Film musicale ma soprattutto film estremamente politico, fino al midollo, The Blues Brothers è il cult del 1980 che ha reso grande John Landis, già regista di Ridere per ridere e Animal House. Sceneggiato insieme a Dan Aykroyd, The Blues Brothers nacque da un’idea dello stesso Aykroyd il quale, con il fedele John Belushi, avevano già sviluppato l’idea dei due personaggi vestiti di nero durante le loro esibizioni al Saturday Night Live. Luogo, questo, dove i Blues Brothers nascono e dove iniziano ad ottenere un discreto successo.
Ciononostante, per la gloria eterna si dovette aspettare la fine degli anni Settanta, quando la Universal si convinse finalmente che quei veri e propri concerti, durante i quali i due comici interpretavano alla loro maniera classici della musica rock e blues, sarebbero potuti diventare un vero e proprio film con protagonisti gli stessi Belushi, all’epoca già una star della televisione, e Aykroyd.
Fu proprio in quel momento che anche Landis entrò nel progetto, prendendo immediatamente le redini di un’opera che di lì a poco sarebbe diventato un maestoso musical d’azione dalle forti tinte demenziali; genere prediletto da Landis, diventato un marchio di fabbrica della sua filmografia. Eppure, la demenzialità che il padre di Una poltrona per due e Un lupo mannaro americano a Londra utilizza non è mai stata fine a sé stessa. In questo frangente è utile per trattare temi più delicati come le disparità sociali ed etniche; il tutto incorniciato dalla musica blues, country e rock, che è poi la vera grande protagonista del film.
La trama di The Blues Brothers
Jake e Elwood Blues sono due fratelli cresciuti all’interno dell’orfanotrofio di Chicago, entrambi amanti della musica blues. Tuttavia non hanno una fedina penale proprio pulita; il film infatti si apre proprio sul carcere dell’Illinois, all’interno del quale Jake era stato rinchiuso per tre anni. Alla sua uscita Elwood lo va a prendere e insieme vanno a fare una visita alla Pinguina, la madre superiora nonché direttrice dell’orfanotrofio.
Quest’ultima, dopo aver strigliato ben bene i due ex assistiti, li mette al corrente sulla situazione dell’istituto; se non troveranno 5.000 dollari saranno costretti a chiudere l’orfanotrofio. Nonostante sia un’impresa difficile per i due fratelli, Elwood e Jake, durante un sermone del reverendo Cleophus James, hanno l’illuminazione: decidono di rimettere insieme la vecchia banda di rhytm and blues e con essa fare dei concerti in giro per lo stato cercando di racimolare la somma di denaro da dare alle suore.
I due si mettono così in cerca degli storici componenti della band e nel frattempo chiedono al loro vecchio agente di trovargli dei lavori in alcuni locali della zona. Tuttavia le cose iniziano a complicarsi quando, dopo un inseguimento all’interno di un supermercato, la polizia si mette sulle loro tracce. A questo contrattempo si aggiunge anche un gruppo di fanatici neonazisti che vogliono ucciderli, così come vuole ucciderli anche la ex fidanzata di Jake, nel film interpretata da una giovanissima Carrie Fisher, fuoriosa con lui per essere stata abbandonata sull’altare il giorno delle nozze.
La demenzialità come arma contro le disuguaglianze
Con The Blues Brothers vediamo come Landis propenda sempre verso una risata folle e illogica, ma per dare a uno dei film più amati di tutti i tempi un tono politicamente e socialmente impegnato; le tematiche del film hanno a che vedere con la carità cristiana -il fulcro della trama è infatti salvare l’orfanotrofio dove Elwood e Jake sono nati e cresciuti. A quest’avventura, che gli stessi protagonisti descrivono come “una missione per conto di Dio”, si legano le grandi ferite degli Stati Uniti che non si sono mai del tutto cicatrizzate, e che hanno a che vedere con le disuguaglianze sociali ma soprattutto con il divario che c’è e che c’è sempre stato fra i bianchi e i neri.
The Blues Brothers nasce in un periodo storico dove ancora la società, quella americana in particolare, è ancora spaccata a metà; da una parte ci sono le classi sociali ricche, dall’altra la grande povertà. Landis, poi, si concentra sui quartieri bassi e miserabili di Chicago, dove si impone un gruppo numeroso di afroamericani. È proprio da un ambiente simile a questo che provengono gli stessi protagonisti ed è proprio da questo habitat che nasce la musica blues, country, soul e gospel che abbellisce tutta l’opera di Landis.
Il Rhytm and Blues, collante fra gli uomini
Più che un elemento decorativo, il blues è la colonna portante di tutto il film. Essa fa da cornice alle peripezie dei due fratelli ma allo stesso tempo è il fulcro di tutta la pellicola. The Blues Brothers è composta da pezzi celebri della musica blues e non solo -come la sigla della serie televisiva Rawhide– che sono stati reinterpretati da Belushi e Aykroyd ma anche da stelle della musica americana come Ray Charles e Cab Calloway che all’interno del film interpretano vari personaggi.
Canzoni come She Caught the Katy, Boom Boom, Think, Gimme Some Lovin’, Minnie The Moocher e Sweet Home Chicago, danno allo spettatore la sensazione di assistere ad un vero e proprio musical. Landis cambia le carte in tavola e a questo affianca la sua immancabile comicità sconclusionata e l’azione che è parte integrante dei suoi film, specialmente quando si parla di scontri e inseguimenti automobilistici.
The Blues Brothers è perciò un film musical ma anche una commedia e un action movie; tutti elementi che hanno permesso la grande riscoperta di un genere musicale in quel momento abbandonato.
Le sequenze rimaste nella storia del cinema
Il capolavoro di John Landis, perché questa è la maniera più semplice per descriverlo, è entrato nel Guinness dei primati per la scena col maggior numero di incidenti d’auto. Senza contare quella all’interno del JC Penneys, la lunga sequenza dell’inseguimento che va dal Palace Hotel fino agli uffici bancari di Chicago è piena di macchine ribaltate o fatte volare letteralmente da elicotteri o scarpate.
Oltre a questa, però, non si possono non citare i minuti iniziali della pellicola o la visita all’orfanotrofio. Memorabile resta il primo concerto al Bob’s Country Banker, la cena al ristorante di classe e poi quella all’interno della prigione, dove i protagonisti e tutti i componenti della banda vanno a finire. Questa scena, omaggio a Elvis Presley sotto le note di Jailhouse of Rock, presenta, come in una sfilata di moda, tutti gli attori e tutti coloro che hanno preso parte alla realizzazione di un colossal indimenticabile della commedia americana.
I protagonisti e gli interpreti secondari
L’animale del branco, il mitico Belushi, dopo il successo di Animal House forse raggiunge l’apice con il ruolo di Jake Blues; anche ora veste i panni del capo gruppo, il frontman di una banda sconclusionata ma che alla fine riesce a fare il pienone. Con Beluschi c’è anche l’amico fraterno Aykroyd che, eccetto per alcuni film, non ha mai abbandonato il collega, accompagnandolo in altre commedie e negli imperdibili sketch del SNL. Il più delle volte apportando egli stesso delle trovate comiche, come nel caso di The Blues Brothers.
Da menzionare gli altri componenti della banda: Steve Cropper (chitarra), Matt Murphy (chitarra), Donald “Duck” Dunn (basso), Murphy Dunne (piano), Willie Hall (batteria), Tom Malone (trombone), Lou Marini (sax), Alan Rubin (tromba). Poi ci sono i mostri sacri del blues che con piacere hanno partecipato al film di Landis. Ray Charles, nei panni del proprietario del negozio di strumenti, James Brown in quelli del reverendo Cleophus James, Cab Calloway, che durante il concerto canta la canzone Minnie the Moocher, e Aretha Franklin che veste i panni della moglie di Matt Murphy.
A questi si aggiungono anche John Lee Hooker, che nel film compare solo per pochi minuti in veste di artista di strada, Henry Gibson nei panni del capo dei nazisti dell’Illinois, John Candy, la già citata Fisher, Charles Napier, Frank Oz e la modella britannica Twiggy.
Lascia un commento