Denti da squalo – Il Coming of Age fiabesco di Davide Gentile

Denti da squalo è l’opera prima di Davide Gentile, il quale dopo anni di pubblicità e cortometraggi decide di portare sul grande schermo una storia di formazione che mescola sapientemente il genere drammatico, fiabesco e quello gangsteristico.

La trama del film in questione vede come protagonista Walter (Tiziano Menichelli), un tredicenne che di recente ha perso prematuramente il padre. Ad occuparsi di lui è rimasta la madre Rita (Virginia Raffaele), una donna annichilita dal dolore che non riesce a dare al figlio le risposte di cui necessiterebbe. Un giorno Walter, vagando lungo il litorale romano, s’imbatterà in una fastosa villa. Da questo momento in poi la sua vita cambierà per sempre.

Denti da squalo è un vero e proprio coming of age, ovvero una storia di formazione, all’italiana che rievoca romanzi come Tom Sawyer di Mark Twain, L’isola del tesoro di Robert Louis Stevenson e Pinocchio di Carlo Collodi. Autentici capolavori della letteratura, divenuti dei classici.

Gentile approda al cinema con una pellicola di stampo truffautiano indubbiamente interessante che però non convince fino in fondo. Lo squalo trovato dal protagonista nella piscina della villa è senza dubbio un elemento che accresce l’originalità del lungometraggio; utilizzare il pescecane in maniera metaforica è un colpo di genio che fa presa sullo spettatore.

D’altronde il progetto è stato finanziato dai produttori di Lo chiamavano Jeeg Robot e Freaks Out, due tra le opere più inusuali del panorama cinematografico nostrano degli ultimi anni.

Il piccolo Tiziano Menichelli se la cava egregiamente per essere alla sua prima esperienza su un set e le comparsate di Claudio Santamaria e Edoardo Pesce non si dimenticano per quanto sono efficaci. Ma la vera sorpresa del film è Virginia Raffaele. Si sapeva che l’eclettica artista romana fosse brava ma non si era mai calata in un ruolo di cotanto spessore drammaturgico e il risultato è stupefacente. Non si può non empatizzare con lei perché la Raffaele le infonde un’umanità commovente. La sua Rita è un personaggio sfaccettato che alterna momenti di fragilità ad altri di forza.

L’ aspetto che funziona meglio in Denti da squalo è decisamente quello fiabesco, su altri fronti si poteva fare di meglio. In diversi momenti il film si arena e alcune scene sono prove di mordente, alcuni personaggi risultano eccessivamente stereotipati mentre i dialoghi talvolta appaiono banali e non riescono a coinvolgere emotivamente il pubblico a causa della loro scarsa brillantezza. Inoltre la sceneggiatura partorita da Valerio Cilio e Gianluca Leoncini scade talvolta nella retorica.

Pertinente col significato più recondito dell’opera in esame risulta il seguente aforisma del celebre scrittore svizzero Hermann Hesse: “I dolori, le delusioni e la malinconia non sono fatti per renderci scontenti e toglierci valore e dignità, ma per maturarci.”

In definitiva mi sento di dire che Davide Gentile, in questo suo esordio come regista, ha voluto mettere troppa carne al fuoco, ma le premesse per fare bene in futuro ci sono tutte. L’ambizione di certo non gli manca e questo è fondamentale. Perché, come ci ha insegnato la pellicola analizzata, per riscuotere successo nella vita non si devono necessariamente avere i denti da squalo!

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