Correr es mi destino
Para burlar la ley
…Me dicen el clandestino
Por no llevar papel
Manu Chao nel lontano 1998 cantava che il destino di un clandestino è quello di correre, di fuggire, di perdersi nell’ombra delle metropoli per non farsi beccare ed espellere.
Essere senza documenti è una bella rogna. Non si può lavorare, non si ha nemmeno la libertà di muoversi, per il rischio di imbattersi in dei controlli. Se si viene beccati, almeno un documento dopo si ha. Certo, è un foglio di via ma pur sempre un pezzo di carta.
Il clandestino ci spaventa. Non si sa chi sia, da dove venga, cosa voglia. Probabilmente vuole quello che vogliono tutti, ma le ambizione di una vita normale sono totalmente precluse. Il clandestino non esiste. Esiste solo la sua versione malvagia, che va forte. Il clandestino lavora in nero quando va bene, viene schiavizzato quando va male.
Questi fantasmi vagano per le nostre campagne, lavorano nei campi, vengono sfruttati -insieme anche a molti italiani perché la crisi colpisce tutti alla fine- per tenere bassi i prezzi delle verdure e ridurre i costi di gestione. Ma qualcuno finisce anche peggio, nella rete della criminalità organizzata a fare il lavoro sporco. Pur di far qualcosa.
Ma il clandestino in Italia ci deve arrivare. E non tutti arrivano dai barconi. Proprio negli ultimi giorni due migranti sono stati scoperti mentre cercavano di attraversare il nostro paese clandestinamente. Uno si era legato sotto un tir con delle cinghie, venendo scoperto solo quando l’autista si è fermato in una stazione di servizio. Voleva arrivare in Francia, ma il suo viaggio si è fermato a Frosinone. Poche ore dopo un altro ragazzo è stato trovato dentro il paraurti -proprio dentro- di un altro tir che veniva dalla Grecia.
È questa la vita del clandestino, costretto a cercare la speranza persino sotto il motore di un tir.
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