Solo io trovo che il personaggio di Peter Pan sia insopportabile? Perché tanti registi si sono cimentati sulla sua storia e nessuno lo ha reso un personaggio piacevole? Peter più che l’eterno bambino sembra l’eterno bamboccione e la sua rappresentazione sembra sempre rendere il suo comportamento accettabile.
Anche nel nuovo remake, che tenta invano di concedere più spazio a Wendy, passa l’idea che Peter può essere l’eterno arrogante e incosciente ragazzino mentre Wendy è la bambina matura che salva la situazione facendo letteralmente da mamma a tutti gli altri.
Non è necessario scomodare Freud per rendersi conto di quanto sia sbagliata questa rappresentazione. Ma allo stesso tempo non è più sufficiente scomodare Freud per capire e spiegare una rappresentazione che si basa su ruoli di genere sbilanciati e difficili da sradicare. Ruoli che chiedono alle bambine di essere responsabili e permettono ai bambini di essere non solo infantili, ma arroganti e meschini.
La figura di Peter Pan viene osannata all’interno della storia, presentata come una figura positiva. Ma in realtà Peter è egoista, vuole decidere per gli altri, non prova empatia, né senso di colpa. Peter Pan non è, e non può più essere, rappresentato come un personaggio positivo.
Disney nel 2023 ci riprova con Peter Pan & Wendy, diretto da David Lowery.
Peter Pan & Wendy – inclusività a metà
Si poteva prendere una delle fiabe più famose del mondo occidentale e rigirarla adattandola ai tempi odierni infarcendola di un bel messaggio di uguaglianza. E invece no. O meglio, sembra che Disney ci abbia provato tanto per dare un contentino a qualcuno, come si suol dire. Ci sono alcune tematiche di inclusività buttate là a caso, forse per fare audience. Ma il messaggio del film rimane sempre lo stesso. Peter è sempre Peter e Wendy è sempre Wendy.
Non basta prendere il bambino latino americano più bello che trovi e fargli vestire i panni del bianco e inglese Peter Pan per essere inclusivi.
Si cerca di introdurre il messaggio che Peter non è un eroe solitario, ma che non potrebbe nulla senza l’aiuto di Wendy, Trilly e la principessa degli indiani Tiger Lily. Tre personaggi femminili che, però, risultano rimanere secondari e ausiliari. Nonostante siano rappresentati come migliori di Peter, l’eroe rimane lui. O meglio rimane eroica l’attitudine dell’arrogante Peter e solo accessoria la capacità, il coraggio, l’empatia e la presa di responsabilità di Wendy o la magia di Trilly.
E’ chiaro che ci sia un problema di rappresentazione e una volontà di essere inclusivi che rimane molto molto superficiale. Trilly diventa nera e trai bambini sperduti compare il primo attore affetto da sindrome di Down della storia di Disney. Manca solo il bacio tra Wendy e la principessa Tiger Lily, che in certe scene sembra arrivare da un momento all’altro, ma poi non arriva e la povera Wendy sembra iniziare a innamorarsi di Peter Pan.

Linguaggio e rappresentazione
Spiazzante la scena in cui Wendy si rende conto che tra i Bambini Sperduti, in inglese Lost Boys, ci sono anche delle bambine e afferma “pensavo che i bambini sperduti fossero solo maschi! ma è solo un’espressione e penso che non importi a questo punto”. Ci sarebbero tante cose da dire su questo.
Intanto in inglese sarebbe stato molto semplice sostituire il maschile boys con un neutro kids. Molto più semplice che dover introdurre una doppia declinazione come in italiano. Però, non solo si è scelto di mantenere il maschile esplicito, ma si è persino arrivati a dichiarare, per bocca di Wendy, che non importa.
Sembra esserci prima un riconoscimento delle conseguenze del linguaggio sessista (ovvero che le femmine vengono escluse dalla rappresentazione: Wendy quando leggeva la storia di Peter Pan pensava che sull’isola che non c’è ci fossero solo bambini maschi) per poi farle sminuire dalla stessa persona che quelle conseguenze non solo le ha notate ma che le ha subite! Pare trattarsi di un attacco nei confronti di chi lotta per l’introduzione di un linguaggio più inclusivo. Sembra che Disney, in questo film, stia suggerendo alle donne che lottano per l’inclusività linguistica di fare come Wendy. Perché non importa se li chiami bambini se poi tanto ci sono anche la bambine nel mezzo. E invece importa, importa eccome.
Si è davanti a una delegittimazione potente – e imperdonabile – di tutte le teorie sul linguaggio inclusivo. Ancora di più che in inglese la genderizzazione della parola boys è fortissima.
Conclusioni
Non sto dicendo che i cambiamenti effettuati non siano da apprezzare. Includere nella rappresentazioni attori e attrici di diverse etnie o con sindrome di Down è un passo importante verso una rappresentazione più realistica e giusta. Ma non è sufficiente.
Non è sufficiente se poi si critica il linguaggio inclusivo o se i bambini che vedono il film pensano di poter comportarsi come Peter Pan perché tanto ci sarà un bambina a cui è stato insegnato a risolvere i loro casini e che tutto questo non solo è accettabile ma è addirittura eroico.
Non possiamo continuare a offrire alle nostre figlie un tipo di rappresentazione che le vede ausiliari di maschi arroganti e irresponsabili e che apra la possibilità addirittura di innamorarsene. Una rappresentazione in cui è dato come normale e giusto che a Wendy non sia concesso essere bambina, ma a tutti i maschi intorno a lei si.
Peter Pan & Wendy non riesce a fare il salto necessario per mostrare una collaborazione reale tra maschi e femmine, una parità di genere. E continua a diffondere un messaggio sbagliato che i bambini e le bambine non dovrebbero più ricevere. Forse, quella di Peter Pan è semplicemente una storia che non funziona per questo scopo. Forse, la volontà di essere inclusivi e giusti non era poi così forte, o non abbastanza forte da cambiare la storia nel profondo dei ruoli, delle parole e dei significati.
A questo punto, è meglio lasciare Peter Pan alla Disney degli anni cinquanta, con un bel disclaimer a inizio film, e non pensarci più.

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