V per Vendetta – Ricorda per sempre il 5 Novembre

Il capolavoro di Alan Moore V per Vendetta viene toccato dalla penna delle sorelle Wachowski per essere poi girato dal loro collaboratore James McTeigue. Il risultato? Un cult del cinema contemporaneo.

Il film ci mostra un futuro distopico in cui l’Inghilterra ha esteso i confini del suo impero ed è governata da un partito violento, militarista e dittatoriale. Come ogni dittatura, anche il fascismo dell’alto cancelliere Sutler (John Hurt) si impone come unica soluzione alle crisi, il popolo non sa però che queste crisi è lo stesso partito ad averle scatenate. Servirà il fantasma del Natale passato, l’unico sopravvissuto alle sperimentazioni umane segrete del partito: V (Hugo Weaving), un superumano che ha giurato vendetta. Armato dalla sua maschera di Guy Fawkes, seguiremo la realizzazione della nuova Congiura delle polveri da lui architettata, supportato da Evey (Natalie Portman), mentre sulle loro tracce sarà sguinzagliato il capo ispettore Finch (Stephen Rea). Messa in scena su tre binari e con tre personaggi principali, la sceneggiatura ci commuove riguardo il legame inscindibile tra umanità e libertà.

“Le mille indegnità della natura scivolano su di lui”

Il film presenta un comparto tecnico di più che rispettabile. La fotografia sottolinea le ombre e il nero, così da generare un perfetto clima di sospetto e tensione a toni distopici. Gli effetti speciali fanno capolino nel film e McTeigue ci mostra di chi è allievo: il bullet time è perfettamente eseguito nella scena di combattimento finale e le esplosioni, con quelle musiche e quelle inquadrature, rendono la distruzione epica e liberatrice. Gli interni sono girati in maniera molto interessante ed è ancora la narrazione che permette di comprenderne il valore: V compare per la prima volta in scena citando la presentazione di Macbeth di Shakespeare e attraversando un arco di pietra che ricorda sapientemente un sipario teatrale, e non è un caso perché V a tutti gli effetti è un personaggio del teatro: entra dal sipario, gesticola e parla attraverso citazioni e monologhi sempre dirompenti; la maschera, il costume, perfino le armi e i capelli collaborano al suo essere una dramatis persona.

“Ci risparmi le sue valutazioni professionali! Sono irrilevanti!”

Gli interni sono teatrali, Hugo Weaving riesce a interpretare un V incredibile e le Wachowski scrivono un capolavoro da un capolavoro, ma McTeigue non scoppia e il film non chiude la catena con il terzo capolavoro. Gli esterni sono troppo artificiali – i panorami di giorno perdono il carattere distopico e di sera il tocco del computer non è delicatissimo, i set lasciano immaginare che sulle loro teste il cielo non c’è. Attenzione alle scene di combattimento: V nel primo scontro con i poliziotti è agile e veloce, reso inquietante dal suo volto immobile e dai movimenti troppo scattanti per essere umani. Questo però non si riscontra nella lotta con gli uomini di Creedy (Tim Pigott-Smith). Nessuna delle due coreografie splende per originalità, ma nella seconda anche quel carattere di mostruosità di V è sostituito da un accento superomistico perdendo quel tono misterioso che ravvivava la scena, inoltre il minutaggio è troppo pesante, e non basta il bullet time a snellirlo. In generale però il montaggio spesso si mostra brusco e qualche inquadratura superficiale. Non saranno nemmeno tutti gli attori a convincere, la Portman risulta ambigua e distaccata anche quando non pare necessario, ci si poteva aspettare più coinvolgimento da Rea e i secondari sono tutti troppo piatti. Infine la camera non si presta a genialità, troppe volte di mestiere, e così la teatralità nelle mani del regista diventa lama a doppio taglio.

“Aspettavo lei ispettore… Avevo bisogno di lei”

Il binario che tecnicamente regge di più è quello su cui viaggia il capo ispettore Finch. Sappiamo già chi uccide i membri del Partito, ma come il detective, non sappiamo perché lo fa e chi si nasconde sotto la maschera. Siamo però curiosi di scoprirlo e il film saprà assecondarci attraverso indizi che visioneremo insieme al detective e alle ricostruzioni della storia di come marciume che il fascismo di Sutler ha compiuto per affermarsi venga conservato e nascosto. Finch è un personaggio interessante, vivremo la sua conversione, il cambiamento delle sue convinzioni fino all’apice, nel finale, quando il capo ispettore ci insegnerà come la fame di verità conduce prima o poi a rispettare il valore dell’umanità e ad aspirare alla sua libertà, anche se il costo è rinnegare ciò in cui si è ciecamente creduto. Tutti noi siamo un po’ Finch.

“Vuol dire che io, come Dio, non gioco ai dadi, e non credo nelle coincidenze”

Il secondo binario è attraversato da Evey Hammond, giovane salvata da V ma rimasta coinvolta nel suo piano. Il nome suona già emblematico ed è lo stesso V che ce lo fa notare: “I-V”. La numerologia è ben utilizzata nel film e non è un caso che la combinazione simbolica delle due lettere dà come risultato tanto il numero romano 4 che il numero 6, ovvero prima e dopo V – prima e dopo il 5. Non è un caso che Evey inizialmente non si fida del tutto di V, non è pronta a combattere per l’idea. Durante la frequentazione con il nostro verrà caricata del peso inumano che ha un ideale, fino a comprendere che questo è più importante della stessa vita. Il personaggio della Portman è colei che amerà V prima come uomo, poi come idea ed infine amerà entrambe le realtà del personaggio.

Le scene di prigionia risultano a tratti scontate e i set ancora troppo artificiali, ma la lettera e le scene di Valerie (Natasha Wightman) immergono noi e il personaggio nel significato reale dell’amore. Non un sentimento che lega solo due persone, ma una posizione rispetto al mondo. Amare vuol dire abbracciare tutta l’umanità ed Evey lo fa, comprendendo che l’idea è ciò che supera la semplice vita del singolo, persino la sua. Quando esce dalla prigione vediamo la nuova Evey, quella pronta a venire dopo V, quella che vede Dio nella pioggia. Messa in scena per sottolineare la potenza del personaggio rispetto a quella di V, la pioggia è il simbolo dell’amore, il lascito fatto a Valerie dalla nonna e che lei a sua volta concede alla protagonista, eredità che però V non può raccogliere. V viene dal fuoco e non può vedere il mondo che verrà dopo il 5 novembre, Evey sì. Lei potrà viverlo.

 “Perché, mentre il manganello può sostituire il dialogo, le parole non perderanno mai il loro potere…”

V è il portatore di un’idea. Si accenna al fatto che il suo piano ha alle spalle una preparazione ventennale, che non ricorda nulla del suo passato e che persino il suo volto non corrisponde più alla sua persona. Incontriamo V come la sola maschera dell’idea di sovversione dell’ordine costituito. Perché? Perché la verità e la libertà sono concetti che viaggiano molto vicino, soprattutto se chi detiene il potere è bugiardo e schiavista. V si cimenta sempre in monologhi straordinari dove l’antifascimo si colora di tinte epiche: la libertà è la meta da raggiungere, a qualsiasi costo, la verità è il mezzo per muovere all’azione, ed è così che tutti sono V in un finale incredibilmente potente. Così come vediamo un progressivo avvicinamento di Evey all’idea, vediamo un progressivo avvicinamento di V all’umanità, il nostro protagonista infatti arriverà ad amare la ragazza in maniera profondamente umana e soffrendo la sua condizione di idea senza volto. In maniera cristologica vedremo un V dubbioso, sofferente, ma pronto ad adempiere il suo compito e, proprio come Cristo, dovrà morire per portarlo a termine. Questo perché lui non è pronto al mondo che verrà, lui è il temibile spettro vendicativo che può dare il colpo per spedire il vecchio mondo nel passato. V è l’ultimo dei rifiuti del vecchio mondo e sappiamo bene che questo “È il principio fondamentale dell’universo: a ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria” e che quando due forze uguali si scontrano il risultato è il loro reciproco annullamento per cui la sua morte è parte integrante dell’equazione.

Nella “notte estremamente fausta” che stiamo vivendo, V per vendetta con tutti i suoi difetti, con tutte le imperfezioni, è sopravvissuto come cult perché non si tratta di un normale film, ma di un messaggio che porta nella sua scrittura la sofferenza della resistenza alle dittature, le speculazioni sulla libertà, le poesie sull’amore e la mimica del teatro, questo supera ogni difetto.

Ricordiamo “per sempre il 5 novembre, la congiura delle polveri contro il parlamento. Non vedo perché, di questo complotto, il ricordo nel tempo andrebbe interrotto”.


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