“Antonioni è l’unico regista importante su cui non ho nulla di buono da dire. Mi annoia; è così serioso e privo di ironia”. Quando François Truffaut disse questo non aveva poi tutti i torti; i grandi capolavori del cinema che Michelangelo Antonioni ci ha regalato sono opere d’arte immense, così com’è immenso il tedio che ha sempre e volutamente trasmesso. Blow-Up non è certo da meno.

Tratto dal racconto di Julio Cortázar, Las babas del diablo, Blow-Up (1966) ha una trama così avvincente che è subito soffocata dalla regia uggiosa di Antonioni. Uggiosa e grigia come la Londra in cui il regista ambienta la sua storia, sostituendo la Parigi del romanzo. Molti sono i film di Antonioni che da coinvolgenti quali possono sembrare finiscono sempre verso una pigra e lancinante riflessione esistenziale. Ma non per questo non si può certo dire che le sue non siano pellicole di un certo rilievo. Deserto Rosso, L’eclisse, Professione Reporter, Zabriskie Point e lo stesso Blow-Up, sono film diventati ben presto veri e propri capolavori del cinema; per chi riesce a sopportarli, naturalmente. E quando anche un regista come Bergman da del tedioso ad Antonioni, vuol dire che c’è veramente qualcosa che non va.
Blow-Up – La trama
Tutto il film ruota attorno ad un omicidio visto per caso. Il fotografo snob e fanfarone, Thomas (David Hemmings), detto anche “la mia merda non puzza“, girando per la periferia londinese in cerca di nuovi volti da mettere in un album, fotografa casualmente una coppia appartata in un parco. Non sa naturalmente che in quello stesso momento si sta compiendo un omicidio.
Se ne accorgerà solo dopo, quando Jane (Vanessa Redgrave), la donna della coppia, si avvicina agitata a Thomas chiedendogli di darle il rullino. L’uomo, incuriosito, inizia ad indagare, e attraverso una serie di ingrandimenti capisce che la fotografia nasconde un terribile segreto. Tornato nuovamente nel parco, rinviene il cadavere dell’uomo che stava con Jane, rendendosi conto di aver involontariamente catturato nell’immagine il diabolico crimine. Tuttavia, una volta tornato nella sua casa/ufficio, vede che il rullino e gli ingrandimenti sono spariti.

Antonioni influencer e ispiratore di altri classici del cinema
Bisogna dare a Cesare quel che è di Cesare. Nella sua complessa e asfissiante costruzione narrativa, è doveroso dire che Blow-Up è riuscito a catturare un periodo storico che raramente abbiamo visto in altre pellicole. L’occhio indagatore di Antonioni, restituisce agli anni sessanta quell’aspetto e quella dimensione grigia e assonnata che molte volte è stato messo in secondo piano dall’aggressività giovanile e da tutte quelle esperienze che fanno inesorabilmente parte di questo periodo.
Pochi dialoghi e molta calma; il protagonista del film, interpretato da un giovanissimo David Hemmings, gira per questa Londra vuota e tranquilla, simbolo di un’altra rivoluzione culturale. Tuttavia ciò che colpisce immediatamente del film di Antonioni, è il grande interesse che altri importanti cineasti hanno riposto in un’opera come questa; tanto da tentare nella loro carriera un’impresa simile.
Lo stratagemma del testimone per caso e del delitto scoperto che vediamo in Blow-Up viene magistralmente riutilizzato anche in altri classici del cinema, superando, in alcuni casi, anche l’iniziatore.
Nel 1974, fra Il Padrino e Il Padrino Parte II, Francis Ford Coppola dirige La conversazione, un thriller con Gene Hackman e John Cazale. In questo film, l’investigatore privato Harry Caul, nel quotidiano svolgimento delle sue mansioni, scopre, attraverso le registrazioni, un omicidio ai danni del suo stesso cliente. Questa volta il trucco narrativo viene cambiato; da una fotografia si passa ad una traccia incisa su un nastro. Un anno dopo, sotto la regia di Dario Argento, Hemmings è ancora una volta un artista che, contro la sua volontà, assiste ad un efferato assassinio; corso in aiuto della vittima vede, per alcuni istanti, il volto dell’assassino. Il film in questione è Profondo Rosso.

Da citare anche Blow Out, film del 1981 diretto da Brian De Palma, e Il mistero del giardino di Compton House, sublime opera in costume del 1982 diretta da Peter Greenaway. In questo film in particolare, il regista de Il ventre dell’architetto, nasconde il reato fra i 12 bozzetti ritraenti la dimora di Compton House, che un paesaggista inglese deve realizzare per Mrs. Herbert. Palma d’Oro al Festival di Cannes, Blow-Up prende il titolo dal processo di sviluppo e ingrandimento che si fa in fotografia, chiamato appunto “blow up”. Sceneggiato assieme a Tonino Guerra, storico collaboratore anche di Fellini, il film di Antonioni assume dei tratti da vero e proprio film d’essay grazie anche alle musiche di Herbie Hancock.
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