Le mani sulla città – Il cult di Francesco Rosi con Rod Steiger

Uscito nel 1963, Le mani sulla città è un gioiello nella filmografia di Francesco Rosi. Oltre ad essere stato insignito di numerosi riconoscimenti, questo capolavoro occupa la lista dei 100 film italiani da salvare assieme ad altri cult diretti dallo stesso regista come Cadaveri eccellenti, I magliari e Salvatore Giuliano. Questo film d’inchiesta, incentrato sulla speculazione edilizia a Napoli, consente a Rosi di essere, al pari di altri immensi napoletani come Eduardo De Filippo, uno scrupoloso osservatore dei pregi e dei difetti di una città amata e odiata allo stesso tempo.

“È passata ‘a prucessione e pure chesta è tradizione. Se ne cadeno ‘e palazze e a nuje ce abbrucia ‘o mazzo. ‘A città è cchiù pulita, ma ognuno mette ‘o dito e ce vo’ mangnà’, ce vo’ mangnà’”. Tali versi, che compongono la canzone Ce sta chi ce penza, brano che fa parte dell’album del 1977 Terra mia di Pino Daniele, riassumono con leggerezza i problemi di questa città e in un certo qual modo anche il film di Rosi. Quest’ultimo, con la complicità di Raffaele La Capria in fase di sceneggiatura, redige una cronaca drammatica che fonda le sue basi sulla corruzione e sulla speculazione figlia del Boom economico, e perciò di un periodo florido da una parte ma che ha dato il via, dall’altra, a tutta una serie di torbidi magheggi che non hanno fatto altro che arricchire ancora di più il ricco e lasciare il povero nella più totale indigenza.

Un cancro questo che si è fatto strada per tutta Italia, eppure Rosi, da napoletano, preferisce descrivere tale morbo partendo proprio da Napoli, la città più bella, più brutta, più libera, più disgraziata, più poetica e problematica d’Italia. Molti ne hanno cantato i pregi, altri si sono fatti beffe delle sue mancanze. Rosi, essendo un autore che si è sempre contraddistinto per le sue battaglie sociali e per sue opere d’impegno civile, dirige una vera e propria denuncia contro una società fuorviata da amministratori disonesti e individui della peggiore specie.

La trama di Le mani sulla città (1963)

Le mani sulla città è un film diretto dal regista Francesco Rosi

Edoardo Nottola (Rod Steiger) è uno spregiudicato costruttore edile nonché consigliere comunale di un partito di destra. All’inizio del film, infatti, vediamo Nottola esporre ai suoi collaboratori il nuovo progetto di espansione della città. Tuttavia, mentre questo avviene, in un quartiere popolare di Napoli gli operai di Nottola durante il lavoro provocano il crollo di una vecchia palazzina che uccide due persone rendendone un’altra paralizzata.

Tale episodio scatena la furia dei partiti di opposizione che in men che non si dica predispongono una commissione d’inchiesta per indagare sulla speculazione edilizia in città e inoltre sulla legittimità dei lavori messi in cantiere da Nottola. Quest’ultimo, tuttavia, riesce a corrompere i funzionari e a farla franca, e non contento fa di tutto per coronare il suo sogno, ovvero quello di diventare il nuovo assessore all’edilizia. Fatte crollare le accuse nei suoi confronti e messi a tacere gli avversari, Nottola alla fine riesce nell’impresa e il film di Rosi si chiude sul “protagonista” che, assieme al sindaco, mostra il piano d’espansione alla presenza di cardinali e ministri.

Rosi e la critica alla società e alla politica italiana

La scena del crollo.

Nelle sue pellicole Rosi non ha mai nascosto i suoi valori e nemmeno quell’ardente critica sociale che lo ha guidato in progetti indimenticabili come il già citato Cadaveri eccellenti, Uomini contro o Cristo si è fermato a Eboli, tratto dal romanzo omonimo di Carlo Levi. In Le mani sulla città l’analisi sociale si sposta all’inizio degli anni Sessanta, cioè nel bel mezzo dell’espansione economica, e la critica è soprattutto rivolta alle alte sfere della politica.

Rosi, con i giochi di poteri fra i partiti di destra e sinistra e la corruzione di abili imprenditori, fotografa la Napoli e quindi l’Italia degli anni Sessanta. Non manca la cinica rappresentazione di una classe politica che è legata agli ambienti della DC e a quelli dell’estrema destra. Eppure, anche la sinistra ottiene la sua critica attraverso l’incarnazione di una forza politica che si dichiara rinnovatrice ma che invece altro non fa che il medesimo gioco degli altri. In mezzo c’è una società malata e povera ma che si nasconde dietro una maschera di apparente benessere. Quel benessere che, come abbiamo detto prima, non lascerà un paese ricco; nonostante l’espansione e lo sviluppo essi si ritroverà ancora più impoverito, stanco e indebitato.  

La Napoli fotografata da Rosi è ben distante da quella alla quale siamo solitamente abituati. Le mani sulla città ci porta all’interno della burocrazia e della corruzione, e se all’esterno è tutta una musica, un cielo sereno, un canto per i vicoli e una costante commedia pubblica, dietro c’è la vera mano del burattinaio, di un governo di veri e propri malandrini e sfruttatori.

Rod Steiger, un antagonista come se ne sono visti tanti

Protagonista di questa parabola sempre attuale e tragica, c’è forse uno dei più grandi attori del cinema americano. Rod Steiger, che aveva ricevuto una candidatura nel 1954 per il ruolo di Charley Malloy in Fronte del porto e che otterrà la tanto ambita statuetta nel 1968 per il film La calda notte dell’ispettore Tibbs, ci regala un’interpretazione straordinaria. L’unico americano in mezzo ad una sfilata di soli volti italiani, tra i quali spiccano per bravura e importanza, Salvo Randone nel ruolo del sindaco De Angelis e Guido Alberti in quello di Maglione. Il resto del cast è composto da attori non professionisti e da veri e propri giornalisti la cui partecipazione permette all’opera di Rosi di andare ben oltre il semplice film di finzione, e di raggiungere il realismo del documentario.

“I personaggi e i fatti qui narrati sono immaginari, è autentica invece la realtà sociale e ambientale che li produce”

Per tornare a Steiger e al suo Nottola, egli è uno speculatore e un imprenditore che, come molti, in questo periodo hanno fatto la loro fortuna senza scrupoli e pietà. Nonostante il suo sia un ruolo da antagonista, questo antieroe riesce lo stesso a catturare l’attenzione dello spettatore, il quale si ritrova rapito dalle sue attività, sebbene non proprio nobili. Quasi facciamo il tifo per lui quando rischia di avere guai con la giustizia ma poi Rosi cerca di riportarci sulla buona strada.

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