L’ombra di Caravaggio – Il pittore degli “ultimi” visto da Michele Placido

L’ombra di Caravaggio è l’ultimo film scritto e diretto da Michele Placido, e interpretato da Riccardo Scamarcio. Molti registi nel corso degli anni hanno raccontato le vicissitudini del pittore Michelangelo Merisi, detto “il Caravaggio”.

L’ombra di Caravaggio, di Michele Placido.

Il primo a farlo fu Goffredo Alessandrini nel lontano 1941, affidando il ruolo dell’inquieto e rissoso artista ad Amedeo Nazzari. Successivamente si sono alternati lungometraggi, documentari e mediometraggi aventi il medesimo tema. Derek Jarman, Mario Martone, Jesus Garces Lambert, Francesco Fei e tanti altri si sono cimentati ognuno a modo loro nel raccontare quella che per certi versi si può definire una vera e propria rockstar ante litteram del XVII secolo.

L’ombra di Caravaggio, diretto dall’inossidabile Placido, si apre con la fuga da parte del protagonista da Roma verso Napoli, avvenuta nel 1609, dopo essere stato condannato alla pena capitale a causa di un omicidio da lui commesso ai danni dello storico rivale Ranuccio. Nella città partenopea il pittore trova rifugio presso la famiglia Colonna, da sempre sua sostenitrice, in attesa che Papa Paolo VI decida se concedere o meno la grazia al Merisi.

Nel frattempo il pontefice incarica un suo adepto di indagare sulla vita di Caravaggio al fine di avere un quadro più chiaro che lo aiuti nel giudizio finale. L’inquisitore a cui è stato affidato il compito interroga tutte le persone vicine al pittore degli “ultimi” per antonomasia. Espediente, questo, che permetterà di ricostruire gli avvenimenti più significativi della vita del tormentato artista milanese.

Placido non realizzava un film da regista dal lontano 2016, anno in cui uscí in sala 7 minuti. Se dopo tanti anni ha deciso di tornare dietro la macchina da presa significa che sentiva il bisogno di dire qualcosa, e lo ha fatto in modo magistrale. L’ombra di Caravaggio non si limita ad essere l’ennesimo biopic ma scava più in profondità, raccontando l’essenza stessa dell’arte caravaggesca. La splendida fotografia di Michele D’Attanasio, che nel corso della pellicola alterna luci e ombre, rappresenta un vero e proprio omaggio a colui che, proprio tramite l’utilizzo della tecnica del chiaroscuro, ha rivoluzionato la pittura barocca del XVII secolo, donandole tridimensionalità.

Ma la cosa su cui il regista di Romanzo criminale e Vallanzasca pone maggiormente l’accento in questa sua ultima fatica è la predilezione da parte del Merisi nel ritrarre gli emarginati, in quanto egli voleva raffigurare il dolore nella sua universalità. E questo non può che essere incarnato da prostitute, alcolizzati e omosessuali fra i tanti, ovvero tutte quelle categorie bistrattate dalla società. In questo il Caravaggio fu un autentico rivoluzionario che osò sfidare la chiesa dipingendo per la prima volta il reale, eludendo così il proverbiale manierismo rinascimentale di rinomati pittori come Michelangelo, Raffaello, Tiziano o Leonardo.

La macchina da presa si sofferma quasi morbosamente sui corpi, mostrando allo spettatore che dai medesimi possiamo conoscere la storia di una persona. Scamarcio nei panni di Caravaggio è monumentale. L’attore pugliese diventa Caravaggio, infondendogli tutta la passionalità e l’inquietudine che lo caratterizzavano. Louis Garrel, nei panni dell’ombra che aleggia sul pittore, fa tornare alla mente la morte de Il settimo sigillo di Ingmar Bergman.

Completano il sontuoso cast un’appassionata Micaela Ramazzotti nel ruolo della prostituta Lena, un’affascinante Isabelle Huppert in quello di una protettrice di Caravaggio, il versatile Vinicio Marchioni, Gianfanco Gallo, Alessandro Haber nei panni di un barbone alcolizzato e lo stesso Placido nelle vesti di un cardinale libertino e tanti altri.

Michele Placido, Louis Garrel e Riccardo Scamarcio durante le riprese de L’ombra di Caravaggio.

Doverosa risulta una menzione speciale a Tonino Zera e Carlo Poggioli per l’eccellente lavoro svolto in fase di scenografia e nel reparto dei costumi. La Roma barbarica del Seicento è infatti mostrata divinamente. L’ombra di Caravaggio è un’opera monumentale ed epica senza tempo, alla stregua del suo protagonista. Pertinente con il film risulta essere il seguente aforisma del drammaturgo cileno Alejandro Jodorowsky: “Uno dei grandi problemi della creatività è la morale. La morale incatena l’immaginario. Bisogna essere coraggiosi e prescindere da questo strumento”.

Vi invito dunque ad andare in sala a vedere le vicissitudini di un artista per certi versi antesignano di quella corrente pasoliniana che, nel bene e nel male, spronava le persone ad amare il suo prossimo, indipendentemente dallo status sociale a cui apparteneva. E si sa, Amor vincet omnia!.

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