Gelosie deliranti tra l’Otello e il Racconto d’inverno

La prima tappa del progetto Glob(e)al Shakespeare al Teatro Bellini di Napoli ha deciso di puntare sull’accoppiata Racconto d’inverno-Otello, così che anche se il primo conduce ad un allegro lieto fine (dal quarto atto in poi), mentre il secondo scivola irrimediabilmente nella cupa tragedia, entrambi ci parlano della dimensione dell’apparenza ingannatrice, della gelosia e degli errori che questa ci porta a compiere.

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L’ Otello di Shakespeare è una “tragedia degli inganni” che, rendendo arbitrario il rapporto tra significante e significato, sul piano etnico ci mostra un moro buono (Otello) ed un  bianco malvagio (Iago). Ma modificare i paradigmi (fin troppo spesso dogmatici) del senso comune non basta a Shakespeare, e così ci consegna una tragedia poetica la cui forma stilistica è l’unico significante che non può essere messo in discussione nell’universo di Otello. Nonostante l’indiscutibile e nota essenza atemporale dell’opera shakespeariana in generale, portare sul palco un lavoro del Bardo (cosa di per sé già impegnativa) attualizzandolo – e quindi rivestendolo di nuovi significanti e significati – è davvero un’impresa a cui pochi possono davvero aspirare.

Francesco Saponaro e Giuseppe Miale di Mauro  (i rispettivi registi di queste versioni del Racconti d’inverno e dell’Otello) hanno deciso di puntare sulla forza dialettale italiana,  che “macchia il linguaggio shakespeariano lasciandone inalterato il verso”, per restituire l’autenticità della parola come discorso parlato, come produzione di soggetti parlanti. Ed allora ci ritroveremo da un lato il Racconto d’inverno in siciliano, riambientato nel novecento della “Sicilia dei principi” (tra gli anni ’50 e ’60 per stessa indicazione del regista), e dall’altro un Otello in napoletano, il cui protagonista non è più il Moro di Venezia, ma il capo di un clan di camorristi.

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una scena di Racconto d’inverno

Ma se nel nuovo ambiente del primo (Racconto d’inverno) avvertiamo una certa “incoerenza”  negli elementi dell’oracolo di Delfi e del ritorno alla fine di Ermione come statua (che difficilmente si adeguano ad un novecento siciliano), nel secondo (Otello) ritroviamo più coerenza nel nuovo modello narrativo, nonostante le licenze poetiche che segnano la distanza con l’originale – prima fra tutte la scelta di far finire la tragedia subito dopo la morte di Desdemona per fare del femminicidio il nucleo tematico dello spettacolo.

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Senza dubbio i protagonisti di questa prima tappa del Glob(e)al Shakespeare sono stati Edoardo Sorgente nei panni di Leonte e Vincenzo Nemolato in quelli di Autolico, per quanto riguarda Racconto d’inverno, ed Adriano Pantaleo nei panni di Iago.

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