Ogni tanto per fortuna ricompare, potendo permettere ai fan di rinfrescarne ed approfondirne la conoscenza e agli ignari di scoprirne l’esistenza. Sto parlando di uno dei prodotti di punta della televisione italiana, scritto da Giacomo Ciarrapico, Mattia Torre e Luca Vendruscolo e andato in onda per la prima volta sui canali FOX. Esatto, sto parlando proprio di Boris.
Boris è la metaserie per eccellenza. In tre stagioni segue le vicende di una troupe impegnata nelle riprese di una fiction per la televisione italiana, con tutte le necessità e le accortezze del caso. Con un cast più che frizzante, la serie è diventata anno dopo anno un cult entrando di diritto nella cultura pop del nostro paese.
René Ferretti, interpretato da Francesco Pannofino, è il regista de Gli Occhi del Cuore, una fiction televisiva di bassa lega. Lui non gira se non è accompagnato dal suo pesciolino rosso portafortuna Boris, l’unico a dargli un po’ di speranza in un set popolato di attori cani, raccomandati politici, allergici al lavoro e spacciatori.
La prima stagione si apre con l’arrivo sul set di Alessandro (Alessandro Tiberi), uno stagista che si trova a dover fare i conti con il variegato e disillusorio ecosistema del set. L’assistente alla regia Arianna Dell’Arti, interpretata da Caterina Guzzanti, è incaricata di guidare e istruire Alessandro al lavoro nel set, che si dimostra da subito complicato. Gli attori protagonisti della serie, Stanis La Rochelle e Corinna Negri, interpretati da Pietro Sermonti e Carolina Crescentini, sono per lo più ingestibili: mediocri se non totalmente incapaci, sono pieni di sé. Stanis si crede un attore di primo livello per gli studi fatti, mentre Corinna è sul set perché raccomandata, dal misterioso quanto potente Dottor Cane.
Mentre gli attori sono convinti della qualità del loro lavoro, René è pienamente consapevole dell’infima bassezza del prodotto che gli viene richiesto. Svuotato dalla passione vuole solo portare le scene a casa, e così la fotografia di Duccio Patané (Ninni Bruschetta) va bene anche se smarmellata e fatta un tanto al chilo. L’importante è che le puntate siano gradite dal pubblico e, soprattutto, dalla politica. È Diego Lopez (Antonio Catania), l’emissario di rete, a controllare che il lavoro della troupe si svolga secondo le indicazioni che vengono sia dal mercato televisivo e pubblicitario sia dalla classe politica che ha le sue mani sul controllo della rete.

Nella seconda stagione, nonostante un cambio nel cast de Gli Occhi del Cuore, le cose non sembrano migliorare per Ferretti che rischia di essere fatto fuori. La rete infatti gli affida le sceneggiature di Machiavelli, un ormai antico progetto che solitamente segna la fine della carriera dei registi a cui è affidato.
La grande novità arriva nella terza stagione, quando a René Ferretti viene offerta la possibilità di guidare un nuovo e ambizioso progetto: Medical Dimension. Questa non sarà la solita fiction italiana, ma una serie medical sullo stile delle grandi storie americane. Realtà e qualità sono le nuove parole d’ordine di un set pronto a fare la storia della televisione italiana.
Boris riesce a raccontare non solo i retroscena dei set televisivi della Capitale, ma anche vizi e difetti della società italiana, dando ai vari personaggi il proprio spazio espressivo.
Tra grasse risate e citazioni memorabili, Boris racconta dei giovani che hanno difficoltà a trovare un lavoro stabile, della tragica situazione della cultura italiana, delle ingerenze continue della politica in ogni settore della vita del nostro paese e della completa abdicazione della meritocrazia al servilismo e al clientelismo. Dietro la risata questa metaserie dipinge un paese a tinte fosche, un luogo dove la gente fa finta di non vedere il baratro verso il quale si sta dirigendo.
E aveva veramente ragione. L’Italia era, è continuata ad essere, ed è tutt’oggi, “un paese di musichette mentre fuori c’è la morte.”
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