Entrare nell’ottica di Sorrentino non è facile ma ci si abitua una volta che la trama scorre e diventa più complessa. Il secondo atto di Loro, chiamato per l’appunto Loro 2, uscito nelle sale cinematografiche il 10 maggio, conclude questa clamorosa epopea tanto attesa e già criticata. Se la prima parte aveva già creato uno spartiacque tra il pubblico e la critica, con la seconda si verrà di sicuro a creare un ulteriore distacco tra quelli che loderanno l’intera opera del regista e quelli che invece ci metteranno più tempo per digerirla.

Che dire ancora? Non si può subito dire tutto, o si rovinerà la sorpresa. Quello che nella prima parte era il mistero, il fascino segreto di colui che non può essere nominato, nella seconda, invece, s’individuano i tratti psicologici di un personaggio fuori dal comune; una caricatura selvaggia e intima nel profondo delle sue emozioni, che viene fuori come un fiume in piena. S’intuisce, soprattutto, che il personaggio Berlusconi, non è che una pedina e una vittima anch’essa degli eventi e di quelli identificati con “loro”. Coloro che fanno della vita del cavaliere un leccaculismo incontrollato e costante. Coloro che, appena la nave affonda, iniziano a scappare lasciando il capitano solo, a guardare in faccia il suo destino.

C’è, in questo momento, un’attenzione maggiore alla figura del presidente, quasi esiliato nella sua villa in Sardegna. Sporadici gli avvenimenti durante i quali è costretto a lasciare l’isola; il ritorno al potere, il sisma o nuove feste. Per il resto, come un Napoleone sconfitto dai sentimenti e dalla spericolata e forsennata voglia di potere e piacere, se ne sta relegato nella sua vasta magione dalla quale da ordini. L’aspetto familiare e sentimentale è sottolineato maggiormente, così come quella classe di persone che gli ruotano attorno.
Potrebbero essere “loro”, il vero motore e organo pulsante della vicenda? Quasi sicuramente Sorrentino gioca con continue metafore e simbologie che non riguardano solo Berlusconi ma tutte quelle persone che a lui si rivolgono e dal quale pretendono sempre di più. È anch’egli, il cavaliere, un uomo debole che, nonostante il potere e i soldi e l’invettiva, deve far fronte a chi potrebbe fregarlo, o peggio, abbandonarlo. La seconda parte è un dramma della sconfitta, più che della vittoria. La sensazione di avere tutto unita alla consapevolezza che niente è per sempre e che possa rompersi in pochissimo tempo.
La storia segue la prima senza troppi salti temporali. Sergio Morra è riuscito finalmente a incontrarlo e con lui tutta la schiera di belle ragazze portate in Sardegna proprio per fare colpo sul suo lato artistico e lussurioso; chiamiamolo così. Tuttavia la ricerca di una giovinezza ormai lontana, di una vitalità anziana e stanca, si scontrano con la dura realtà di un paese ormai sull’orlo della crisi. La disfatta e poi la ribalta non sono sole; accompagnate dallo scricchiolio di crepe sempre più profonde che minano la stabilità del potere. Le donne e le feste arrivano, ad un certo punto, ad essere poste in un secondo piano, sostituite da problemi reali che non lasceranno più solo il protagonista.
Personaggi fuoriusciti da una barzelletta continua; da un libro di Forattini. Sorrentino descrive un lusso stralunato e a volte sgangherato. Genti che sono il residuo logoro di Berlusconi; uova marce in un paniere.
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