The last of us è l’ultima serie sulla bocca di tutti. Creata da Craig Mazin e Neil Druckmann per HBO e ispirata all’omonimo videogioco, la serie è uscita a gennaio 2023 e sta riscontrando un discreto successo. E’ composta da un’unica stagione di nove episodi di circa un’ora ciascuno.
The last of us racconta la storia di Joel, interpretato da Pedro Pascal, ed Ellie, Bella Ramsey. I due attori, dopo la parte nella serie, sembrano improvvisamente apparire ovunque, cavalcando l’onda dell’improvvisa fama ottenuta.
The last of us – la trama
La serie inizia con l’improvvisa diffusione a livello mondiale di un virus che, nato dai funghi, è in grado di contagiare gli esseri umani e trasformarli in zombie. Da bravi zombie, ovviamente, gli esseri contagiati attaccano gli individui sani e li infettano mordendoli.
In brevissimo tempo il mondo, per come lo conosciamo, finisce e la serie è ambientata in una realtà post apocalittica in cui le città e le vie di comunicazione sono distrutte. In questo mondo esistono diverse aggregazioni di esseri umani e diverse forme di società, la maggior parte delle quali, però, basate sulla violenza e sul sopruso.
A Joel viene affidata Ellie, una ragazzina apparentemente immune al virus. Joel la deve portare dall’altra parte del paese dove l’aspetta una squadra di medici e scienziati pronti a creare una cura attraverso il suo sangue.
The last of us – cliché e topoi
The last of us ricorda alcuni film, pietre miliari del genere post-apocalittico. In primis Io sono leggenda. Ma anche 28 giorni dopo, Contagion e The bird box. Sarà che i film di fantascienza apocalittica e post-apocalittica si somigliano un po’ tutti perché presentano dei cliché del genere che non mancano mai. Ad esempio il protagonista fortissimo e imbattibile che impara a sopravvivere, uccidere, combattere, procacciare cibo facilmente come andare in bicicletta.
Altro topos immancabile è i sacrificio di uno dei personaggi per salvare gli altri. Presente, spesso, anche la riflessione sulla malvagità umana che, anche dopo l’apocalisse non riesce a unirsi contro il nemico comune ma continua a lottare contro sé stessa.
Anche le ambientazioni sono sempre molto simili: città distrutte ed invase da una natura libera di prosperare. Animali selvatici che tornano a vivere nelle pianure. Macchine abbandonate. Corpi morti in qua e là.
The last of us – elementi originali
Ma The last of us va oltre ai cliché del genere e presenta degli elementi originali che entusiasmano il pubblico. Intanto la struttura tratta dal videogioco che fa percepire allo spettatore che in ogni episodio ci sia una sorta di missione da passare per arrivare al livello successivo. Si ha l’impressione di procedere su una mappa proprio come nel videogioco e anche le inquadrature ricordano la grafica di un gioco, soprattutto in alcuni momenti di sparatoria.
In alcuni momenti, sembra quasi che allo spettatore venga data possibilità di scegliere. Proprio come quando in un videogioco bisogna scegliere che strada prendere o che arma usare, con chi parlare, se uccidere qualcuno oppure no.
Poi, grande merito di The last of us è una sceneggiatura davvero ben fatta. Anche se la storia in sé non si può dire che sia originale, in ogni episodio si inseriscono delle sotto storie interessanti ed emozionanti che mostrano una sensibilità nuova che non ci si aspetta in questo genere di opera cinematografica. In particolare l’episodio 3, che racconta la storia di Bill e Frank, è una perla narrativa e registica che lascia con il fiato sospeso e gli occhi lacrimanti.
Altro elemento vincente a livello narrativo è la plausibilità. Esiste infatti in natura un fungo chiamato Ophiocordyceps unilateralis che è in grado di contagiare le formiche e renderle simili a quello che in letteratura si definisce zombie. Questo elemento genera inquietudine e sorpassa l’irrealisticità presente in altre opere simili in cui l’apocalisse è sempre causata da fattori soprannaturali come vampiri o mostri.
Tematiche trattate
Per tutta la serie ricorre la tematica della giustizia e della colpa. E’ giusto uccidere per sopravvivere? Fino a dove è legittimo spingersi per sopravvivere? Che cosa Dio perdonerà e che cosa no? Gli esseri umani sembrano diventare sempre più corrotti, non ci si può fidare di nessuno. Gli infetti non sono l’unico pericolo ma anche le persone sane che uccidono per paura, per corruzione, per follia. Nessuno sembra salvarsi dal diventare una persona malvagia.
In The last of us si parla anche della paura di rimanere soli, del bisogno d’amore e di comprensione che ognuno di noi ha. Tra Joel e Ellie si instaura un forte legame. I due si salvano reciprocamente la vita a vicenda. La loro amicizia diviene il riflesso di un rapporto genitore-figlia a entrambi negato. Joel sarà capace di fare la scelta giusta?
Il finale – allarme spoiler
Il finale di The last of us ha fatto tanto parlare perché non è il finale moralistico che ci si aspettava. Il messaggio artistico dietro a questo genere di opere è sempre legato alla morale della scelta giusta, del sacrificio del singolo per la salvezza della specie. Si tratta di un messaggio legato a un meccanismo naturale di sopravvivenza della specie che si riflette in un concetto etico che vede il bene del gruppo prevalere su quello del singolo.
Joel, arrivato a destinazione con Ellie, scopre che per creare la cura contro il virus Ellie deve morire e che questa è l’unica soluzione possibile, nessun’altro al mondo è come Ellie. Joel ci mette pochi minuti per decidere che preferisce sacrificare tutto il resto dell’umanità piuttosto che perdere quella ragazzina che le ricorda la figlia morta. Diventa improvvisamente Rambo e uccide da solo decine di uomini armati, prende Ellie addormentata nella sala operatoria e se ne va. La cura è persa per sempre, Joel uccide gli unici medici in grado di realizzarla.
Il pubblico rimane spiazzato perché la sua sensibilità gli suggerisce che le azioni di Joel siano immorali e inaccettabili. La stessa Ellie la pensa in questo modo. Lei avrebbe scelto di sacrificarsi per il bene comune, se la scelta fosse stata sua. Ma è molto più facile sacrificare sé stessi che sacrificare gli altri. Quella di Joel è una scelta sicuramente egoistica, anche perché lui sa che non vivrà per sempre e Ellie rimarrà da sola, quando lui morirà. Ma è una scelta umana e psicologicamente logica: Joel non vuole morire da solo e condanna tutti gli altri per questo. Non per salvare la vita di Ellie, ma per soddisfare il proprio bisogno di affetto e per sanare il trauma legato alla morte della figlia.
Il finale di The last of us è molto potente e fa riflettere sul concetto di giusto e sbagliato. Concetti su cui si è avuto modo di riflettere anche nella vita reale durante la pandemia di Covid 19. La paura del virus, la paura del vaccino, la paura della morte, il senso di isolamento e sfiducia.
Ha senso salvare un’umanità crudele e spietata, invece che sé stessi? Erano innocenti le persone sacrificate durante il cammino? Nessuno è innocente, nemmeno Ellie, ben che meno Joel e per via del suo egoismo, per via dell’egoismo umano, la specie si estinguerà. Ma forse questa, in fondo in fondo, è la più etica delle soluzioni.
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