Si è parlato molto negli ultimi mesi di Comandante, l’ultima fatica di Edoardo De Angelis. Quest’ultimo porta sul grande schermo una vicenda realmente accaduta che vede come protagonista Salvatore Todaro, un militare italiano che durante la seconda guerra mondiale era al comando del sommergibile Cappellini. Il 16 ottobre del 1940 il sottomarino in questione affondò a largo dell’Oceano Atlantico un piroscafo mercantile belga che precedentemente aveva attaccato l’imbarcazione italiana. Todaro, contro ogni previsione, deciderà di mettere in salvo i 26 naufraghi belgi.
Edoardo De Angelis realizza un vero e proprio kolossal bellico pieno di umanità che trova il suo punto di forza nella magistrale interpretazione di Pierfrancesco Favino. L’eclettico attore romano suggella la sua proverbiale capacità mimetica dando anima e corpo ad un personaggio controverso che a mio parere necessitava di un maggiore approfondimento. Molte cose di lui infatti vengono lasciate in superficie dalla sceneggiatura.
Una menzione speciale la merita una bravissima e affascinante Silvia D’Amico nei panni della moglie di Todaro. La versatile attrice romana meritava indubbiamente più spazio. Completano il cast attori talentuosi come Massimiliano Rossi, Johan Heldenbergh, Paolo Bonacelli, Giorgio Cantarini e Cecilia Bertozzi tra i tanti.
La storia di Comandante si concentra prevalentemente sull’episodio già accennato e sulla convivenza di soldati provenienti da tutta Italia. Tuttavia questi in alcune circostanze appaiono fin troppo stereotipati. Non è un caso che si sia scelta una storia ambientata prevalentemente in mare per parlare di uguaglianza tra esseri umani, poiché, citando le bellissime parole che troviamo all’inizio della pellicola: “In mare, siamo tutti alla stessa distanza da Dio, a distanza di un braccio. Quello che ti salva.”
De Angelis, coadiuvato in fase di sceneggiatura da Sandro Veronesi, partorisce uno script eccessivamente enfatico che scade troppo spesso nella retorica. Inoltre viene conferita troppa poca epicità al film. Sia chiaro, Comandante raggiunge ampiamente la sufficienza. Alcune sequenze sono veramente emozionanti e non possono non scuotere la mente e il cuore degli spettatori. È anche lodevole che la pellicola si soffermi sul destino giá segnato dei soldati che partono per la guerra.
In dei momenti, complice anche l’atmosfera dark che avvolge il lungometraggio, sembra quasi di vedere sullo schermo uomini già morti traghettati verso l’inferno. Il seguente aforisma del rinomato scrittore britannico Herbert George Wells riassume il significato più recondito di Comandante: “La nostra vera nazionalità è l’umanità.”
In definitiva siamo di fronte ad un’opera imperfetta che vale comunque la pena vedere. De Angelis ci ricorda che, qualunque cosa accada, non bisogna mai dimenticarsi di essere prima di tutto uomini. E questo comporta sia diritti che doveri.
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