Averno di Marcos Loayza

Averno – Viaggio picaresco nell’immaginario precolombiano

L’Averno, lago nei pressi di Pozzuoli, è quel luogo dal quale, secondo gli antichi romani, si poteva accedere al regno dei morti. Ma l’Averno è anche, secondo la tradizione boliviana, quel luogo dove i vivi convivono con le anime dell’oltretomba. L’Averno è il luogo verso cui è diretto Tupah, un giovane lustrascarpe di La Paz, alla ricerca di suo zio Jacinto, un importante mariachi di cui non si hanno più notizie ma richiesto per la parata funebre di un importante uomo politico.

Averno, settimo lungometraggio del regista boliviano Marcos Loayza, è un film denso di tutti quegli elementi che compongono la visione dell’universo degli abitanti del paese andino, forti di una moltitudine di differenti origini precolombiane. La pellicola riprende gli stilemi del filone picaresco per impregnarli di quel realismo magico tipico dell’immaginario dell’America Meridionale.

Il viaggio di Tupah si articola, negli abissi notturni della città, tra misteriosi locali, bizzarri personaggi e sfide sempre più difficili. Come un novello Dante sudamericano, Tupah affronta il viaggio verso l’aldilà ripercorrendo miti e tradizioni del suo popolo, senza però la guida costante e rassicurante di un Virgilio. A fare le veci dell’autore dell’Eneide sono però alcuni personaggi, che, un passaggio dopo l’altro, forniscono al ragazzo quegli strumenti – materiali o immateriali che siano- necessari per riuscire a sopravvivere alla lunga nottata che lo attende. La sua missione si trasforma così un’occasione di crescita, ponendosi come un inevitabile rito iniziatico alla vita adulta.

Tra colori sgargianti e atmosfere surreali, Averno trascina lo spettatore in un universo boliviano dal sapore onirico, dove la realtà sembra momentaneamente sospesa. Con i toni di una fiaba popolare, il regista racconta momenti universali, appartenenti alla storia di ogni singolo essere umano. L’amore, la morte, la violenza e la paura vengono declinate secondo una logica apparentemente assurda ma fortemente simbolica.

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