Ariaferma è il nuovo lungometraggio di Leonardo Di Costanzo. Quest’ultimo, dopo L’intrusa e L’intervallo, porta sul grande schermo la storia di un vecchio carcere: dopo la sua dismissione, infatti, seguiranno problemi burocratici a causa dei quali verranno bloccati i trasferimenti di una dozzina di detenuti.

A pochi agenti verrà dato l’ingrato compito di sorvegliarli. Seguiranno sequenze dal forte impatto emotivo che di sicuro non possono lasciare indifferente il pubblico. Di Costanzo rievoca palesemente Il deserto dei tartari, ambientando il film in una realtà sospesa fuori dal tempo. Toni Servillo e Silvio Orlando, qui insieme per la prima volta, interpretano rispettivamente l’ispettore Gaetano Gargiulo e il detenuto Carmine La Gioia. I due attori partenopei lavorano di sottrazione, offrendo una performance memorabile ricca di sfaccettature che esula da sterili virtuosismi.
Da menzionare anche il talentuoso Fabrizio Ferracane nei panni di una guardia carceraria molto poco indulgente. Presentato fuori concorso all’ultimo festival di Venezia, Ariaferma è un lungometraggio ipnotico e controverso che scandaglia l’animo dei suoi personaggi.
L’opera in questione presenta molteplici chiavi di lettura. Per certi versi la cosa che accade durante la pellicola non può non farci tornare alla mente la quarantena nella quale, nostro malgrado, siamo stati confinati a causa della pandemia. Allo stesso modo dei personaggi del film, infatti, ci siamo ritrovati in un limbo pericoloso per la nostra salute mentale. Eravamo tutti nella stessa situazione, indistintamente dal nostro ceto sociale, proprio come accade nel film.
All’interno di quest’opera viene dimostrato che per curare l’anima di un essere umano è necessario farlo interagire con il suo prossimo, e non isolarlo. Ma attenzione; Di Costanzo non mette sullo stesso piano detenuti e guardie, in quanto, come asserirà Gargiulo in una scena molto eloquente del film i primi hanno fatto cose imperdonabili ed è giusto che paghino per questo.
Non è un caso che Gargiulo (Servillo) e La Gioia (Orlando) entrino in contatto dopo che nel carcere entrerà un giovane problematico di nome Fantaccini (Pietro Giuliano). Esso costituirà l’anello di congiunzione tra i due protagonisti in quanto grazie alla fragilità del ragazzo Gargiulo e La Gioia arriveranno a comprendere che prima delle scelte che li hanno portati ad essere gli uomini che sono, essi sono stati due giovani spaventati dalla vita, proprio come Fantaccini. Di conseguenza non c’è niente di male a provare reciproca compassione.
Correlato con il senso più recondito di Ariaferma risulta essere il seguente aforisma dello scrittore italiano Vittorino Andreoli: “E credo che il carcere debba essere un luogo di rieducazione e avere, dunque, le caratteristiche delle istituzioni educative, attente a tirar fuori dallo studente ogni elemento che gli permetta di diventare più utile alla società. Il carcere come camicia di forza, come immobilità per non far del male è pura follia, è antieducativo. Non appena viene tolto il gesso, c’è subito una voglia di correre e di correre contro la legge. Senza considerare l’assurdo di un luogo dove si accumula la criminalità, che ha un potere endemico maggiore di un virus influenzale”.
