Mani Rosse di Francesco Filippi

Mani Rosse – Intervista a Francesco Filippi

Mani Rosse è un cortometraggio d’animazione girato da Francesco Filippi. Ambientato nella dotta Bologna racconta la storia di Ernesto e Luna, due ragazzini alle prese con due vite complicate ma molto diverse.

Ernesto, dopo la morte dei genitori, vive con la zia che, sempre assente per lavoro, gli impedisce di uscire di casa per evitare che possa succedergli qualcosa. Luna, invece, ha perso la madre e il fratello e il padre la maltratta fisicamente e mentalmente a causa di un particolare dono che ella possiede. Luna, infatti, sa produrre colore con le mani e riempie di graffiti la strada in cui vive. E’ così che i due si conoscono, Ernesto curioso di scoprire cosa c’è al di fuori delle mura di casa sua, nota un disegno di Luna e, seguendolo come un filo in un labirinto, trova la ragazza.

Il rosso è l’unico colore che Luna riesce a produrre e, come lei stessa dice, denuncia i maltrattamenti del padre (non solo su di lei ma anche sulla madre), mentre per Ernesto rosso è il sangue che lo spaventa così tanto da svenire al solo vederlo. La complicità trai due cresce grazie alla loro capacità di immaginazione: Ernesto è creativo e ha molte idee, Luna le materializza attraverso le sue mani magiche.

La locandina di Mani Rosse, un corto di Francesco Filippi
Mani Rosse di Francesco Filippi

La storia culmina quando Luna, durante l’ennesima lite con il padre, lo colpisce e si trova sul punto di dargli il colpo di grazia: è Ernesto ad impedirglielo, salvandola dal diventare come quell’uomo che tanto odia. Luna lascia Bologna ed Ernesto segue i suoi passi in un viaggio che percorre tutta la penisola.

Le tecniche di animazione utilizzate da Francesco Filippi sono due: il filo principale della storia è realizzato in stop motion attraverso l’utilizzo di innovativi manichini mentre le parti immaginate dai due ragazzi sono in 2D.

Francesco Filippi ha risposto ad alcune domande per chiarire meglio il significato dell’opera.

Dove è ambientato il cortometraggio? Il corto è ambientato a Bologna, ai piedi del gasometro che ora è restaurato ma fino a qualche anno fa era come si vede nel corto e si vedeva arrivando in treno da Firenze a Bologna. E’ un luogo desolato che esprime la violenza che incombe sulla protagonista. Ma Bologna non è l’unica città dell’opera; ho voluto fare la sintesi dell’Italia da Milano, dove lavora la zia, a Bologna, Firenze, Roma fino al sud. L’idea del viaggio è legata all’autonomia che il bambino riesce ad assumere e che lo rende per la prima volta libero. Attraversa il mondo ed è in pace con esso. Ho voluto inserire il più possibile lo spazio geografico che conosco.

Sembra quasi che l’idea del corto sia nata vedendo un graffiti sulle pareti di Bologna, è stato così? No, non proprio. Ovviamente essendo Bologna una città graffitara per me è venuto naturale andare in quella direzione ma l’idea è nata dalla storia di un ragazzo che conosco che ha ricevuto una richiesta d’aiuto da parte di una ragazza che subiva violenza da parte del padre. L’argomento mi è sembrato un buono spunto per mettere i miei protagonisti in una situazione quotidiana ma tosta. Poi ho aggiunto l’elemento fantastico del potere delle mani di Luna perché avevo bisogno di qualcosa di visivo per esprimere le emozioni della ragazza, perché il cinema si nutre di immagini. Il mondo dei graffiti mi ha aiutato a entrare dentro ai personaggi e a esplorare il mondo delle emozioni dei due, la loro sintonia e il loro usare l’immaginazione per diventare adulti, per capire e ridefinire il mondo per poi conquistarlo.

Inoltre volevo una storia difficile ma che finisse bene perchè, è sempre stato così, si raccontano storie difficili per dare coraggio ai ragazzi che le ascoltano. Dei due protagonisti è Ernesto quello che rappresenta di più i problemi dei ragazzi di oggi, cioè quello dell’iperprotezione. Gli esperti del settore rilevano che i genitori di oggi sono molto più apprensivi di quelli di 30 anni fa, i figli sono sempre meno e l’unico figlio che hai lo proteggi come mai era successo prima. Ci sono delle ripercussioni che avranno sempre più evidenza nella psicologia dei nuovi ragazzi che, secondo molte statistiche, sono molto più fragili rispetto a ieri. Inoltre le nuove tecnologie hanno ridotto la possibilità di interagire con il mondo esterno e fare nuove esperienze. Ernesto rappresenta questa statistica mentre Luna è l’eccezione ma è anche la nostra eroina perchè, almeno apparentemente, è quella che vive la situazione peggiore.

Il corto affronta diversi temi: violenza sui minori, violenza sulle donne, iperprotezione, etc tutto legato insieme dal tema dell’immaginazione. Come ha deciso di incastrare insieme tutte queste questioni? Ho sempre cercato di produrre opere con uno certo spessore. Qui l’idea era quella di mettere insieme le storie di due ragazzi figli di un mondo adulto che non si è e non si sta comportando bene. Entrambi sono in una situazione di sofferenza dove il mondo adulto non ci fa per niente una bella figura. I ragazzi, però, riescono a salvarsi da soli. Anche se poi Luna a Roma trova una signora che si prende cura di lei e questo significa che in realtà basta uscire dalla gabbia per trovare un mondo adulto positivo, non ho voluto screditarlo completamente. Il punto è, non scegliamo di chi essere figli ma dobbiamo prenderne atto, se, come in questo caso, capita di essere figli di un mondo malvagio, come ci possiamo aiutare a vicenda? L’immaginazione è lo strumento che entrambi utilizzano, intanto, per comunicare e poi per uscire dalla gabbia. Luna cerca di trasformare la violenza in arte e in comunicazione: il primo graffito che si vede è una luna con un nastro ed è una sorta di richiamo per Ernesto che, infatti, lo segue.

I graffiti di Luna denunciano la violenza del padre ma anche la sua paura di esplodere o la sua voglia di divertirsi; diversi aspetti della sua personalità. Ernesto invece ha sviluppato la fantasia guardando il mondo dalla finestra di casa sua e gli viene naturale dare credito ai graffiti di Luna. Luna si è sempre sentita punita per i suoi graffiti e trova un ragazzino, un po’ sfigato, che gli dà importanza. Questa è la scintilla che li unisce. Insieme arrivano alla luce e giocano a immaginarsi il futuro che desiderano. Luna è titubante perchè non può credere di avere delle alternative per la sua vita, questo è tipico di chi subisce violenze: si sente colpevole e nell’impossibilità di cambiare. Insieme a Ernesto, Luna ha davanti un foglio bianco che diventa un luogo dove, tramite l’immaginazione, i due si riprogettano.

Che senso ha la scena in cui Luna si butta dalla finestra e cade nel canale? E’ una scena delicata perchè molti pensano che Luna sia morta o che doveva morire. Ho messo il canale sotto alla finestra perchè, prima di tutto, a Bologna c’è, poi perchè buttarsi nel canale è un modo per raffreddarsi. Luna produce colore e calore e, tramite l’acqua, si raffredda. Inoltre esiste uno schema tipico della favola dove il protagonista viene inghiottito per poi rinascere come Cappuccetto Rosso quando viene mangiata dal lupo. Ho voluto creare lo stesso effetto con il canale; Luna viene inghiottita dall’acqua per poi risorgere purificata.

Francesco Filippi
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