Sono molti i film la cui uscita nelle sale è stata rimandata a causa della pandemia, ma pochi titoli sono stati tanto attesi come la trasposizione cinematografica di Dune ad opera di Denis Villanueve. Il regista, conosciuto dal grande pubblico per il successo di film fantascientifici come Arrival o Blade Runner 2049, narra stavolta le vicende del pianeta Arrakis (meglio conosciuto come Dune) e delle casate che se ne contendono il predominio. Attraverso una narrazione fitta ma dal ritmo lento, Denis Villanueve da il via ad un progetto dalla portata enorme, che si presenta come una risposta della Warner Bros al Marvel Cinematic Universe.
Dune – Gli ingredienti per un cult
La narrazione ha inizio con la nomina della famiglia Atreides come nuova casata regnante sul pianeta Arrakis, preziosissimo per la produzione del melange, una spezia straordinaria utilizzata in molteplici settori. Se il duca Leto Atreides (Oscar Isaac) è preoccupato per i motivi che hanno spinto l’Imperatore a togliere la nomina alla crudele casata degli Harkonnen, suo figlio Paul (Timothée Chalamet – Chiamami con il tuo nome) è tormentato dai sogni di una ragazza Fremen, il popolo nativo di Arrakis/Dune. Lady Jessica (Rebecca Ferguson), madre di Paul e strega Bene Gesserit (ordine religioso) avverte il potere premonitore del figlio ed informa la veridica a capo dell’ordine. Dopo aver dato prova del proprio potere alla veridica, Paul e la sua famiglia si stabiliscono su Dune ma fin da subito le cose non andranno come previsto.

Questo è solo l’incipit della lunga storia che Villanueve e la Warner Bros si apprestano a raccontare, con la calma di chi sa che avrà a disposizione diversi film e spin off seriali per spiegare al meglio il complesso universo creato da Frank Herbert. Se la narrazione procede più lentamente, fin dalle prime scene la bellezza delle ambientazioni e la cura nelle atmosfere si dimostrano capaci di trasmettere sia la sacralità che la cruda forza del deserto, grazie al lavoro di Greig Freser, già direttore della fotografia di alcuni episodi della fortunata serie The Mandalorian. Ad esaltare il lavoro di Freser è la musica di Hans Zimmer, che con la sua maestosità è la ciliegina sulla torta di un film prodotto secondo la ricetta di mamma Hollywood per ottenere un cult.
Il mondo di Frank Herbert
Se nella narrazione di Villanueve sono evidenti i richiami a tipologie narrative quali il Trono di Spade o Star Wars, l’opera di Frank Herbert ha una sua precisa indentità, che ha ispirato ben più di un regista. Stiamo naturalmente parlando di Dune di David Lynch (Twin Peaks, Velluto Blu), film del 1984 che non ebbe il successo che sta riscuotendo il suo successore. Poco apprezzato dal pubblico a causa della trama fitta e complessa, fu ripudiato anche da Lynch a causa del montaggio finale, da cui fu escluso.
Anche Jodorowsky (La montagna sacra, La Danza della realtà) subì il fascino dell’opera e cercò di realizzarne una trasposizione cinematografica. Il progetto, recentemente raccontato in un docufilm, avrebbe visto la collaborazione di artisti del calibro di Salvador Dalì e Mick Jagger, i Pink Floyd per la colonna sonora e Moebius alle scenografie. Nonostante l’interesse suscitato, il progetto si rivelò troppo ambizioso sia da un punto di vista economico sia dal contenuto: Jodorowsky voleva realizzare un’opera che fosse più di un film, un’esperienza, qualcosa capace di cambiare l’immaginario collettivo. E per quanto questi progetti riscuotano successo nel pubblico, convincono di meno i produttori, concentrati più sul guadagno che sulla riuscita dell’opera.
Dune di Denis Villanueve è dunque solo il primo tassello di un universo ben più grande, un progetto in cui gli ingredienti sono dosati con estrema precisione per ottenere un cult dal successo assicurato.
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