Nel 2017, Luca Guadagnino si è cimentato nella trasposizione cinematografica del romanzo di André Aciman Chiamami col tuo nome. A partire dalla sceneggiatura scritta da James Ivory, il regista ha creato una pellicola che condensa efficacemente una lucente atmosfera estiva, delle sensazioni autentiche e un delicato erotismo facendo sì che lo spettatore ne rimanga catturato.
Il film è ambientato nell’estate del 1983 e la maggior parte delle scene si svolge in una bellissima villa di campagna nel Cremasco. I protagonisti principali sono Elio (Timothée Chalamet), un diciassettenne italo-franco-americano cresciuto tra i libri e la musica che trascorre le vacanze in Italia, e Oliver (Armie Hammer), un affascinante studente americano di ventiquattro anni. Il primo è figlio di un professore universitario che, come ogni estate, apre le porte della loro incantevole residenza estiva per sei settimane a un ospite impegnato nella stesura di una tesi di dottorato. Questa circostanza permette ai due giovani di incontrarsi, scatenando fin dal primo momento una tensione reciproca di passione e fascinazione talmente forte da far paura e spingere così verso un’indifferenza forzata che, però, non può che sgretolarsi di fronte all’intensità del loro desiderio. I due ragazzi si ritrovano a vivere un’esperienza segnante e travolgente che consente loro di capire il significato dell’intimità più vera, profonda e sincera.
Probabilmente dalle mie parole emerge abbastanza chiaramente quanto mi piaccia questo film, così tanto da rientrare tra i miei preferiti. A chiunque mi abbia chiesto il motivo, tendo a dare quasi sempre la stessa risposta: innanzitutto perché mi ha colpito, e mi colpisce ogni volta che lo rivedo, la sensibilità e la delicatezza con cui viene raccontata la transizione adolescenziale di Elio che è una ricerca della propria identità sessuale, di una condizione che lo faccia sentire pienamente sé stesso con tutta la sua carica passionale, senza provare vergogna nel voler amare così intensamente.
Se però dovessi approfondire ulteriormente la mia risposta, penso che sia soprattutto perché io in questo film ci vedo della poesia, nella mimica degli attori, nei loro movimenti, nei quadri che risultano dal bellissimo lavoro della fotografia, nelle battute e nel ritratto, a parer mio, così veritiero e tangibile delle sensazioni, delle emozioni provate dai personaggi. Senza dimenticare poi la bellezza della frase che ha dato il titolo al libro e al film tradotta in italiano con Chiamami col tuo nome e io ti chiamerò col mio. Trovo commovente la decisione di aver rappresentato un sentimento così grande che spinge l’innamorato a donare il suo nome alla persona amata, pronta perciò ad accettare la totalità del suo proprio essere autentico e più intimo senza incertezze e senza inibizioni.
Per godersi al massimo la visione di questo film, credo possano risultare utili due consigli. In primo luogo consiglio la lettura del libro di Aciman che aiuta a cogliere le sfumature di significato nascoste dietro ad alcune scene e dei dettagli a cui il regista strizza abilmente l’occhio. In secondo luogo, si tratta di un film che vale la pena vedere in lingua, non solo perché penso che il lavoro di doppiaggio in italiano non renda giustizia alla versione originale, ma anche perché il continuo passaggio da una lingua all’altra è estremamente piacevole e stimolante.
Detto questo, non mi resta che invitarvi a regalarvi l’esperienza di vedere Chiamami col tuo nome e di lasciarvi avvolgere da questo racconto che vi aiuterà a trattenere ancora per un po’ il calore e l’intensità dell’estate che ormai se ne sta andando.
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