Non è giusto che siano i giovani a pagare per gli errori dei padri, eppure questa regola non sempre è stata rispettata e non viene rispettata tutt’ora, specialmente alla luce di ciò che sta avvenendo nella nostra società e in tutto il mondo; e questo comprende varie problematiche, dalla mala politica al cambiamento climatico. A partire dalla fine della Seconda Guerra Mondiale i debiti accumulati dai genitori sono stati messi sul conto della progenie, la quale non è riuscita più a credere in un futuro migliore. Ma è giusto fare pagare le spese ai figli? È questa la tematica principale del film Land of Mine, diretto nel 2015 dal danese Martin Zandvliet.
Scritto dallo stesso Zandvliet, Land of Mine, tradotto letteralmente “La mia terra” ma anche “terra di mine”, racconta le cicatrici della Danimarca lasciate dalla guerra e dalla follia nazista che, dopo la fuga dei gerarchi, ha lasciato il popolo e in particolar modo i più giovani a dover rimediare per gli sbagli di coloro che hanno portato la razza umana sul baratro della pazzia e della corruzione. Da una parte c’è l’amore per la patria e il rancore nei confronti di un conflitto non voluto, non cercato. Dall’altra, tuttavia, c’è l’elemento giovanile che si scontra con quello degli adulti e che, nonostante il retaggio, rappresentano pur sempre la vera speranza.
La trama di Land of Mine (2015)
Per la paura che lo sbarco degli anglo-americani potesse avvenire sulle coste della Danimarca, l’esercito tedesco aveva fatto di quel luogo un enorme campo minato. Con la fine della guerra e la resa definitiva della Germania nel 1945, le autorità danesi decidono di dare ad alcuni prigionieri nazisti l’incarico di sminare la costa danese, come pena per i loro crimini perpetrati duranti il regime di Hitler e il conflitto.
Tuttavia, buona parte di questi prigionieri altro non sono che semplici ragazzini, colpevoli solo di aver indossato una divisa, quella della gioventù hitleriana. A capo di questa spedizione punitiva c’è il sergente Carl Leopold Rasmussen, il quale comanda il gruppo di giovani tedeschi con durezza e attraverso un non velato disprezzo. Disprezzo che nel corso di questa delicata missione si trasformerà prima in un rapporto più tollerante, per poi essere anche lui trafitto dall’innocenza dei suoi giovani prigionieri diventando nei loro confronti un amico e un padre comprensivo.
Da una giovinezza rubata a un futuro ancora salvabile
Land of Mine, tratta svariati temi, Uno di questi è quello della Seconda guerra mondiale e del periodo immediatamente successivo alla fine del conflitto; tema questo già ampliamente sfruttato in passato e in pellicole di grande successo. Tuttavia, il regista lo fa con freschezza e con una storia nuova e non banale, riportando alla luce la memoria storica della Danimarca. C’è il tema della guerra ma soprattutto quello dell’età dell’innocenza e il tema dell’incomprensione tra la vecchia e la nuova generazione.
Quella adulta è impersonata dal personaggio del sergente Rasmussen, interpretato da Roland Møller. Questi, uomo intransigente e con un atteggiamento assolutamente sprezzante nei confronti degli invasori nazisti, guida i carcerati in questa pena da vero e proprio girone dantesco. Rasmussen, che ama il suo paese e ha lottato per la libertà, finisce col fare lo stesso gioco dei nemici, riversando il suo odio e il suo rancore su dei giovani ed innocenti esseri umani, la cui unica colpa è stata quella di appartenere ad una nazione guidata da individui al limite della follia.
Ma ecco che lo zelo e il rigore del sergente danese si rompono quando capisce che è ormai inutile accanirsi e che è forse più giusto e ragionevole dare a questi orfani di patria una chance. Non tutti riusciranno a scampare alla condanna e molti di quelli che resteranno illesi continueranno a provare solo un profondo senso di dolore e di stanchezza nei confronti della loro stessa esistenza. Quelli come il giovane Sebastian Schumann (Louis Hoffman), invece, avranno abbastanza forza e abbastanza coraggio da andare avanti e continuare a vivere.
A differenza di un racconto di Franz Kafka, in cui l’unica cosa ad essere chiara è la pena o il destino del protagonista, nel film di Zandvliet è chiara la motivazione, ma ingiustificata perché fatta ricadere su fanciulli. E gli altri temi a cui Zandvliet attinge e che nasconde sotto la sabbia della costa danese sono la morte, la giovinezza depredata e la purezza di esseri che, sebbene contaminati, hanno ancora tutta la vita per poter espiare le proprie colpe. L’importanza data ai giovani, che ora come ora sembra essersi perduta, in Land of Mine diventa il fulcro attorno al quale ruota gran parte del film. Nonostante siano tedeschi è proprio Rasmussen a capire che il futuro non è più nelle mani né dei nazisti né nelle sue, bensì in quelle dell’adolescente, del bambino, uguale e puro a tutti i bambini del mondo; perché come recita la commedia Filumena Marturano scritta dal grande Eduardo De Filippo, “I figli sono tutti uguali”.
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