Micaela Ramazzotti, classe 1979, è una delle attrici più talentuose e poliedriche del nostro cinema. Ha lavorato con “maestri” del calibro di Paolo Virzì, Pupi Avati, Carlo Verdone, Gabriele Muccino, Gianni Amelio e Daniele Luchetti tra i tanti.
Nel corso del tempo la Ramazzotti ha ricoperto ruoli molto diversi tra loro, suggellando tutta la propria versatilità. È passata infatti con disinvoltura dalla commedia al dramma.
Felicità è il suo primo film da regista. Questa riuscita opera prima intimista è incentrata sulle vicissitudini di una vera e propria famiglia disfunzionale composta dalla sensibile e ingenua Desiré, interpretata dalla stessa Ramazzotti, dal fragile e insicuro fratello Claudio (Matteo Olivetti) e da Max e Floriana, due genitori tossici interpretati rispettivamente da Max Tortora e Anna Galiena.
Desiré vive una relazione turbolenta con Bruno (Sergio Rubini), un professore colto molto più grande di lei. Contemporaneamente vediamo Claudio alle prese con un grave problema di salute. Molti registi stranieri hanno posto al centro delle loro storie nuclei familiari squilibrati: pensiamo ad esempio a capolavori come American Beauty, Parasite e Little miss sunshine, per citarne alcuni. In Italia invece questo tema è stato affrontato sporadicamente e in maniera poco approfondita. Per trattarlo esaurientemente ci voleva il coraggio di Micaela Ramazzotti. Quest’ultima condensa in Desirè i ruoli che le si addicono meglio, ovvero quelli di donne apparentemente deboli e svampite che invece celano forza e generosità.
Guardando la protagonista di Felicità infatti non possono non tornare alla mente personaggi meravigliosi come quello di Anna ne La prima cosa bella, quello di Gloria in Posti in piedi in paradiso, o ancora la Donatella de La pazza gioia e la Gemma de Gli anni più belli. Sergio Rubini è magistrale nei panni di un uomo pieno di contraddizioni che, nonostante non lo voglia confessare neanche a se stesso, non reputa Desiré alla sua altezza, tanto da camminarle sempre avanti.
Lo stesso Olivetti è azzeccatissimo nelle vesti di questo giovane problematico che viene compreso solamente dall’amorevole sorella. L’attore inglese, salito alla ribalta per merito de La terra dell’abbastanza, qui lavora di sottrazione riuscendo a infondere in Claudio tutta la sofferenza mentale dalla quale è afflitto.
Tortora è veramente sublime nel calarsi nei panni di questo individuo meschino e opportunista che non esita un istante a speculare sulla pelle dei propri figli. Max è un vero e proprio “mostro”, figlio di quella commedia all’italiana in cui i vari Scola, Monicelli e Risi portavano sul grande schermo individui cialtroni e mitomani, incarnati soventemente da mostri sacri come Vittorio Gassman, Alberto Sordi e Ugo Tognazzi. La sequenza in cui Max si copre di ridicolo davanti a un divertito Giovanni Veronesi nel ruolo di se stesso è da antologia e rievoca la famosa scena di Io la conoscevo bene in cui Gigi Baggini (Ugo Tognazzi), un guitto con velleità artistiche, pur di fare bella impressione ad un importante produttore si presterà ad uno sketch umiliante che gli farà rischiare l’infarto.
La stessa Galiena è bravissima ad interpretare una donna insoddisfatta che sfoga sui figli la sua frustrazione. Felicità è una pellicola intensa che coniuga mirabilmente l’amarezza all’ironia. La Ramazzotti, con l’ausilio di Isabella Cecchi e Alessandra Guidi in fase di sceneggiatura, affronta con molto tatto il problema della depressione, facendolo con leggerezza ma non con superficialità.
Pertinente col significato del lungometraggio in questione risulta il seguente aforisma dello scrittore inglese Roland Allen Schulz: “La paura di rompere la lealtà familiare è uno dei più grandi ostacoli al recupero. Eppure, finché non ammettiamo certe cose che preferiremmo scusare o negare, non possiamo veramente cominciare a mettere il passato nel passato e lasciarlo lì una volta per tutte. Se non lo facciamo, non possiamo nemmeno iniziare a pensare di avere un futuro che sia pienamente nostro, slegato dal passato, e saremo destinati a ripeterlo”.
Al suo esordio dietro la macchina da presa Micaela Ramazzotti fa centro raccontando una storia di emancipazione che invita tutti noi a salvarci dai legami affettivi disturbati. Solo in questo modo infatti, citando la nota canzone della Carrà cantata nel film da Max Tortora, potremo lottare al fine di scegliere il cielo più blu per fare scena. Sperando di riuscire finalmente a prendere quel treno che ci possa condurre verso la tanto agognata Felicità.
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