Sergio Leone – Lo studio fiabesco e storiografico che si cela dietro i sei capolavori

Sergio Leone rappresenta il capostipite della rivoluzione western nel cinema; innovatore e killer degli ampi spazi di John Ford, del classico scontro indiano e della parabola puritana dei lunghi viaggi delle carovane. Molti, italiani e non solo, hanno imparato  da Leone il ritmo più palpitante per la narrazione. Da lui si irradiano ennesime storie di cowboy e Bounty killer al servizio del denaro e del proprio istinto cinico e spietato di sopravvivenza. Con il grande Sergio, si rompe la noia del John Wayne, cavaliere senza macchia, e della giovane pulzella, illibatissima e innocente: il suo western diventa un luogo di pura vendetta, di picari cialtroni e facili alla pistola, inseguitori di un qualcosa di materiale che porta sempre solo ad un perfetto duello, scandito dalla musica del Maestro Morricone.

Il selvaggio West di Sergio Leone, e dei suoi discepoli, è una fiaba grottesca e reale allo stesso tempo. Il male è fuso con il bene in una ballata animalesca sull’istinto umano: cannibale e votato all’arricchimento personale.

Sergio Leone sul set
Sergio Leone sul set

Ma cos’è che distingue il grande regista romano dagli stessi suoi discepoli? Sicuramente il senso di una quasi perfetta descrizione storica dell’America che Leone sognava da bambino. Catapultando i suoi personaggi nel deserto d’Almeria, Leone trasforma quella regione in un luogo che sa di americano, e allo stesso tempo traccia una precisa linea storiografica che non si trova in altri film (fermi al solo modello della vendetta e del facile duellare). Leone racconta, e questo in sei meravigliosi capolavori, gli Stati Uniti come fosse uno storico, un reporter, e lo fa seguendo una cronologia che va da prima della rivoluzione messicana, passando per la guerra di secessione fino agli anni della grande contestazione del sessantotto. I valori della nazione, i grandi personaggi patriottici, vengono sostituiti da una grande profacola incentrata più sul popolo di quell’immenso stato. Il nostro regista  vende spettacolo emozionante, nuovo e ricco di adrenalina: non si può non innamorarsi degli spietati protagonisti dei suoi film, e neanche delle storie che propone. Tuttavia, salta all’occhio la visione di una cronaca reale dei fatti. Dall’esterno, cioè dal piccolo stivale, girando in una regione desertica della Spagna, Leone rappresenta la storia degli Stati Uniti.

I primi due film, Per un pugno di dollari e Per qualche dollaro in più, sebbene siano stati più che altro un biglietto da visita che il regista ci ha dato -come dire, se vi piacciono mi richiamate, hanno comunque già un qualcosa di storicamente impegnato. Nella zona del confine e delle bande armate di briganti, in un paesaggio mitico abitato sia da americani che da messicani o chicani (i messicani trapiantati negli USA durante le migrazioni a nord), la sua regia sviluppa anche uno studio antropologico diviso in puritani (statunitensi), messicani (europei spagnoli) e poi i bounty killer e i banditi, che non hanno religione e razze alle quali appartenere. Tutto ruota intorno al dollaro, che crescono e cresce il desiderio di possedere una somma maggiore nel terzo capitolo della Trilogia omonima.

Nel Buono, il Brutto, il Cattivo, cresce il numero dei protagonisti. A Clint Eastwood si aggiunge Lee Van Cleeff nel secondo. A questi due si avvicina, e con grande naturalezza e successo, Eli Wallach che veste i panni del Brutto. Il terzo capitolo è anche un grande affresco di guerra. Ora il conflitto civile fa da sfondo alla scalcagnata ricerca del tesoro custodito da Jackson (alias Bill Carson), e fra gli innumerevoli ostacoli e fughe dal fronte -copiando, ma solo di poco La Grande Guerra di Monicelli, i tre anti eroi aggirano le retrovie. Ora fingendosi sudisti, ora nordisti ma inseguendo solo i duecentocinquanta mila dollari. Leone stravolge, ma solo per scopi di trama, alcune fasi del conflitto, aggiungendo alla vera figura del generale Lee o Sibley, la distruzione del ponte che separa i confederati dalle truppe del nord, per mano del Biondo e di Tuco. Per il resto, tutto è perfettamente studiato e riportato: dalle armi alle formazioni di guerra, ecc.

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Il Biondo (Clint Eastwood) e Tuco (Eli Wallach) durante il viaggio verso i dollari

Con C’era una volta il West inizia la seconda trilogia Leoniana, quella del Tempo, e si entra in un’atmosfera più poetica e idealizzata. Eppure il contesto storico è presente, è lì, e lo si può toccare con mano solo citando la prima ferrovia che varca gli ultimi avamposti dell’Ovest americano, ancora non soggiogato interamente all’uomo e alla sua fase di modernità. E infatti tutto ruota attorno alla costruzione della ferrovia e all’arrivo del treno; un sogno questo che era vivo nella mente dello storpio Morton (Gabriele Ferzetti) che, assoldando il disumano Frank (Henry Fonda), fa piazza pulita dei suoi avversari che vogliono riuscire al posto suo nell’impresa di colonizzazione. Ma i cattivi dovranno dare forfait quando al loro posto sarà la giovane ed ex prostituta di New Orleans Jill (Claudia Cardinale) a dare il via alla costruzione della cittadina di Sweet Water. La colonizzazione del selvaggio West avviene grazie a una donna; così come se lo immagina Sergio Leone, anche se non è per niente scontata come idea. Jill rappresenta il nuovo mentre Frank, Morton, Cheyenne (Jason Robards) e Armonica (Charles Bronson) il passato che è destinato a scomparire. Una parabola che è realistica per quanto mitizzata.

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Claudia Cardinale nei panni di Jill McBain

Si passa poi al più politico dei sei. Con Giù la testa, noto anche con il nome di Per un pugno di dinamite, non si può neanche più parlare di un semplice western, ma di una storia che ha come protagonista il Messico rivoluzionario di Pancho Villa ed Emiliano Zapata, con l’aggiunta delle lotte indipendentiste del Sinn Fein in Irlanda. Infatti i due opposti protagonisti, John (James Coburn) e Juan (Rod Steiger), sebbene vissuti in luoghi geografici e ambientali completamente differenti, si ritrovano nel Messico d’inizio Novecento con due precise cose in comune: il nome e il riscatto sociale contro la dittatura di Porfirio Diaz. La presa del potere per mano dei contadini e dei peones riesce a sovrastare anche la smania per il denaro e tutti passano a fare la Revolución. Il già rivoluzionario e perseguitato John, dopo la fuga da Dublino fa cambiare idea anche al bandito Juan che, dalla rapina alla banca di Mesa Verde, diventa uno dei paladini della giustizia e della libertà.

Giù la testa di Sergio Leone
James Coburn e Rod Steiger in una scena del film di Sergio Leone

Il trittico del tempo di Sergio Leone, diventa un sogno/incubo continuo nel suo ultimo e meraviglioso affresco. La storia affascinante e drammatica di Noodles (Robert De Niro) e dei suoi tre amici, Patsy (James Hayden), Cockeye (William Forsythe) e Max (James Woods), si dipana nei tre importanti periodi storici del Novecento. Gli anni venti e la crisi economica, dove Noodles è un giovane teppistello ebreo che mette su una piccola banda di truffaldini. Il loro scopo è guadagnare qualche soldo anche se per Noodles l’altro grande scopo è Debora, verso la quale nutre un sentimento di puro amore.

Il secondo periodo è quello rappresentato dagli anni trenta, quelli del proibizionismo e della vendita illegale di alcolici. Noodles Max e gli altri si sono ingranditi ma cercano lo stesso di avere maggiore potere. Si arriva poi alla fase, diciamo finale anche se non sarebbe corretto: quella del sessantotto e del movimento Hippie, quando Noodles ritorna nella sua New York trasformata, ormai vecchio e stanco. Torna per affrontare i demoni del passato e per un duello di parole con il suo rivale. Le tre fasi storiche si mescolano e confondono in una sorta di lungo sogno o lungo incubo per il quale è difficile trovare un giusto significato; è la realtà quella che appare e scompare nelle vicende del protagonista, o solo una finzione onirica che avviene nella sua testa? I fumi della pipa d’oppio al teatro cinese chiudono la vicenda in una nebulosa di dubbio e di dramma quasi incompiuto. Quello che veramente sappiamo, o che almeno supponiamo, è che Noodles entra nella storia e sguazza dentro le fondamenta della società americana dei primi del novecento: quella del gangsterismo, della proibizione degli alcolici, dell’isolazionismo americano e della società capitalista per poi arrivare alla guerra nel Vietnam, alle lotte studentesche, e via dicendo.

C'era una volta in America di Sergio Leone
I cinque amici riuniti dopo la scarcerazione di Noodles

Periodi storici che sono sì veri, accaduti e anche un po’ trasformati, ma che hanno tutti, e questo lo si nota in tutte e sei le opere, la sete di denaro e potere che illude e soffoca i protagonisti, dai semplici banditi messicani fino a quelli più romantici e politici della Trilogia del Tempo. Forse il vero protagonista, oltre al fattore storico, è proprio il capitale, vero simbolo di trasformazione sociale che è presente e vive in tutti i capolavori Leoniani. Lui, il capitale, muove le storie e la storia stessa.

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