Il regista piacentino Marco Bellocchio, nel film L’ora di religione (2002), racconta le vicissitudini di Ernesto Picciafuoco, un pittore ateo interpretato da Sergio Castellitto che verrà a conoscenza della volontà da parte dei suoi familiari di canonizzare la madre defunta. Il regista de I pugni in tasca (1965) e Il traditore (2019) si serve della trama come espediente al fine di mettere alla berlina l’ottusità e il fanatismo dilaganti all’interno della Chiesa.
Ernesto dopo essere rimasto comprensibilmente incredulo di fronte alla notizia dell’ambita santificazione della mamma entrerà in un febbrile vortice dantesco nel quale si troverà costretto suo malgrado a dover fare i conti con se stesso. Non a caso uno dei personaggi chiave del film si chiama Filippo Argenti, omonimo di un dannato presente nell’Inferno di Dante. Tutta la famiglia Picciafuoco, ad eccezione di Ernesto, aderirà alla causa per meri interessi economici e sociali.
In questa estenuante via crucis onirica il nostro protagonista si troverà reiteratamente coinvolto in circostanze esacerbanti che lo indurrebbero a convertirsi al cattolicesimo. L’ora di religione è una pellicola disturbante e fortemente controversa in cui Bellocchio accenna anche al decadimento sociale di un certo tipo di nobiltà. Il lungometraggio in questione inoltre raggiunge impavidamente l’apoteosi della blasfemia in una sequenza dal forte impatto emotivo in cui un personaggio imprecherà due volte.
Sergio Castellitto offre una performance straordinaria, suggellando ancora una volta tutta la sua versatilità e il suo sconfinato talento. Il suo Ernesto è un uomo costantemente in bilico tra la certezza e l’incertezza, in quanto le sue convinzioni in ambito religioso verranno messe costantemente a dura prova. L’ora di religione infatti la si può anche considerare come un’opera che pone un’interessante riflessione sulla coerenza. Bellocchio mostra allo spettatore che in talune circostanze non è facile riuscire a mantenerla.
D’altronde come ha asserito l’indimenticato poeta statunitense E.E. Cummings: “Non essere altro se non te stesso – in un mondo che fa del suo meglio notte e giorno per renderti un altro – significa combattere la battaglia più ardua che un essere umano possa combattere; e non smettere mai di lottare.”
Risulta doveroso menzionare la talentuosa Piera Degli Esposti, recentemente scomparsa. L’attrice bolognese è divina nei panni di zia Maria, una donna opportunista e cinica. Ruolo che fece vincere alla compianta interprete l’agognato David di Donatello come Miglior Attrice Non Protagonista.
Uscito nelle sale italiane nel 2002, L’ora di religione ha ricevuto critiche eccelse; in molti lo hanno definito come uno dei lavori migliori di Bellocchio. Indubbiamente, che piaccia o meno, si tratta di un film da vedere, se non altro per la sua atipicità e il suo coraggio. Il regista emiliano non osa prendere posizione in merito alla fede, lasciando decidere intelligentemente al pubblico se sia giusto o meno credere in Dio. Tuttavia Bellocchio ci dice che sia gli atei che i cristiani possono ambire al conforto dell’immortalità. Per raggiungerla è sufficiente che essi non si scordino mai del loro primo amore.
L’ora di religione sembra quasi voler comunicare allo spettatore che non si può prendere sul serio un’istituzione che non tollera il sorriso.
Leggi anche: Marx può aspettare – Bellocchio e la metà più nascosta di sè
Lascia un commento