Se ne era parlato e se ne continua a parlare di quel film maledetto. Di quel film nato tante volte e altrettante volte abortito. Di quel film presentato finalmente al pubblico e poi strappato al suo creatore per una disputa legale. Di quel film atteso e disatteso, desiderato ed infine proiettato.
È un film che parla di sogni e di follia, di uomini e cavalieri, di cinema e di triste realtà. È The Man Who Killed Don Quixote.
L’opera di Terry Gilliam ci porta a dubitare di noi stessi, delle nostre percezioni e della stessa natura dell’uomo. Distinguere il sogno dalla realtà diventa difficile se non impossibile. Tutti lo abbiamo provato. Non importa quanto assurda sia l’ambientazione o lo sviluppo: crediamo al sogno e crediamo sia la vita vera. Una vita che finisce e muore al risveglio. È la potenza del sogno. La potenza del nostro inconscio. È qualcosa di magnifico che Gilliam riesce a trasporre sulla pellicola grazie alla potenza narrativa delle sue immagini.
Il sogno lascia spazio anche alla follia. E quale può essere una migliore fonte d’ispirazione del Don Quixote di Miguel De Cervantes se si vuole parlare di sogno e follia? Don Quixote è colui al quale si è seccato il cervello per i troppi libri di cavalleria letti. È colui che va girovagando per la Spagna del Seicento vestito come un cavaliere della chanson de geste in cerca di avventure. È colui che prende mulini per giganti, briganti ingabbiati per ostaggi, otri di vino per demoni della notte. La follia lo trascina nel mondo dei suoi sogni. La follia si unisce al sogno in un matrimonio fatale che mette in pericolo l’uomo ormai completamente disconnesso dalla realtà.
La follia è, per l’appunto, il secondo grande tema che accompagna le avventure del Don Quixote di Gilliam. La follia sembra pervadere ogni angolo di questa Spagna rurale, inanimata e selvaggia. La follia pervade ogni uomo. Nessuno sembra essere al sicuro da questa arma di distorsione della realtà. Tutti con la propria dose di follia pronta a manifestarsi nei momenti più nefasti. Con effetti imprevedibili.
Gilliam indaga proprio il rapporto dell’uomo con il mondo dei sogni per scoprire quando si varca il limite verso la follia. Con un taglio ironico, che non teme di affrontare l’attualità, la pellicola immerge lo spettatore in questa realtà indecifrabile e ingannevole che non risparmia nemmeno coloro che fanno della fabbrica dei sogni la loro missione di vita: i registi.
I legami di The Man Who Killed Don Quixote con l’originale romanzo del Seicento spagnolo non finiscono qui. Come il celebre romanzo anche il film si abbandona alla buona vecchia tradizione picaresca. I nostri eroi vagano per questa Spagna onirica in cerca di avventure: quelle che troveranno sarà molto importante per capire il mondo che li circonda e le persone che lo abitano, sebbene il tutto sia costantemente sfigurato da un punto di vista quasi irrazionale.
La follia, il sogno e la deformazione stessa della realtà non possono non trovare una sponda in quel sentimento gitano che caratterizza ogni persona, ogni città, ogni sasso della secca e polverosa Andalusia. Si trovano in alcune scene del film delle profonde pennellate alla Federico Garcia Lorca. Lo spirito magico che racconta nel suo Romancero Gitano si ritrova in moltissime sequenze del film di Gilliam. È proprio attraverso uno zingaro che la magia fa il suo ingresso nella pellicola. Presenza tanto iconica quanto indispensabile per calare il film nel contesto più magico possibile.
Tutto questo capitale magico è straordinariamente gestito dall’attenta regia di Gilliam che, grazie anche all’aiuto di ottimi effetti speciali à la belge -il Belgio non è che un altro grande regno del fantastico e del sovrannaturale, conduce passo passo lo spettatore ad un finale tanto annunciato quanto imprevedibile.
Per quanto riguarda i protagonisti, Adam Driver e Olga Kurylenko regalano un’ottima performance recitativa ma è Jonathan Price nei panni del cavaliere errante che trascende la semplice interpretazione per incarnare in se stesso la lucida follia di Don Quixote.
Dopo anni di attesa The Man Who Killed Don Quixote è finalmente realtà. Sembrerebbe una contraddizione, dopo aver parlato così tanto di sogno, follia e magia. Tutt’altro. Dalla realtà, con tutto il nostro relativismo di esseri umani, non si possono escludere le percezioni e le sensazioni, per quanto lontane dal concreto esse siano. Queste sono la nostra realtà. La realtà che ci dipingiamo. Senza bisogno di scomodare la follia. Ognuno ha la sua differente visione della realtà. E nessuna è meritevole di essere dimenticata. E Terry Gilliam non solo non le dimentica, ma le studia e le eleva a rappresentazione della nostra condizione umana.
Potrebbe interessarti anche:
Lascia un commento