Nel lontano 2001 usciva al cinema La città incantata, l’Anime diretto da Hayao Miyazaki che ebbe il merito di consacrare definitivamente le opere d’animazione di produzione giapponese.
Il film, liberamente ispirato al romanzo fantastico Il meraviglioso paese oltre la nebbia della scrittrice Sachiko Kashiwaba, narra le vicissitudini di Chihiro, una bambina di dieci anni che, durante un trasloco, si ritroverà catapultata assieme ai genitori in un mondo fantastico dominato dalla terribile strega Yubaba e popolato da spiriti e altre creature magiche.
Una volta arrivati nel luogo in questione il padre e la madre di Chihiro si trasformeranno in due maiali. A seguito di questo increscioso avvenimento la piccola, con l’ausilio del fedele Haku, dovrà superare molteplici insidie. La città incantata è un vero e proprio film di formazione ricco di allegorie che si serve dell’animazione per enfatizzare il suo nobile significato.
Miyazaki non rinuncia a portare sul grande schermo i suoi consueti stilemi narrativi quali l’ambientalismo, il volo, l’amore e il conflitto tra bene e male. Inoltre, l’osannato regista giapponese, come spesso accade nel suo cinema, affida il ruolo di protagonista a una donna. La città incantata nella quale si ritrova Chihiro simboleggia lo spartiacque che intercorre tra l’infanzia e l’adolescenza. La bambina, infatti, durante quest’avventura dovrà affrontare situazioni che implicano coraggio, altruismo, gentilezza, umiltà, astuzia e intelligenza. Tutte caratteristiche possedute da chi cresce nel modo giusto.
La protagonista si troverà per la prima volta a dover affrontare il mondo esterno senza i genitori che la proteggono. Non è un caso che letteralmente Chihiro significhi “essere alla ricerca”. La giovane infatti sta cercando il suo nuovo “Io”, che le permetterà di affrontare una nuova tappa della sua esistenza. Acclamato all’unanimità dalla critica, La città incantata è considerato un capolavoro. Tanto da aggiudicarsi l’Orso d’oro al Festival internazionale del cinema di Berlino e financo il premio Oscar per il miglior film d’animazione nel 2003.
La pellicola è inoltre impreziosita dall’usuale qualità tecnica del celeberrimo Studio Ghibli. Le seguenti parole dell’ex direttore della mostra del cinema di Venezia Marco Müller sintetizzano molto efficacemente la cifra stilistica del cinema di Miyazaki: “La filosofia di Miyazaki unisce romanticismo e umanesimo a un piglio epico, una cifra di fantastico visionario che lascia sbalorditi. Il senso di meraviglia che i suoi film trasmettono risveglia il fanciullo addormentato che è in noi”.
La città incantata è una gioia per gli occhi e per l’anima da vedere e rivedere, per carpire ogni volta sfumature nuove. Joseph Conrad una volta disse: “È il privilegio della prima giovinezza di vivere in anticipo sui propri giorni, in quella bella continuità di una speranza che non conosce né pause né introspezione. Ci si chiude alle spalle il piccolo cancello della fanciullezza e si entra in un giardino incantato, dove anche le ombre splendono di promesse e ogni svolta del sentiero ha una sua seduzione. Non perché sia una terra inesplorata. Si sa bene che tutta l’umanità è passata per quella stessa strada. È il fascino dell’esperienza universale da cui ci si aspetta una sensazione non comune o personale: un pezzetto di sé stessi. Riconoscendo le orme di chi ci ha preceduto, si va avanti, eccitati e divertiti, accogliendo insieme la buona e la cattiva sorte – le rose e le spine, come si suol dire– il variegato destino comune che ha in serbo tante possibilità per chi le merita o, forse, per chi ha fortuna”. Le parole del celebre scrittore polacco condensano stupendamente il sentimento e il significato generale de La città incantata.
Il regista di Porco Rosso e Il castello errante di Howl, sprona lo spettatore ad affrontare gli ostacoli piuttosto che evitarli. Solo così potremmo fare della nostra vita una meravigliosa città incantata.
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