Nel 2019 Pupi Avati torna al cinema con un film horror in cui si insinuano credenze popolari e interessi politici. Il Signor Diavolo è tratto dall’omonimo romanzo che lo stesso regista ha scritto e pubblicato nel 2018.
Nel 1952 l’ispettore Furio Momenté viene inviato dal Ministero di Grazia e Giustizia a Venezia per seguire un caso di omicidio: il quattordicenne Carlo Mongiorgi ha ucciso un suo coetaneo ritenendolo il Diavolo. La vittima è Emilio Vestri Musy, il figlio di una importante signora dalla nobiltà veneta, Clara Vestri Musy, che ritiene la bigotteria della chiesa responsabile della morte di suo figlio. Il compito di Momenté consiste nell’impedire che le istituzioni ecclesiastiche non siano coinvolte in alcun modo nel processo per evitare possibili conseguenze negative anche per la Democrazia Cristiana, soprattutto in vista delle imminenti elezioni politiche. Quando si mettono le mani nel torbido è però difficile non venirne sommersi.
Pupi Avati mette lo spettatore a un horror diverso da quello preferito dal pubblico mainstream, ma non per questo meno apprezzato dallo stesso pubblico che lo ha premiato nel primo weekend di proiezione. Ai jumpscare il regista bolognese preferisce la costruzione di una sapiente e attenta atmosfera di inquietudine e mistero. L’ispettore romano viene catapultato in un mondo che non gli appartiene e del quale non riesce a comprenderne le dinamiche.
L’estraneità di Momenté non è solo geografica, ma anche teologica e culturale. La religione contadina è lontana dalla raffinatezza delle alte sfere ecclesiastiche e si nutre di un immaginario secolare in cui si mescolano magia e spiritualità, manifestazione di una mai totalmente completa evangelizzazione del popolo. Il signor Diavolo diventa un personaggio reale, imminente, da eliminare.
Carlo è un normale ragazzo di una semplice famiglia: va a scuola; ha interesse nel vedere il corpo nudo di una donna; frequenta le lezioni di dottrina del sacrestano per poter ricevere il sacramento della Prima Comunione.
Emilio è un ragazzo deforme –oggi diremmo disabile– e la sua diversità è vista come un pericolo, come una manifestazione terrena del demonio, da cui bisogna difendersi. Il male prende corpo e sfida il bene, che deve primeggiare secondo la volontà di Dio.
Avati confeziona un film di genere che richiede pazienza e attenzione. Ogni momento è cruciale nella costruzione complessiva di un intreccio non solo narrativo, ma anche spirituale e politico. Il potere si serve di piccoli attori spesso ignari del meccanismo in cui si sono infilati. Momenté arriva a Venezia per sbrogliare una situazione scomoda per i dirigenti della DC e si ritrova stretto in quella che all’apparenza sembra la classica lotta tra bene e male.
Il male, però, riesce a essere molto più pervasivo.
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