Pupi Avati, classe 1938, ha realizzato il suo primo film nel 1968 portando sul grande schermo l’horror Balsamus, l’uomo di Satana. Da allora non si è più fermato.
Nel corso della sua lungimirante carriera il regista bolognese ha affrontato i generi più disparati riuscendo a rimanere sempre fedele alla sua proverbiale cifra artistica, composta prevalentemente da individui naïf, musica jazz, location rurali e trame di stampo fiabesco.
Dopo il successo di Dante, Avati torna al cinema con La quattordicesima domenica del tempo ordinario, una pellicola in parte autobiografica che racconta le vicissitudini di tre individui in differenti periodi della loro esistenza. Vediamo infatti contemporaneamente Marzio, Samuele e Sandra affrontare sia la gioventù che l’età avanzata.
I primi due negli anni del cosiddetto boom economico avevano fondato un duo musicale con l’ambizione di avere successo e di approdare ad un palcoscenico prestigioso. Sandra invece desiderava ardentemente diventare un’indossatrice. Li rivediamo da anziani alle prese con quello che resta del loro “viaggio”.
Avati dopo il biopic storico sul padre della lingua italiana torna ad un cinema intimista che rievoca alcune delle sue opere più memorabili. Regalo di Natale, La seconda notte di nozze, Il papà di Giovanna, Ma quando arrivano le ragazze? e Gli amici del bar Margherita sono degli esempi eloquenti.
La quattordicesima domenica del tempo ordinario – il cast
La quattordicesima domenica del tempo ordinario è un bellissimo film che pone il focus sulla bellezza e allo stesso tempo sulla pericolosità dei sogni, sull’ineluttabilità del tempo che passa, sull’amicizia e sull’amore.
Il cast, per volere dello stesso regista, non comprende nomi altisonanti; nonostante ciò gli attori protagonisti risultano tutti azzeccati, nessuno escluso. Edwige Fenech torna magistralmente al cinema con un ruolo intenso dimostrando tutta la sua versatilità. Gabriele Lavia è perfetto nei panni di questo eterno sognatore caparbio e un po’ folle. Lodo Guenzi dal canto suo si conferma un ottimo interprete; quest’ultimo incarna mirabilmente il palese alter ego di Avati da giovane.
Camilla Ciraolo, alla sua prima esperienza da attrice, dimostra di avere il talento necessario per diventare una stella del cinema nostrano. Infine un plauso a Massimo Lopez e a Cesare Bocci i quali interpretano, con consumato mestiere, rispettivamente Samuele da anziano e il padre di Marzio.
Pupi Avati è sempre stato un autore coraggioso e anticonformista che non si è mai piegato alle spietate leggi del mercato. Qui non fa eccezione, dando la possibilità di prendere parte a un’opera impegnata ad Edwige Fenech, etichettata dai suoi detrattori come attrice di serie B solamente perché in passato ha preso parte a pellicole scollacciate in cui sovente metteva in mostra le proprie grazie. Con il personaggio di Marzia, l’eclettica artista di origine algerina ha avuto la sua personale rivincita.
Stessa cosa che è successa a Diego Abatantuono con Regalo di Natale, a Massimo Boldi con Festival, a Christian De Sica con Il figlio più piccolo e a Renato Pozzetto con Lei mi parla ancora.
Conclusioni
Pertinente col significato più intrinseco de La quattordicesima domenica del tempo ordinario risulta il seguente aforisma dell’immortale drammaturgo inglese William Shakespeare: “Spesso le aspettative falliscono, e più spesso dove più sono promettenti; e spesso soddisfano dove la speranza è più fredda e la disperazione più consona”.
Consiglio vivamente a chi ama il cinema di andare in sala a vedere questo gioiellino tutto italiano impreziosito dalla struggente e poetica colonna sonora curata da Sergio Cammariere. L’ ultima fatica di Pupi Avati comunica allo spettatore che il fallimento è una condizione alla quale l’essere umano non può sottrarsi. Non per questo deve smettere di lottare per essere felice. Solamente così infatti alle cose belle che sono andate via ne seguiranno di altrettante meravigliose.
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