Vivere di Francesca Archibugi è uscito nelle sale il 26 settembre.
Oscar Wilde ha detto: “Lo spreco della vita si trova nell’amore che non si è saputo dare…nel potere che non si è saputo utilizzare, nell’egoistica prudenza che ci ha impedito di rischiare e che, evitandoci un dispiacere, ci ha fatto mancare la felicità.”
La famiglia Attorre è composta da Luca, giornalista freelance depresso e sciupafemmine; da sua moglie Susi, una ballerina fallita che insegna danza alle signore di una certa età, dalla figlia Lucilla, affetta da asma psicosomatico e infine da Pierpaolo, il figlio di Luca avuto da una relazione precedente avuta con una donna benestante figlia di un politico. A questo nucleo familiare si aggiungerà Mary Ann, una ragazza alla pari studentessa di storia dell’arte che verrà letteralmente travolta dagli avvenimenti che accadranno alla famiglia ospitante, sulla quale veglierà in modo permanente uno stravagante vicino di casa soprannominato Perind.
Francesca Archibugi, regista di film indimenticabili come Il grande cocomero e Questione di cuore, realizza un’opera che mette molta carne al fuoco costruendo, con l’ausilio dei fidati Paolo Virzì e Francesco Piccolo in fase di sceneggiatura, dei personaggi notevolmente sfaccettati e complessi precari sia nel lavoro che nei sentimenti.
Micaela Ramazzotti è come al solito irresistibile; la sua Susi è dolce, svampita, sensuale e forte allo stesso tempo figlia del caos e dello stress dilaganti nella società odierna; Adriano Giannini non è da meno e interpreta in maniera molto convincente un uomo che ha notevoli difficoltà interpersonali e lavorative e che usa il sesso come antidepressivo; anche i ruoli di contorno sono impersonificati con molto talento da un ritrovato Enrico Montesano nei panni di un politico corrotto che è solito intrattenersi sessualmente con dei trans, dal sempre ineccepibile Massimo Ghini che interpreta un dottore vedovo che turberà i sentimenti di Susi, e dall’attore emergente del cinema italiano Marcello Fonte che interpreta un personaggio candido a tratti quasi surreale che ha molti punti in comune con quello interpretato l’anno precedente in Dogman, film presentato al Festival di Cannes diretto da Matteo Garrone che fece salire alla ribalta Fonte facendogli addirittura vincere la tanto ambita Palma d’oro come miglior attore protagonista.
L’ Archibugi offre allo spettatore un vero e proprio spaccato dei sentimenti umani e di una società in continua involuzione in cui per fare carriera bisogna rinunciare a fare figli e nella quale si devono coprire di fango le persone pur di fare notizia; l’anima pia e genuina di una ragazza straniera studiosa e fortemente religiosa non riuscirà a resistere al cinismo e alla superficialità di una Roma in cui di bello da guardare restano soltanto le opere d’arte dei grandi artisti.
Ma d’altronde come asseriva il celebre filosofo Seneca: “Le difficoltà rafforzano la mente, come la fatica rafforza il corpo”
Nonostante tutte le avversità infatti l’esperienza di stare un anno in Italia farà maturare sia la ragazza che i componenti della famiglia. Il film, citando sommariamente un discorso di Perind presente in una scena molto significativa della pellicola, mostra allo spettatore che nonostante tutte le ansie, le nevrosi, gli insuccessi lavorativi, i problemi e i lutti che deve e che dovrà affrontare, la famiglia Attorre non smette neanche per un’istante di fare la cosa più bella e allo stesso tempo più difficile di tutte, ovvero non limitandosi, citando il Verdone di Benedetta follia a esistere bensì continuando impavidamente e perché no, anche disperatamente a Vivere!.
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