Poveri ma belli (1957)

Poveri ma belli – Il triangolo amoroso non banale di Dino Risi

Uscito nelle sale italiane nel lontano 1957, Poveri ma belli è considerato oggi un classico intramontabile del nostro cinema. Diretto con mestiere da Dino Risi, uno dei padri dell’imperitura commedia all’italiana, il film in questione racconta le vicende amorose di Romolo, interpretato da Maurizio Arena, e Salvatore, interpretato invece da Renato Salvatori, due impenitenti scapoli di borgata che passano il loro tempo a correre dietro alle ragazze.

I due sono amici da una vita e abitano nello stesso palazzo situato in piazza Navona. La loro goliardica routine finisce quando Romolo e Salvatore si innamorano entrambi di Giovanna (Marisa Allasio), una ragazza avvenente e solare che li fa capitolare. Renato Salvatori e Maurizio Arena sono perfetti nei panni di questi due maschi alfa popolani. La stessa Marisa Allasio incarna egregiamente questa giovane donna che simboleggia chiaramente l’emancipazione femminile. Meritevoli di una menzione speciale risultano inoltre gli esilaranti Memmo Carotenuto e Mario Carotenuto. Quest’ultimi contribuiscono in maniera significativa alle sequenze più spassose del lungometraggio.

Completano il cast Ettore Manni, Lorella De Luca, Alessandra Panaro e Virgilio Rento.

Selezionato tra i 100 film italiani da salvare, Poveri ma belli è un gioioso affresco generazionale degli anni ’50, un periodo storico che si affacciava al cosiddetto boom economico del decennio successivo.

Dino Risi, con la collaborazione di Pasquale Festa Campanile e Massimo Franciosa in fase di sceneggiatura, tratteggia in modo sublime individui ottimisti e fortemente inclini alla felicità. Non è un caso che i protagonisti della pellicola in questione siano di bassa estrazione sociale. Il regista de Il sorpasso e Profumo di donna infatti si serve del suddetto espediente per mostrare allo spettatore che anche senza essere benestanti si può ambire alla gioia di vivere.

Pertinente a tal proposito risulta essere il seguente aforisma del celebre poeta libanese Khalil Gibran: “Le persone più felici non sono necessariamente coloro che hanno il meglio di tutto, ma coloro che traggono il meglio da ciò che hanno.” Romolo, Salvatore, Giovanna e il resto dei personaggi, pur vivendo in uno status di indigenza, hanno una voglia contagiosa di vivere la vita a trecentosessanta gradi non rinunciando talvolta ad una sana dose di egoismo.

Poveri ma belli, alla sua uscita, mise d’accordo sia il pubblico che la critica. Sull’onda di questo straordinario successo Risi realizzò addirittura due sequel, intitolati rispettivamente Belle ma povere (1957) e Poveri milionari (1959). Nel secondo e terzo capitolo di questa vera e propria trilogia verranno mantenuti sostanzialmente gli stessi protagonisti e assisteremo alla loro evoluzione.

Il pluripremiato regista milanese diresse addirittura nel 1996 una sorta di pallido remake intitolato Giovani e belli che aveva nel cast Anna Falchi, Carlo Croccolo e Ciccio Ingrassia fra i tanti. Il risultato fu però deludente.

Meno banale di quanto sembri, Poveri ma belli è un’efficace critica di costume garbata e romantica che non scivola mai nel pecoreccio. Qualora non l’ abbiate vista dunque recuperate questa commedia giovanile che ha anche il grande merito di rievocare una Roma verace e genuina che non esiste più. Quella stessa città che ispirò Federico Fellini per la realizzazione de La dolce vita.

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