Il 2020 è stato un anno di grandi cambiamenti. La vita e i progetti di tutti sono stati stravolti nell’arco di pochi giorni. Lo stesso è capitato a Elia Moutamid, regista bresciano nato a Fes che aveva intenzione di raccontare il luogo dove era nato, quarant’anni dopo. E invece è nato Kufid, un documentario sulla vita quotidiana da quarantena.
Kufid in arabo vuol dire Covid, e titolo non poteva essere più azzeccato dato che il virus è il protagonista di ogni singola scena. Nei titoli di giornali come nelle riflessioni dell’autore, così come nel silenzio vuoto dell’ambiente urbano assopito dal lungo lockdown il Sars-Cov-2 è onnipresente, in ogni sua declinazione.
Da Fes a Brescia, tutto il mondo ha dovuto fare i conti con la pervasiva e inaspettata violenza del morbo. La risposta è stata pressoché identica: tutti in casa, nessun contatto sociale e aspettiamo. La vita ora scorre in un’atmosfera sospesa e irreale, nella quale è difficile fare progetti o pensare al passato. Tutto è fermo. Tutto è altrove.
Elia Moutamid racconta in Kufid i momenti salienti della sua quarantena: dai momenti iniziali alla tanto agognata fine; dal rientro del padre dal Marocco al ritorno in Italia di Silvia Romano, vissuto dallo schermo dei social. Proprio quest’ultimo fatto porta l’autore a ragionare in particolare sulla sua identità di italo-marocchino. Seppur nato in Marocco, a Fes, Elia ha vissuto quasi tutta la sua vita a Brescia fin dall’infanzia. La sua italianità è tale finché va tutto bene, ma poi qualcosa fa scattare nella mente dei suoi connazionali un automatismo e torna straniero, immigrato e islamico.
Kufid ci porta all’interno della casa e dei pensieri di un rispettato professionista lombardo, che non potendo realizzare il film che aveva in mente trova la maniera di trasporre lo stesso su pellicola le sue esperienze di vita. Elia Moutamid non racconterà più una Fes divisa tra antichità e modernità nella corsa verso la gentrificazione, ma un mondo sull’orlo del baratro, confuso e spaesato.
Il ritratto che ne scaturisce è intimo e intenso, ai limiti del poetico. L’arabo è la lingua che accompagna lo spettatore all’interno della menta del regista, mentre l’azione viene portata avanti con un marcato accento bresciano. Anche sul piano linguistico si riflette la composizione dell’identità di Moutamid. La vita quotidiana si veste di italianità, ma l’arte e la ricerca lo riportano in Marocco, nei luoghi dove la sua vita ebbe inizio. Non potendo raccontare la sua città natale la sua lingua natale diventa non solo un mezzo espressivo ma anche una vera e propria protagonista.
Kufid di Elia Moutamid è stato presentato al 38° Torino Film Festival ed è uscito nelle sale italiane il 17 giugno di quest’anno.
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