande; anche quando questo gli fu impedito.
Eppure il film con Charlton Heston e Janet Leigh è anche un meraviglioso dipinto in bianco e nero dove si ritrova il rapporto Welles/America (USA), fra Welles e il cinema. Sul confine fra Messico e Stati Uniti, Orson va a rompere le scatole anche ai piani alti della società americana. Tuttavia, ci mette sempre e comunque la faccia, interpretando il ruolo dello spietato Hank Quinlan, l’ispettore di polizia. Ruolo attorno al quale ruota questo film e così tutti i personaggi che ne fanno parte.
L’infernale Quinlan (Touch of Evil) – La trama
Nei tre minuti iniziali Welles dirige uno dei piani sequenza più famosi del cinema. Alcuni candelotti di dinamite, collegati ad un timer, vengono segretamente nascosti nel bagagliaio della macchina di un potente uomo d’affari, il quale subito dopo si mette in marcia verso il confine, accompagnato da un’affascinante ragazza. Senza mai uno stacco la telecamera segue la macchina in uno spazio ampio, all’interno del quale ci vengono mostrati gli altri personaggi principali. Il poliziotto messicano Vargas (Heston) e la moglie Susie (Leigh), due freschi sposi che passeggiano per le strade di Los Robles. Ad un certo punto si ritrovano sullo stesso piano dell’automobile, e quasi la scortano verso il confine. Una volta superato, l’ordigno esplode uccidendo l’autista e la bella compagna, catturando immediatamente l’attenzione di Vargas, che accorre subito sul luogo del delitto. Perché è di questo che si tratta, di un delitto; e il messicano, nonostante la sua guerra al crimine ma soprattutto alla famiglia Grandi (trafficanti e spacciatori), vorrebbe risolvere questo caso interessante.
Ma ecco che entra in scena la polizia statunitense e il suo mastino, il detective Quinlan (Welles). Egli è un ex alcolista, uomo rozzo e violento, accompagnato sempre dal fedele sergente Menzies. Quinlan, che è costretto a camminare col bastone per via di una ferita alla gamba, e che mangia sempre dolci per tentare di non ricadere nel vizio dell’alcol, è visto come un poliziotto integerrimo e un uomo onesto. Tuttavia, nonostante si cerchi in tutti i modi di incolpare un povero commerciante di scarpe, il quale una volta era stato alle dipendenze della vittima, Vargas riesce ad arrivare a poco a poco alla verità. Quinlan in passato era sempre riuscito a creare prove false, facendo condannare poveri innocenti. Tali accuse ricadono sul poliziotto il quale, aiutato dal criminale Joe Grandi, vuole sbarazzarsi una volta per tutte del giovane e intransigente Vargas.
L’infernale Quinlan – La doppia faccia della giustizia
Welles raffredda l’istinto sessuale nei confronti della bella Leigh, nota soprattutto per la parte di Marion Crane in Psycho. Il regista congela continuamente l’amplesso che Susie e Vargas vorrebbero, potrebbero e dovrebbero consumare, per gettare uno sguardo nel “pulito e irreprensibile” mondo della giustizia. Lo spettatore sarebbe ben disposto a sbirciare un po’ di più sotto le lenzuola di Susie; Welles lo sa benissimo. Ed è proprio per questo motivo che ogni volta distoglie lo sguardo, per torturarci e farci un dispetto. Tuttavia il regista ci sta anche chiaramente dicendo di guardare dall’altra parte perché là stanno succedendo cose ben peggiori. Quinlan è l’esatto volto di un potere corrotto, andato ben oltre il suo ruolo e i suoi doveri.
I due rispettivi personaggi, quello di Quinlan e quello di Vargas, rappresentano le due facce della stessa medaglia; di quella giustizia che Vargas raffigura come autorevole e che non fa sconti, mentre Quinlan infanga con i suoi giochi di potere e la sua condotta molto poco ortodossa. E’ un colpo per alcuni americani, quelli trasudanti un fanatico e genuino nazionalismo, vedere questa pellicola. Senza troppi giri di parole Welles ritrae la giustizia messicana migliore di quella americana. Il messicano è visto come un individuo avvolto da un alone di positività; anche se la famiglia Grandi e in particolare il personaggio di Joe è un viscido antagonista. Quinlan, invece, è la personificazione del crollo della dominante cultura bianca e anglosassone, e il crollo di una società che già all’epoca inizia a scricchiolare. Il muro fra Messico e Stati Uniti voluto da Trump sembra un espediente narrativo uscito direttamente da questo film.
Ed è proprio sul confine che si snoda questa vicenda, che terminerà con la morte di Quinlan e la fine di un’epoca. La fine di una politica, la fine di una società, la fine di una leggenda -quella rappresentata dal detective. Ma è anche la fine di certo cinema, di una particolare tecnica di recitazione e anche di un certo tipo di divo. Il vecchio, corpulento e non più di bell’aspetto Welles, cede il posto al giovane e prestante Heston; all’epoca già noto al pubblico per aver interpretato Mosè nel film I dieci comandamenti. Ma è solo nel 1960 che la sua fama eccelle, con la vittoria del premio Oscar per il suo ruolo nel film Ben Hur. Perciò, una giustizia con due volti, e un cinema dalle tante sfaccettature. Ne L’infernale Quinlan, infatti, oltre ai tre protagonisti compaiono altri grandi interpreti del cinema. Joseph Calleia, Akim Tamiroff, Joanna Moore e Dennis Weaver, che più tardi otterrà un po’ di celebrità grazie alla sua partecipazione nel film Duel. Da non dimenticare il piccolo ruolo di Marlene Dietrich, nei panni di Tanya la cartomante.
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