Non aprite quella porta – Gli anni 2000 e il torture porn

Dopo l’originale del 1974 e i 3 film, sequel e remake, girati negli anni ’80 e ’90, Non aprite quella porta torna a rinascere nel 2003 con un remake girato da Marcus Nispel. A questo remake si ricollega direttamente il prequel del 2006: Non aprite quella porta – L’inizio, di Jonathan Liebesman.

E’ opportuno parlare dei due film insieme perché la storia, i personaggi e gli attori sono esattamente gli stessi e, anche se usciti a distanza di ben 3 anni, sembra che il primo sia stato realizzato prevedendo già il secondo, tanto quest’ultimo si preoccupa di spiegare ogni dettaglio del precedente. I registi, però, sono diversi e quindi è probabilmente solo un’impressione e Liebesman è stato semplicemente bravo a trovare spiegazioni a posteriori, cavalcando l’onda del successo che Non aprite quella porta (2003) stava ottenendo.

L’evoluzione del genere negli anni 2000

In mezzo ai due film escono Saw – L’enigmista (2004) e Hostel (2005) – i film americani più splatter mai girati – e il loro effetto si nota in Non aprite quella porta – L’inizio che è molto più splatter rispetto a quello del 2003. Se non siete amanti del genere, vi suggerisco di guardare la saga solo fino al 2003, facendo uno strappo alla regola solo per Non aprite quella porta (2013).

Negli anni 2000 viene coniata l’espressione torture porn per riferirsi a un tipo di splatter nuovo, che inizia con Saw, che mostra torture e massacri in tutta la loro interezza senza lasciare nulla all’immaginazione, come in un film porno avviene nei confronti del sesso. Sono anni di particolare successo per questo sottogenere (Saw sarà anche una delle saghe horror più prolifiche del nuovo secolo).

Lo splatter torna in voga soprattutto a seguito della diffusioni di immagini e racconti delle torture realizzate dall’esercito americano in Iraq e a Guantanamo. Il riferimento agli orrori di guerra si trova esplicitato in Non aprite quella porta (2006); infatti, la tragedia vissuta dai protagonisti, fatti a pezzi senza motivo da una violenza psicopatica, ha le sue radici nella guerra in Corea. Una guerra in cui lo spietato protagonista (che qui non è Faccia di cuoio ma suo zio adottivo, Charlie) ha sofferto terribili torture che ora infligge a chiunque gli capiti a tiro. Una guerra in cui ha dovuto uccidere senza pietà e cibarsi dei suoi compagni per sopravvivere, cosa che lo ha spinto a reagire nella stessa maniera di fronte alla carestia in Texas.

Non aprite quella porta (2006) – La trama

Come accennato, il film di Liebsman è un prequel, cioé narra le vicende precedenti a quelle del film principale. In questo caso, il film si propone di spiegare la nascita di Faccia di cuoio, il protagonista mascherato di Non aprite quella porta. Se si desidera guardare la saga in ordine cronologico, dunque, si deve guardare prima questo e poi Non aprite quella porta (2003).

A differenza dell’originale (1974), in questi due film, Faccia di cuoio non è Jed Sawyer ma Thomas Hewitt. Thomas nasce da una madre single che muore dandolo alla luce dentro al mattatoio dove lavora. Il padrone del mattatoio, che ne è probabilmente il padre, dopo aver scoperto che Thomas è deforme, decide di abbandonarlo in un cassonetto. Qui, il bambino viene trovato da Luda Hewitt. La famiglia Hewitt è la vera protagonista di questo film e Faccia di cuoio viene rappresentato come un ragazzo con un deficit, deviato dalla famiglia e non realmente malvagio.

Faccia di cuoio cresce lavorando al mattatoio, ma una pestilenza porta la città alla più totale carestia. Il mattatoio cade in rovina e con esso tutta la zona. Tutti lasciano la città ad eccezione della famiglia Hewitt che, su idea di Charlie, inizierà a cibarsi dei poveri che malcapitano da quelle parti. È Thomas l’incaricato di preparare le loro carni, come faceva nel mattatoio con le mucche. La madre realizza poi stufati, conserve e insaccati.

Thomas, inoltre, sviluppa una perversione per la pelle delle sue vittime e, tentando di nascondere la deformità del proprio viso, inizia a strappare la faccia ai ragazzi che uccide per indossarla.

L’horror adolescenziale

Lo schema narrativo di questo prequel segue quello di Non aprite quella porta (1974). Infatti, dopo una breve introduzione sull’infanzia di Thomas, vediamo sulla scena 4 ragazzi, due fratelli e le loro fidanzate, che viaggiano su un van per gli USA, come ultimo viaggio insieme prima di partire per il Vietnam.

I quattro incapperanno in Charlie che, fingendosi sceriffo, li porterà a casa da Thomas per mangiarseli. Anche questo film, quindi, può inserirsi nel sottogenere dell’horror adolescenziale on the road in cui i protagonisti sono dei giovani ragazzi che viaggiando incontrano l’orrore. Una caratteristica di questo genere suole essere anche la rappresentazione sessualizzata del gruppo che è sempre composto da ragazze e ragazzi, spesso fidanzati tra loro, sempre bellissimi e frequentemente mostrati poco vestiti.

A differenza dei film precedenti, in questo prequel è presente una buona dose di tensione e suspense data dal fatto che una delle ragazze del gruppo riesce a passare inosservata e ad attuare un piano per tentare – anche se invano – di salvare i suoi amici. Lo spettatore rimane col fiato sospeso sperando di vederla trionfare.

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Non aprite quella porta (2003) – La trama

Il film del 2003, dunque, anche se girato prima, nella sequenza cronologica della trama è successivo. Infatti, è un remake dell’originale del 1974. Racconta la storia di cinque giovani che di ritorno dal Messico si imbattono in Faccia di cuoio e in suo zio Charlie.

I ragazzi sono inizialmente 4, Erin con il fidanzato e due amici. A questi si aggiunge una autostoppista di nome Pepper. Sia le relazioni che legano i cinque che le motivazioni del loro viaggio sono molto diverse rispetto al film originale del 1974. Il gruppo di cinque, nel primo film, caricava un autostoppista che poi si rivelava membro della famiglia Sawyer, qui invece i ragazzi caricano una giovane, una vittima scampata dalla furia di Faccia di cuoio.

Questa, salita in macchina, cerca di convincere i ragazzi a cambiare direzione ma, accorgendosi di stare tornando verso la casa degli Herwitt, tira fuori una pistola e si spara in gola. Il gruppo dovrà allora contattare lo sceriffo per denunciare l’accaduto, peccato che lo sceriffo sia Charlie Herwitt.

Come nell’originale, Faccia di cuoio ucciderà tutti tranne la ragazza principale, Erin.

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Differenze e somiglianze

In questo primo film è assente l’elemento del cannibalismo che è però molto insistito nel prequel e anche in Non aprite quella porta (1974). A differenza di questo primo film, nelle opere degli anni 2000, scompare anche completamente l’uso dei corpi umani come elemento di arredo, che era, a mio parere, un dettaglio conturbante e narrativamente ben riuscito.

Un elemento che invece rimane è la falsa dichiarazione iniziale, presente in entrambi i film (2003 e 2006), che si tratti di una storia vera. Questo elemento viene talmente accentuato che Non aprite quella porta (2003) inizia e finisce con un finto documentario girato nella casa degli Herwitt a distanza di anni dagli omicidi.

Non aprite quella porta del 2003 è meno splatter e meno ad alta tensione rispetto a quello del 2006 che è, a mio parere, uno dei più belli della saga. In quello del 2003 qualche scena è particolarmente ben riuscita da un punto di vista visivo e narrativo: quella del suicidio della ragazza e quella in cui Erin si rende conto che l’uomo che la insegue con una motosega indossa il volto del suo fidanzato scomparso.

I film del 2000 hanno avuto successo perchè sono effettivamente ben fatti e belli da riguardare uno dopo l’altro, scoprendo il meccanismo del prequel. A differenza degli altri splatter più iconici di quegli anni, Non aprite quella porta aggiunge alla semplice tortura una buona storia che fa paura già di per sè.

Leggi anche: Non aprite quella porta – La saga che ha cambiato la storia del cinema horror

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